Confermata la condanna per appropriazione indebita continuata commessa da un amministratore ai danni di due condomini ed avente ad oggetto somme di danaro in suo possesso.  

L’amministratore di più condominii che, senza autorizzazione, faccia confluire i saldi dei conti attivi dei singoli condominii su un unico conto di gestione, a lui intestato, risponde del reato di appropriazione indebita, a prescindere dalla destinazione finale del saldo cumulativo ad esigenze personali dell’amministratore o ad esigenze dei condominii amministrati, in quanto tale condotta comporta di per sé la violazione del vincolo di destinazione impresso al denaro al momento del suo conferimento.

Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 19519/2020 pronunciandosi sul ricorso presentato da un amministratore condannato in sede di merito per appropriazione indebita continuata commessa ai danni di due condomini ed avente ad oggetto somme di danaro in suo possesso.  

L’imputato decideva di ricorrere per cassazione lamentando, tra gli altri motivi, l’erronea applicazione dell’art. 646 del codice penale.

In particolare, deduceva di aver usato modalità non ortodosse nella gestione dei conti dei vari condomini e del proprio conto personale, creando una confusione tra poste riferibili ad uno o ad altro condominio, senza, tuttavia, appropriarsi di alcunché, in quanto da una visione di insieme sarebbe emerso che egli aveva tenuto una “gestione contabile unica” ed avrebbe legalmente operato.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto di respingere il ricorso in quanto manifestamente infondato. Per i Giudici Ermellini, le argomentazioni difensive risultavano eccentriche rispetto alla decisione impugnata, nella parte in cui, con accertamento di merito qui non rivedibile in sede di legittimità, la Corte di appello aveva affermato che era emerso il dato oggettivo che consistenti somme erano state versate dai conti intestati ai condominii parti offese sul conto personale dell’imputato, che tali somme andavano ben al di là delle sue spettanze per il lavoro svolto, che le stesse non erano state restituite se non in minima parte e che erano residuate al termine della gestione dell’imputato consistenti esposizioni debitorie dello stesso nei confronti dei condominii.

In ogni caso- sottolineano dal Palazzaccio – la asserita regolarità gestionale, che avrebbe avuto solo il difetto della confusione, comunque non escluderebbe il reato, secondo quanto sostenuto dalla pacifica giurisprudenza di legittimità attinente a casi analoghi.

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