L’Esecutivo, che ha avuto l’incarico dal legislatore delle riforma della scuola di realizzare la legge delega sulla materia, vorrebbe trasformare il docente di sostegno in uno specialista dell’apprendimento (docente-medico) in presenza di uno specifico disturbo.
Così avremo lo specializzato di autismo, di sordità, di bambini down e tanti altri. Anief, che non è contrario alla formazione, a patto che non sia eccessivamente spostata sul versante medico, ritiene che il vero scoglio da superare rimane l’organico di diritto. Il quale, anche dopo l’intervento della Legge 128/2013, rimane a poco più del 70% di quello utilizzato annualmente. La vera continuità didattica passa per la copertura di tutti i 24 mila posti rimasti oggi vacanti e affidati ai supplenti. Marcello Pacifico (presidente Anief): spostare l’attenzione sulla necessità di trasformare l’insegnante in una sorta di assistente sanitario, sarebbe un errore. Il docente di sostegno rimane un docente. Con l’intervento nei confronti degli alunni disabili che deve continuare ad essere collegiale del consiglio di classe, sempre sulla base del progetto educativo.
Crescono i timori sulla nuova figura del docente di sostegno: una delle nove deleghe affidate dalla Legge n.107/2015 al Governo riguarda infatti la riforma degli interventi educativi riguardanti gli alunni con disabilità, con il docente specializzato che cambierebbe fortemente la sua connotazione. L’intenzione del Governo, di cui si è parlato anche nel corso dello specifico tavolo di confronto avviato al Miur con le parti sociali, rimane quella di “sanitarizzare” il docente di sostegno, più vicino all’area medica che a quella formativa, trasformandolo in uno specialista dell’apprendimento in presenza di uno specifico disturbo. Il timore è tale che alcuni docenti hanno paventato la possibilità, nelle ultime ore sulla rivista “Orizzonte Scuola”, che in futuro “gli alunni disabili non avranno più il docente di sostegno”.
Il problema è che nelle scuole pubbliche italiane non operano assistenti ospedalieri o medici. Ma insegnanti. E qui sta il punto: se un ragazzo necessita di un supporto alla sua formazione, prima di tutto debbono esservi i docenti deputati a farlo. Mentre oggi, ancora dopo la Buona Scuola, ne mancano all’appello oltre 24 mila: in pratica, uno su cinque. Tutti posti che, come avviene da tempo, sono stati affidati e verranno affidati a supplenti. Se si vuole davvero imporre la continuità didattica, il Governo farebbe bene a lasciar perdere i progetti di specializzazione medica dei nuovi docenti di sostegno, come anche l’idea di portare a 10 anni l’obbligo di permanenza sulla disabilità prima di spostarsi sulle discipline curricolari. Il sindacato, certamente, crede nella formazione: da più di due anni Anief organizza corsi ABA sull’autismo per specializzare e formare personale in servizio, docenti, educatori, genitori. Come non è contrario alla formazione di base rivolta a tutto il personale scolastico. Ma Anief è anche convinta che il problema non può limitarsi alla formazione del docente: il vero scoglio da superare, rimane l’organico di diritto. Il quale, anche dopo l’intervento della Legge 128/2013, rimane a poco più del 70% di quello utilizzato annualmente.
E a poco sono servite le 6 mila assunzioni aggiuntive previste dalla riforma. Il tutto, mentre oltre 12 mila docenti specializzati con i corsi Tfa e di scienze della formazione primaria, rimangono lasciati a stagnare nelle graduatorie d’Istituto. «Pensare di riformare il settore – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief – lasciando tantissime cattedre di sostegno affidate ai supplenti sarebbe un vero autogol. Il nostro sindacato non è contrario alla formazione del personale che opera con i 240 mila alunni disabili presenti nelle nostre scuole. Dice no, però, quando si cerca di ridurre i numeri per evitare di far emergere la carenza di docenti. Come si oppone quando si cerca di spostare l’attenzione sulla necessità di trasformare l’insegnante in una sorta di assistente medico. Il docente di sostegno rimane un docente. Con l’intervento nei confronti degli alunni disabili che deve continuare ad essere collegiale del consiglio di classe, sempre sulla base del progetto educativo. Cambiare questi punto fermo – conclude Pacifico – non ci trova e non ci troverà mai d’accordo».