La sospensione della prescrizione tra coniugi, disciplinata dall’art. 2941, n. 1 c.c., non trova applicazione al credito dovuto per l’assegno di mantenimento previsto in caso di separazione personale

Nel regime di separazione personale non può ritemersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all’art. 232 c.c. e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione.

Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione con una ordinanza del 14 dicembre n. 32524/2018.

Il tema è quello della prescrizione del credito derivante dall’obbligo di mantenimento al coniuge separato.

Il caso

La vicenda riguardava il giudizio azionato da una moglie separata, contro l’ex marito che, sebbene da sempre, avesse regolarmente corrisposto l’assegno di mantenimento stabilito nella sentenza di separazione, non l’aveva, poi, integrato con la rivalutazione periodica; questi costituitosi in giudizio chiedeva, per tutta risposta, il versamento delle differenze dovute, posto che il suo credito era prescritto.

Non vi sono difficoltà nell’affermare, visto l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, che la sospensione della prescrizione tra coniugi disciplinato all’art. 2941, n. 1 c.c., non trova applicazione al credito dovuto per l’assegno di mantenimento previsto in caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un’interpretazione conforme alla ratio legis da individuarsi alla luce dell’evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell’unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati.

Nel regime di separazione, infatti, non può ritemersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l’armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all’art. 232 c.c. e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione (Cass. sent. n. 7981/2014; ord. n. 18078/2014; ord. n. 8987/2016).

 

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