La madre sarebbe venuta meno ai propri doveri di sorveglianza e di cura producendo coscientemente una situazione di pericolo per il bambino
Aveva lasciato il figlio di nove mesi su un comune letto allontanandosi per un periodo di tempo significativo dalla stanza in cui alloggiava. La donna, assieme al marito e i tre figli, soggiornava presso una struttura che offre ospitalità a persone in difficoltà economica e con problemi abitativi. Il bimbo era stato ritrovato da un’addetta alle pulizie che, sentendo un pianto insistente proveniente dalla stanza, aveva deciso di entrare. Il piccolo era da solo sul letto e “in procinto di cadere dallo stesso con la testa già riversa verso il bordo”. Inoltre era evidente che non veniva cambiato da parecchio tempo.
Il Tribunale di Genova, investito della vicenda, ha ritenuto che quanto verificato nel corso dell’istruttoria configurasse il reato di ‘abbandono di persone minori o incapaci’. Richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 35814/2015) il Giudice ha chiarito che l’elemento oggettivo del reato disciplinato dall’articolo n. 591 del codice penale “è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia), gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo”.
La madre, con la sua condotta, era quindi “venuta meno ai propri doveri di sorveglianza e di cura su di lei gravanti in qualità di genitore”. Lasciando il figlio da solo o comunque non in presenza di persona di fiducia e capace di accudirlo, la donna aveva coscientemente prodotto una situazione di pericolo per il minore che avrebbe potuto cadere dal letto e procurarsi delle lesioni. Il Tribunale, pertanto, con la sentenza n. 3650 dell’8 giugno 2016 ha ritenuto l’imputata colpevole, condannandola alla pena di otto mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
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