Sinistro stradale mortale per attraversamento di un gatto

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Sinistro stradale mortale per attraversamento di un gatto

Sinistro stradale mortale causato dall’attraversamento di un gatto: negato il risarcimento

Sinistro stradale mortale e caso fortuito.

La vicenda a commento trae origine da un sinistro stradale mortale causato dall’attraversamento di un gatto lungo la strada provinciale: una serie di circostanze hanno escluso la domanda risarcitoria.

I familiari dell’automobilista deceduto convenivano in giudizio la Provincia di Brindisi, chiedendone l’accertamento della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. nella causazione del sinistro stradale.

Il veicolo, giunto all’intersezione con una strada, sterzava a sinistra per evitare di investire un gatto che stava attraversando la strada, e, a causa dell’asfalto viscido per la pioggia, dopo una rototraslazione dell’auto verso sinistra, spostandosi per circa 40 metri, aveva impattava contro un palo dell’illuminazione pubblica riportando gravi lesioni e il decesso durante il tragitto verso l’ospedale.

Gli attori deducevano che la Provincia non aveva ottemperato agli obblighi di vigilanza e custodia della strada in quanto il palo della luce era stato allocato sulla banchina in calcestruzzo ad una distanza inferiore a quella prevista dal D.M. 21 marzo 1988.

Il Tribunale di Brindisi condannava la Provincia al risarcimento dei danni.

Successivamente, a seguito di gravame interposto dalla Provincia, la Corte di Appello di Lecce rigettava la domanda di risarcimento dei danni escludendo la responsabilità della Provincia considerando che l’attraversamento del gatto, l’eccessiva velocità di marcia del veicolo e l’usura dei pneumatici dello stesso costituissero caso fortuito.

Secondo i Giudici di secondo grado, la perdita di controllo dell’auto era dovuta all’improvviso attraversamento di un gatto e alla velocità del veicolo non adeguata alle condizioni della strada, nonché alle condizioni di usura degli pneumatici non idonei a garantire la massima efficienza del sistema frenante. L’auto aveva inoltre invaso la corsia opposta, oltrepassando le linee longitudinali continue ed andando ad impattare contro il palo posto a circa 60 cm dalla striscia bianca di delimitazione della carreggiata.

I congiunti dell’automobilista impugnano la decisione in Cassazione.

Con il primo e secondo motivo i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello avrebbe omesso di valutare fatti storici decisivi, pure emersi dagli atti processuali, che, se adeguatamente valutati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia. Evidenziano che: la Provincia di Brindisi, pur essendo a ciò obbligata, aveva omesso di allocare il palo della pubblica illuminazione contro cui aveva impattato il veicolo ad una distanza di mt. 0,50 dal bordo esterno della banchina, risultando il palo posizionato ad una distanza di mt. 0,50 dal bordo interno della stessa banchina e di mt. 0,60 dalla striscia bianca che delimitava la carreggiata; l’assenza del palo nella posizione in cui si trovava al momento dell’evento avrebbe, in primo luogo, consentito all’autovettura di cadere nella cunetta in cemento armato e, in secondo luogo, l’impatto tra l’autovettura e il palo si sarebbe verificato in un punto più prossimo all’asse anteriore del veicolo e la vettura non si sarebbe accartocciata sul palo, come era invece avvenuto.

Le censure sono inammissibili.

La Corte d’appello ha motivato la decisione di rigetto della domanda avanzata dagli eredi rilevando in premessa che: “la responsabilità da cose in custodia…ha natura pressoché oggettiva”; “per la sua configurabilità è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o no di un obbligo di vigilanza”; “tale tipo di responsabilità è escluso solamente dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e della inevitabilità”.

Ha, quindi, accertato, con una valutazione esclusivamente in fatto, in esito all’esame della prova per testi, degli elementi probatori emergenti dal verbale della Polizia Municipale sopraggiunta sul luogo del sinistro nell’immediatezza del fatto e delle risultanze della CTU disposta nel corso del giudizio, che il nesso causale è stato interrotto dal caso fortuito, rappresentato dal fatto del terzo e dalla colpa del danneggiato.

Difatti, la ricostruzione dei fatti svolta dai Giudici di secondo grado, ha evidenziato che il veicolo perdeva il controllo “a causa dell’improvviso attraversamento della carreggiata da parte di un gatto” e che, per effetto della velocità non adeguata alle condizioni della strada che stava percorrendo (fondo stradale reso viscido dalla pioggia e presenza di una intersezione) e dei pneumatici usurati, invadeva la corsia opposta andando ad impattare contro un palo dell’illuminazione pubblica posto ad una distanza di circa 60 cm. dalla striscia bianca di delimitazione della carreggiata.

Di talchè l’evento lesivo risulta cagionato cagionato esclusivamente dal comportamento dello stesso danneggiato e dall’attraversamento del gatto. E’ da escludersi che l’allocazione del palo ad una distanza di pochi centimetri da quella in cui si trovava al momento del sinistro sarebbe stata idonea ad evitare l’impatto.

La Corte di Lecce ha dunque applicato correttamente i principi della responsabilità ex art. 2051 c.c.

Come noto, il caso fortuito può essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato quando esso si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera occasione della vicenda produttiva del danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell’evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente.

Al riguardo la Suprema corte ribadisce che “quanto più la situazione di possibile pericolo sia suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico fra fatto ed evento dannoso (Cass., sez. 3, 01/02/2018, n. 2480; Cass., sez. 2018, n. 27724). Con la conseguenza che, quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia concorso causale tra i due fattori costituisce valutazione squisitamente di merito, che va compiuta sul piano del nesso eziologico, ma che comunque sottende sempre un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela.

In altri termini, qualora la condotta del danneggiato assurga, per l’intensità del rapporto con la produzione dell’evento, al rango di causa esclusiva dell’evento e del quale la cosa abbia costituito la mera occasione, viene meno appunto il nesso causale tra la cosa custodita e quest’ultimo e la fattispecie non può più essere sussunta entro il paradigma dell’art. 2051 c.c., anche quando la condotta possa essere stata prevista o sia stata comunque prevedibile, ma esclusa come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale.”

Ad ogni modo, la valutazione fattuale delle risultanze istruttorie non è censurabile in sede di legittimità.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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