Accolto, sulla base del principio sulla soccombenza, il ricorso dell’Inps contro la sentenza che poneva a carico dell’Ente la metà delle spese  del procedimento che l’aveva visto vittorioso su una donna che chiedeva il riconoscimento della invalidità civile nella misura del 74% al fine di ottenere l’assegno mensile di assistenza

In tema di accertamento tecnico preventivo obbligatorio, la previsione della pronuncia sulle spese, di cui all’art. 445-bis c.p.c., comma 5, deve essere coordinata con il principio generale sulla soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., sicché la parte totalmente vittoriosa non può essere in alcun caso condannata al pagamento delle spese in favore della controparte.

Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 27356/2020 pronunciandosi sul ricorso presentato dall’Inps contro la sentenza con cui i Giudici del merito – all’esito del procedimento ex art. 445 bis c.p.c. che accertava  in riferimento a una contribuente, “invalidità civile con riduzione della capacità lavorativa superiore al 66%” – compensavano per metà le spese del procedimento e condannavano l’Ente al pagamento della parte residua in favore del procuratore antistatario, liquidata in complessivi Euro 606,00 per compensi, oltre accessori di legge, anche ponendo a carico dell’Istituto le spese per l’accertamento peritale.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte  l’Inps deduceva che il tribunale avesse erroneamente condannato l’Istituto alle spese del giudizio pur essendo quest’ultimo risultato vittorioso.

La ricorrente  precisava, inoltre, che la controparte aveva adito il Tribunale per il riconoscimento della invalidità civile nella misura del 74% al fine di ottenere l’assegno mensile di assistenza e, comunque, nella misura del 67% per il riconoscimento del diritto all’esenzione dalle quote di partecipazione alla spesa sanitaria (ticket). Il CTU, in sede di ATP, aveva concluso l’indagine peritale statuendo che il periziato era affetto da patologie invalidanti nella misura del 68%. A fronte di tali circostanze, l’INPS lamentava la erroneità della condanna alle spese poiché l’accertamento peritale aveva escluso la fondatezza delle pretese nei confronti dell’Ente previdenziale (assegno), attesa l’estraneità dell’istituto al procedimento amministrativo di concessione della prestazione relativa alla esenzione dal pagamento del ticket.

La Cassazione ha ritenuto fondate le doglianze proposte in ragione del fatto che il Tribunale aveva violato la regola della soccombenza fissata dall’art. 92 c.p.c. Nello specifico, il CTU aveva accertato che la stessa intimata fosse invalida con riduzione permanente della capacità lavorativa dal 34% al 73%. Pertanto, non risultando integrata la condizione di invalida con riduzione della capacità lavorativa nella misura del 74%, aveva errato il giudice a porre le spese di lite a carico dell’INPS.

La redazione giuridica

Hai vissuto una situazione simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o invia un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

Leggi anche:

Reciproca soccombenza: come vengono ripartite le spese giudiziali?

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui