Lo scooter del danneggiato perdeva improvvisamente aderenza, cadendo a terra, a causa della presenza sul manto stradale di una sostanza oleosa dispersa da una macchina operatrice di proprietà della società D., assicurata per la RCA con Axa.
Il motociclista aveva ricevuto un’offerta reale di 615 euro, ma il costo di riparazione della moto era pari alla superiore a 1.100 euro (come da preventivo prodotto in giudizio). Inoltre la danneggiata aveva corrisposto – a titolo spese legali stragiudiziali – l’ulteriore importo lordo di 100 euro.
Il Giudice di Pace accoglieva la domanda limitatamente al rimborso delle spese stragiudiziali. Il Giudice d’Appello considerava congrua l’offerta di Axa assicurazioni e respingeva il rimborso delle spese stragiudiziali sostenute dalla parte danneggiata.
Il ricorso in Cassazione
In Cassazione la danneggiata censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto utilizzabili al fine del decidere le conclusioni del CTU. E ciò sebbene costui “avesse risposto ad un quesito (la determinazione del valore commerciale dello scooter dell’attrice) che non gli era nemmeno stato conferito”, nonché “accertato un fatto difensivo posto dalla convenuta a fondamento delle proprie difese ed eccezioni” – cioè il “valore commerciale dello scooter asseritamente inferiore al costo di riparazione”.
Sempre secondo la danneggiata, la sentenza risulterebbe errata anche nella parte in cui, pur non avendo fatto riferimento all’art. 2058 c.c., avrebbe comunque falsamente applicato tale norma, non potendo, nella specie, “considerarsi sussistente una “notevole sproporzione”, visto che il valore commerciale della moto sarebbe stato pari ad 600 euro ed il costo di riparazione era risultato pari ad 892,58 euro”.
Il responso di rigetto della Corte di Cassazione
Per quanto riguarda le conclusioni del CTU, la Suprema Corte le ritiene corrette (Cassazione Civile, sez. III, 18/04/2024, n.10549), avendo il Consulente ritenuto che il quesito inerente la quantificazione del danno imponesse l’accertamento del valore del mezzo al tempo del sinistro, giacché “non si può attribuire alle cose danneggiate un valore superiore a quello che avevano al tempo del sinistro”.
Altro discorso, semmai, è quello che attiene alla correttezza giuridica di tali affermazioni, e ciò in relazione sia al modus procedendi che si contesta all’ausiliario di aver seguito (tema sul quale vertevano i motivi di gravame ritenuti dal giudice di appello assorbiti, ma sostanzialmente riproposti in Cassazione), sia al riferimento che la sentenza compie all’art. 1908 c.c.
Tutte le censure sulla CTU vengono ritenute infondate e la Cassazione dà seguito al principio secondo cui “il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite, il cui accertamento si renda necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio”, sicché, alle stesse condizioni, egli “può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli”.
Giudizio di congruità sulla quantificazione dei danni
Ebbene, il quesito demandato al CTU consisteva nell’esprimere “un giudizio di congruità sulla quantificazione dei danni riportati dal veicolo attoreo, desumibile dagli atti di causa”, nonché nell’evidenziare “ogni eventuale circostanza utile all’indagine”. Ciò significa che per l’accertamento era necessario accertare il valore del motoveicolo al momento del sinistro.
A fronte di un valore del veicolo, al momento del sinistro, stimato in appena 350 euro (e per la quale vi era stata un’offerta reale della compagnia assicuratrice, comunque di 615 euro) – il risarcimento in forma specifica ammontava a 892,58 euro, ovvero ad una somma pari a più del 250% del valore del bene.
Vero è, tuttavia, che il recente arresto 10686/2023, afferma che, nell’ipotesi in cui “il danneggiato decida – com’è suo diritto – di procedere alla riparazione anziché alla sostituzione del mezzo danneggiato, non risulta giustificato (perché si tradurrebbe in una indebita locupletazione per il responsabile) il mancato riconoscimento di tutte le voci di danno che competerebbero in caso di rottamazione e sostituzione del veicolo. Tuttavia, nel caso in discussione, la richiesta di tali voci di danno non risulta essere stata formulata, rimanendo estranea agli accertamenti demandati al CTU, ciò che impedisce di stabilire se esse, eventualmente, compensassero – o meglio, in quale misura lo facessero – l’importo di 892,58 euro previsto per la riparazione.
Avv. Emanuela Foligno