Il parametro della singola dose cedibile, nell’ottica dell’autore del reato di spaccio di hashish, costituisce l’oggetto materiale della condotta

Era stato condannato in sede di merito a un anno e quattro mesi di reclusione e 4.000,00 euro di multa per spaccio di hashish. L’uomo si rivolgeva alla Suprema Corte di Cassazione lamentando, con unico motivo, la mancata applicazione dell’art. 73, comma d.P.R. n. 309 del 1990, sul rilievo che da r. 15,488 di principio attivo sono ricavabili 20 dosi singole e non 620, come confermato in appello.

I Giudici Ermellini, tuttavia, con la sentenza n. 21157/2020 hanno ritenuto la doglianza inammissibile perché manifestamente infondata.

“L’errore nel quale incorre il ricorrente – spiegano dal Palazzaccio – è quello di ritenere che, ai fini della determinazione del numero di dosi complessivamente estraibili dal principio attivo della sostanza stupefacente, occorre prendere in considerazione i quantitativi massimi stabiliti in milligrammi dal d.m. 11 aprile 2006 emesso dal Ministro della salute ai sensi e per gli effetti dell’art. 75, comma 1-bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990”.

Per quanto riguarda il principio attivo THC, esso è indicato nella misura di 500 milligrammi; sicché dividendo il quantitativo complessivo di principio attivo per 500 milligrammi si ottiene il risultato di 20 (rectius, 31 circa) dosi. In realtà, il d.m. 11 aprile 2006 (tuttora in vigore) indica, i limiti massimi di sostanza stupefacente al di sotto dei quali si presume che la sostanza stessa sia destinata ad uso esclusivamente personale del suo detentore.

Si tratta di quantitativi parametrati all’assunzione della sostanza nel corso della intera giornata calcolati sulla base di nozioni tossicologiche ed empiriche di cui sono espressione le tabelle ministeriali.

Tale valore massimo, dunque, è ricavato moltiplicando per un determinato numero (il cd. numeratore; 40, nel caso del THC) il quantitativo della singola dose (mg. 25). In buona sostanza, si ipotizza che il consumatore di hashish possa assumere tale sostanza fino a 40 volte al giorno.

E’ evidente, dunque – specifica la Cassazione – che il parametro da prendere in considerazione non è quello del quantitativo massimo, bensì quello della singola dose cedibile che, nell’ottica dell’autore del reato di cessione di sostanze stupefacenti, costituisce l’oggetto materiale della condotta. L’errore è di prospettiva; “il ricorrente si pone nell’ottica del detentore della sostanza, laddove la norma incriminatrice si pone nell’ottica di colui che la cede, essendo chiaro che ad ogni singola dose può corrispondere una cessione a favore di uno o più acquirenti/cessionari”.

Ne consegue che correttamente la quantità massima di principio attivo è stata divisa per il numero delle, singole dosi cedibili, ottenendo il risultato di 620 dosi astrattamente piazzabili sul mercato.

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