Quattro medici sono finiti a processo per il caso del suicidio di una 18enne. La giovane era ricoverata in un centro psico-sociale. Quattro mesi prima aveva subito una violenza sessuale da un altro degente del reparto psichiatrico dove erano ricoverati entrambi.

Il caso riguardante il suicidio di una 18enne, avvenuto nel 2010, ha fatto finire a processo quattro medici. Per la famiglia, i sanitari avrebbero dovuto evitare la tragedia.

Tutto ha inizio il 1° luglio del 2010 a Lodi. Quella notte, la giovane lodigiana, ricoverata nel reparto di Psichiatria dell’ospedale di Codogno, subisce violenza da un altro paziente 32enne. Quattro mesi più tardi, a ottobre, la giovane, che nel frattempo è stata trasferita in un centro psico-sociale di Lodi, apre una finestra e si lancia nel vuoto.

Ora, per il suicidio di una 18enne, i medici dell’ex Azienda ospedaliera di Lodi sono accusati di omicidio colposo.

Il caso era stato riaperto dalla Procura lodigiana nel 2016. Per i medici che sono ora a processo l’accusa ha formulato condanne per quasi 15 anni.

Il pm Mantovani ha chiesto al giudice Francesca Lisciandra la condanna a 4 anni per l’ex direttore della Psichiatria di Codogno, il pavese Eligio Gatti. Così come per il medico Emilio Grazioli, di Codogno.

Chiesta invece una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione per lo psichiatra Armando Marni e per Maria Elisabetta Pionetti, all’epoca responsabile del centro psico-sociale di Lodi. Il luogo nel quale è accaduta la tragedia.

L’accusa ha chiesto l’assoluzione con formula dubitativa per il ginecologo Valerio Comerci, 55 anni.

Secondo la Procura, i medici non avrebbero impedito che la ragazza arrivasse a compiere quel gesto estremo. Non solo.

Sarebbe una loro responsabilità l’aver commesso l’imprudenza di dimetterla dall’ospedale trasferendola in una struttura giudicata non adeguata.

La famiglia della ragazza si è costituita parte civile con l’avvocato Maurizio Motta. Il processo dovrebbe chiudersi il 27 febbraio.

Quanto alle difese dei medici, queste puntano sull’assenza di un rapporto di causalità tra la violenza sessuale subìta a luglio dalla giovane e la morte quattro mesi dopo per suicidio. È comunque agli atti che pochi attimi prima di lanciarsi la giovane avrebbe avuto un alterco con la madre.

Sempre secondo i difensori, la ragazza sarebbe stata trasferita in un altro centro su richiesta dei genitori e con adesione volontaria essendo maggiorenne, e non avrebbe manifestato segnali che lasciassero presagire il dramma.

Per quel che concerne la violenza subìta in ospedale, dove la giovane era rimasta poi ricoverata per altri tre mesi, è accusato un paziente 32enne.

L’uomo, però, è ancora ricoverato nell’ospedale psichiatrico giudiziario a Castiglione delle Stiviere e non è stato ancora giudicato in grado di sostenere il processo.

 

 

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