La tardiva diagnosi di mesotelioma pleurico ha determinato una anticipazione del decesso del paziente di circa 6-7 mesi (Tribunale di Terni, Sentenza n. 214/2021 del 01/03/2021 – RG n. 1721/2017)

La moglie e i figli del paziente deceduto citano a giudizio l’Azienda Ospedaliera onde vedere accertata la responsabilità per negligenza della stessa nella causazione del decesso del familiare per tardiva diagnosi di mesotelioma pleurico.

Gli attori deducono che il familiare era affetto dalla patologia già dal mese di luglio 2011 e che necessitava di cure urgenti ed adeguate al caso.

Nello specifico, gli attori lamentano: a) alla violazione degli obblighi di sorveglianza sanitaria cui il paziente avrebbe dovuto essere sottoposto a partire dal giorno del suo pensionamento (30.09.1993) quale ex dipendente delle Ferrovie dello Stato professionalmente esposto a polveri e fibre di amianto presso l’Officina di Foligno, tenuto conto anche del fenomeno epidemico di “patologie asbesto correlate” tra i suoi colleghi di lavoro; b) all’errata diagnosi (di pachipleurite, anziché di mesotelioma, pur a fronte dell’univocità dei sintomi) formulata dai sanitari dell’Ospedale di Foligno in occasione del ricovero avvenuto in data 22.07.2011, protrattosi per soli otto giorni con l’esecuzione di esami diagnostici inadeguati ed incompleti (oltre che di un talcaggio, che gli avrebbe poi impedito l’anno seguente di sottoporsi a trattamento chirurgico per estirpare il tumore), e terminato con dimissioni accompagnate da improprie rassicurazioni (tali da “sviare” il paziente, inducendolo ad omettere i necessari ulteriori approfondimenti) e non seguite dalle necessarie verifiche post -ricovero sino al giugno 2012 (quando il paziente si era poi rivolto ad altra Struttura, dove, a seguito di TC torace ad alta risoluzione e di ulteriori esami, gli era stato diagnosticato in data 16.07.2012 il sospetto mesotelioma, poi confermato dagli altri approfondimenti svolti nei giorni successivi).

In buona sostanza, gli attori sostengono che una tempestiva corretta diagnosi nell’estate del 2011 avrebbe consentito di estirpare il mesotelioma, ancora al primo stadio, con conseguenti elevatissime probabilità di guarigione mediante un trattamento chemioterapico, radioterapico e immunoterapico tale da evitare la ripetizione e/o la ripresa della malattia.

Invece, la diagnosi errata e la successiva sottoposizione del paziente al talcaggio avevano compromesso tali probabilità di guarigione, o quantomeno, ridotto la residua durata della sua vita.

La causa viene istruita con l’espletamento di CTU Medico-Legale, al cui esito viene acclarata la parziale fondatezza delle domande attoree.

Preliminarmente, il Tribunale disamina la natura della responsabilità ascrivibile alla Struttura Sanitaria.

Va tuttavia chiarito che, in tema di morte ascrivibile alla responsabilità dei medici operanti in struttura sanitaria, l’inadempimento della struttura genera esclusivamente nei confronti dell’assistito una responsabilità contrattuale, che può essere fatta valere iure hereditatis dai suoi eredi, senza che , invece, i congiunti (anche se eredi) possano agire a titolo contrattuale iure proprio per i danni da loro direttamente patiti per la perdita del rapporto parentale, potendo per tali danni essere invocata esclusivamente una responsabilità extracontrattuale, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di ripartizione dell ‘onere della prova.

Ciò premesso, gli attori hanno correttamente invocato la responsabilità contrattuale per i danni arrecati al de cujus e quella extracontrattuale per i danni da essi subiti iure proprio.

La CTU, dopo aver premesso che il paziente è stato regolarmente sottoposto alla prevenzione secondo i parametri di legge dagli ambulatori preposti facenti capo alla Medicina del Lavoro delle Ferrovie dello Stato di cui era dipendente, hanno accertato una condotta colposa dei sanitari dell’Ospedale i quali, in occasione del ricovero del luglio 2011, non hanno sottoposto il paziente ad adeguati esami che avrebbero consentito, con elevata probabilità, di diagnosticare tempestivamente il mesotelioma. I CTU hanno precisato che “il ritardo nella formulazione della diagnosi (così come, del resto, il trattamento di talcaggio, rispetto al quale, peraltro, non può muoversi alcuna censura nei confronti dei sanitari) non ha cagionato la morte del paziente, che sarebbe comunque deceduto in ragione dello stadio e dell’aggressività della malattia (non trattabile dal punto di vista chirurgico), ma ha determinato – con altrettanto elevata probabilità – un ‘anticipazione del suo decesso di circa 6-7 mesi “.

In tale ipotesi, il Tribunale richiama la giurisprudenza secondo cui “ove risulti provato sul piano patologico che la condotta imperita del sanitario abbia cagionato la morte anticipata del paziente, che sarebbe (certamente o probabilmente) sopravvissuto più a lungo, non può discorrersi propriamente di maggiori chance di sopravvivenza, dovendo invece ascriversi al sanitario l’evento di danno rappresentato, in via diretta e immediata, dalla minor durata della vita (Cass. 28993/2019, 6688/2018, 16919/2018), secondo cui “determina l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, ove risulti che, per effetto dell’omissione, sia andata perduta dal paziente la possibilità di sopravvivenza per alcune settimane od alcuni mesi, o comunque per un periodo limitato, in più rispetto al periodo temporale effettivamente vissuto “.

In tale ipotesi, ai congiunti del paziente può essere risarcito – in presenza dei relativi presupposti – il danno subito iure proprio non per la perdita del rapporto parentale in sé, ma per la perdita anticipata di tale rapporto (Cass. 5641/ 2018).

Nella conseguente liquidazione equitativa deve tenersi conto dello scarto temporale tra la durata della sopravvivenza effettiva del paziente e quella maggiore della sopravvivenza che sarebbe stata possibile in caso di corretto operato da parte dei Sanitari.

Riguardo il danno non patrimoniale subito dal de cujus, con riferimento alle Tabelle milanesi, l’invalidità temporanea assoluta (pari ad euro 98,00 ), da applicarsi al periodo di maggior sopravvivenza indicato dai CTU per l’ipotesi di tempestiva e corretta diagnosi della patologia, il danno risarcibile iure hereditatis viene quantificato in euro 19.110,00 (euro 98 ,00 x 195 gg.), somma da ripartirsi in tre parti uguali in favore di ciascuno degli attori ai sensi dell’art. 581 c .c..

Anche riguardo il danno jure proprio da perdita anticipata del rapporto parentale deve tenersi conto del fatto che il paziente, in caso di tempestiva diagnosi, sarebbe comunque deceduto pochi mesi più tardi rispetto a quanto effettivamente avvenuto.

Operando una riduzione proporzionale dell’importo medio stabilito per ciascuno di essi dalla Tabella milanese il Tribunale perviene (applicando all’importo medio tabellare di euro 165.960,00 la percentuale del 3,67%, pari alla riduzione della durata della vita del paziente ascrivibile all’operato dei Sanitari anziché alla malattia in sé), alla liquidazione in favore di ciascun attore dell’importo pari a euro 6.090,73.

Vengono, invece, respinte le domande inerenti il danno biologico di tipo psichico poichè l’istruttoria ha confermato la insussistenza di elevate chance di guarigione in caso di tempestiva diagnosi di mesotelioma.

Per tale ragione è da escludersi la correlazione causale tra le invocate patologie psichiche da prematuro abbandono del congiunto e la condotta dei Sanitari convenuti.

In conclusione, l’Azienda Sanitaria viene condannata al pagamento in favore di ciascuno degli attori della somma di euro 12.460,73 (di cui euro 6.370,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale iure hereditatis ed euro 6.090,73 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio, oltre interessi legali.

Le spese di CTU e le spese di lite liquidate in euro 8.000,00 vengono poste a carico dell’Azienda convenuta.

Avv. Emanuela Foligno

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