Integra la condotta criminosa chi vende un prodotto scaduto, qualora ne sia stata contraffatta la data di scadenza

Tentata frode in commercio. Per tale reato, disciplinato dall’articolo 515 del codice penale, un commerciante di prodotti ortofrutticoli era stato condannato in primo grado e in appello. L’uomo, infatti, era accusato di aver cancellato da alcuni barattoli destinati alla vendita, presenti sugli scaffali della propria azienda, la data di scadenza.
Il venditore aveva impugnato la sentenza del Giudice di merito davanti alla Suprema Corte di Cassazione evidenziando che non vi era stata alcuna alterazione dei prodotti, in quanto la data di scadenza non era stata sostituita, ma semplicemente cancellata.
Inoltre, a differenza di quanto riportato nel capo di imputazione, i prodotti che si affermava essere stati contraffatti non erano 360.000 ma meno di 3.000 e, infine, non sarebbe stato vero che vi erano degli operai specificamente addetti alla cancellazione, ma solo alcuni, occasionalmente e quando non impegnati in altra attività.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non ha aderito alle argomentazioni proposte, ritenendole infondate e respingendo il ricorso con la sentenza n. 17905/2017. I Giudici di Piazza Cavour hanno infatti chiarito che, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 515 cod. pen. è sufficiente la condotta di chi, esercitando un’attività commerciale, consegni al compratore una cosa diversa da quella oggetto di contratto o una cosa che abbia caratteristiche tali da farla credere di origine, provenienza, qualità o quantità diversa da quella dichiarata o pattuita.
Il reato, pertanto, sussiste anche quando la cosa venduta non presenta le caratteristiche che il compratore si aspettava e che il venditore aveva prospettato, implicitamente o esplicitamente, al momento della messa in vendita. Inoltre, è necessario che il venditore abbia fraudolentemente fatto apparire al compratore che il bene corrispondeva a quello messo in vendita.
Con riferimento ai prodotti alimentari quindi, la Cassazione ha ritenuto che integra la condotta criminosa chi vende un prodotto scaduto (e, quindi, che non sarebbe nemmeno vendibile), qualora ne sia stata contraffatta la data di scadenza. Nel caso in esame, poiché i prodotti alterati non erano stati ancora venduti, il reato di “frode in commercio” non poteva dirsi propriamente consumato ma solamente tentato.

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