“Ove il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la sua libertà di autodeterminazione”
Nel febbraio 2018 la Corte di Appello di Torino condannava l’imputato per il delitto di tentata prostituzione minorile e violenza sessuale ai danni di due ragazze, di cui una infraquattordicenne.
L’accusa era quella di aver offerto alle due giovani la somma di 100 euro per uscire e incontrarsi in luogo pubblico.
Ebbene a detta della difesa, la corte d’appello lungi dal valutare i dati concreti, si era indebitamente spinta a valutare la più recondita finalità dell’offerta di 100 Euro; così realizzando una sorta di “processo alle intenzioni” avulso dalla considerazione delle caratteristiche obiettive della condotta tenuta dal suo assistito.
Al riguardo si sono pronunciati i giudici della Terza Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 30512/2019) i quali hanno ribadito che con riferimento al contestato delitto di cui agli art. 56 e 600 bis c.p., il legislatore nazionale ha inteso sanzionare penalmente il fenomeno della prostituzione minorile, colpendo non solo l’offerta ma anche la domanda di essa, cioè la condotta del “cliente”.
Il reato si consuma al momento del compimento dell’atto sessuale in cambio di un corrispettivo ma, prima di allora, in presenza del compimento di atti idonei ed univoci può configurarsi il delitto tentato.
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale dalla definizione del delitto tentato fornita dall’art. 56 c.p. si ricava che requisiti del tentativo sono:l’intenzione di commettere un determinato delitto;
- il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione del delitto stesso;
- il mancato compiersi dell’azione o il mancato verificarsi dell’evento per circostanze indipendenti dalla volontà dell’agente.
In relazione ai predetti requisiti la Cassazione ha osservato che:
a) l’intenzione dolosa non deve collocarsi allo stadio di semplice proposito, ma deve essere manifestata all’esterno proprio con il compimento di atti idonei a commettere il delitto;
b) l’idoneità degli atti non può essere valutata a posteriori, dovendo essere invece accertata ex ante, riportandosi al momento in cui la condotta stava per essere compiuta, tenendo conto delle circostanze concrete e di tutti gli elementi che potevano essere a conoscenza dell’agente. Non vanno presi in considerazione, pertanto, tutti i fattori esterni che non fossero obiettivamente conoscibili dall’agente;
c) per “atti univoci” devono intendersi quelli che mettono in chiara evidenza il fine al quale sono diretti e che, per il grado di sviluppo raggiunto dalla condotta criminosa, lasciano prevedere come verosimile la realizzazione del delitto voluto;
d) il mancato compiersi dell’azione o il mancato verificarsi dell’evento debbono dipendere da un’interruzione dell’iter esecutivo per circostanze indipendenti dalla volontà dell’agente e la causa sopravvenuta, che impedisce lo sfociare nell’evento della causa posta in azione dall’agente, può essere umana o naturale, consapevole o fortuita: può trattarsi di qualunque causa, dunque, ad eccezione del recedere della volontà del soggetto della condotta (che può portare alla configurazione della desistenza o del recesso operoso).
Tali principi, calati in tema di atti sessuali penalmente rilevanti, hanno condotto la giurisprudenza a configurare l’ipotesi del tentativo quando, pure in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa, di interesse nei casi in esame, la condotta tenuta sia oggettivamente idonea a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale e denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali (cfr. Sez. 3, n. 21840 del 17/02/2011).
La molestia sessuale mediante comunicazione a distanza
Dunque, ove il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione.
Esiste la “molestia sessuale” anche in presenza di mere dichiarazioni verbali. In tal caso la fattispecie criminosa si configura a prescindere da contatti fisici a sfondo sessuale, estrinsecandosi piuttosto in petulanti corteggiamenti non graditi o con altrettante petulanti telefonate o con espressioni volgari nelle quali lo sfondo sessuale costituisce un motivo e non un momento della condotta.
Nel momento in cui dalle espressioni volgari a sfondo sessuale o dal corteggiamento invasivo ed insistito si passi a condotte denotanti, pure in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa, il requisito soggettivo di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell’idoneità a violare la libertà di autoderminazione della vittima, può trasmodarsi nell’ambito di operatività del reato sessuale, anche se solo tentato.
Occorre, in altre parole, verificare, in presenza di contatti di intrattenimento a distanza, la presenza altresì di condotte che, in maniera obiettivamente univoca, siano idonee alla predisposizione del momento consumativo finale del reato. Seppur non verificatosi.
Nel caso in esame, la condotta contestata all’imputato si era esaurita in colloqui verbali, seppure connotati da insistenza, ed il cui esito risulta vanificato dalla reazione negativa della giovane vittima.
Al riguardo la corte d’appello anziché indagare sulle reali finalità criminose perseguite dal ricorrente, e dunque accertare se vi fosse o meno “quell’ulteriore, necessario stadio comportamentale, suscettibile di far seguire alle intervenute conversazioni, l’introduzione di un’ulteriore fase, obiettivamente idonea ad avviare la consumazione di atti sessuali”, aveva indugiato nella descrizione del contenuto di tali comunicazioni intrattenute dall’imputato con la minore.
Sotto tale aspetto, la motivazione della sentenza impugnata risultava carente, perciò è stata cassata con rinvio e accolto il ricorso della difesa.
La redazione giuridica
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