Non è sufficiente la dimostrazione dell’influenza esercitata sul testatore in virtù delle sue precarie condizioni fisiche e psicologiche

Ai fini dell’annullamento di un testamento è necessario che venga dimostrata la sussistenza dell’utilizzo di mezzi fraudolenti nei confronti del testatore. Lo ha chiarito, con la sentenza n. 9309/2017, la Suprema Corte di Cassazione pronunciandosi su un’istanza di annullamento del testamento per dolo, presentata dal cugino di un soggetto nominato erede esclusivo del testatore.
Il ricorrente si era rivolto al Palazzaccio, dopo che la propria domanda era stata rigettata sia in primo che in secondo grado di giudizio, evidenziando come la Corte d’appello non avesse adeguatamente tenuto in considerazione il fatto che il testatore, aveva perso le proprie facoltà mentali dopo un’operazione chirurgica subita alcuni anni prima e che il cugino non lo aveva mai frequentato prima di tale intervento, cominciando a stargli intorno solo successivamente, proprio nella speranza di essere nominato erede.
Il testatore, inoltre, nell’ultimo periodo in cui era in vita era soggetto ad allucinazioni ed era “facilmente suggestionabile e aggirabile”. A suo dire, inoltre, avrebbe avuto certamente bisogno di un aiuto fisico per scrivere materialmente il testamento, come si poteva evincere guardando la scrittura. Di qui la deduzione che il cugino nominato erede fosse presente al momento della redazione dell’atto e avesse guidato la mano e la volontà del testatore stesso. Il testamento, pertanto, doveva considerarsi radicalmente nullo.
I Giudici Ermellini, tuttavia, non hanno ritenuto fondate tali argomentazioni, respingendo il ricorso anche in ultima istanza. La Cassazione ha infatti chiarito che per poter affermare che una disposizione testamentaria sia nulla in quanto affetta da dolo non è sufficiente dimostrare una semplice influenza psicologica esercitata sul testatore, ma è necessario provare che il testatore – “avuto riguardo all’età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito” – sia stato tratto in inganno dall’erede e indotto con la frode a disporre in un certo modo del proprio patrimonio ereditario.
Nel caso in esame, secondo la Suprema Corte, il Giudice di appello aveva valutato adeguatamente il materiale probatorio a disposizione, concludendo correttamente di dover escludere la nullità del testamento, “mancando la prova del mezzo fraudolento”. Il ricorrente, infatti, aveva dimostrato le precarie condizioni fisiche e psichiche del testatore, ma non aveva prodotto prove che fosse stato ingannato dal cugino designato erede.

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