Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 26 maggio – 16 giugno 2016, n. 268

Il fenomeno dei titoli abilitanti all’esercizio di professioni sanitarie conseguiti da cittadini italiani presso Università straniere è oggetto di monitoraggio, di interlocuzione con la Commissione Europea e di collaborazioni tra lo Stato italiano e quello rumeno, nonché di indagini penali in entrambi i Paesi, essendo emerso che molti laureati avrebbero continuato a svolgere la professione in Italia dopo aver frequentato corsi di studi ad hoc, irregolari ed abbreviati, con ridotto numero di ore di frequenza ed agevolazioni negli esami, senza conoscenza della lingua straniera o dell’inglese.
Il caso in cui si inserisce la vicenda quest’oggi in commento vede protagonista un cittadino italiano che decide di impugnare il provvedimento con cui il Ministero della salute ha respinto la sua istanza tendente al riconoscimento del titolo di studio quale «doctor medic-in domeniul medicina dentara – specializarea medicina dentara», conseguito presso l’Università «Titu Maiorescu» in Bucarest nell’anno 2009.
Invero, come già anticipato negli ultimi anni, sono emerse molte perplessità sulla possibilità di applicare l’art. 21 del Regolamento CE, che prevede per i titoli di odontoiatra l’automatico riconoscimento e non, invece, il regime generale di riconoscimento mediante la verifica delle conoscenze scientifiche, delle competenze tecniche e delle abilità previste dalla direttiva e dalla normativa italiana per l’esercizio della professione.
Sul caso in esame, si era già pronunciata la conferenza di servizi (ex art. 16 D.lgs. 206/2007) che, vista la complessità della vicenda, aveva a sua volta proposto di subordinare il riconoscimento dei titoli al superamento da parte di ciascuno degli interessati di una misura compensativa (un tirocinio di 18 mesi o, in alternativa, una prova attitudinale), al fine di verificarne le effettive conoscenze, competenze ed abilità in ciascuno dei ricorrenti.
La vicenda, tuttavia, giungeva dinanzi alla giurisdizione del Consiglio di Stato che, contrariamente alle aspettative, ritenne legittimo il decreto emesso dal Ministero circa la necessità del periodo di tirocinio o, viceversa, della prova attitudinale. “Il diniego di automatico riconoscimento del titolo professionale – afferma – è ampiamente motivato con riferimento alle criticità del corso di studi seguito dall’appellato che, attese le anomalie riscontrate, hanno impedito di ritenere adeguato il livello formativo raggiunto alle «condizioni minime di formazione» di cui all’art. 21 della Direttiva 2005/36/CE e all’art. 31 del D.lgs. n. 206 del 2007, che costituisce attuazione della direttiva, presupposto per il riconoscimento automatico del titolo rilasciato da una università rumena agli iscritti dopo il 1° ottobre 2003”.
“D’altra parte -aggiunge -, l’art. 61 della Direttiva europea, come modificato dalla Direttiva 2013/55/CE, consente allo Stato di applicare la deroga al regime di automatico riconoscimento dei titoli di formazione professionale in “odontoiatria” conseguiti all’estero, al fine di accertare le conoscenze, competenze e abilità effettivamente acquisite dallo studente italiano all’estero. Tale deroga è stata sostanzialmente autorizzata dalla Commissione europea con la nota del 23 aprile 2015, la quale ha ritenuto che «le autorità italiane potrebbero esaminare in base al regime generale quelle (domande) in merito alle quali nutrono ancora dubbi fondati per quanto concerne la conformità della formazione dei dentisti ai requisiti minimi».

Avv. Sabrina Caporale

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