Al lavoratore non viene riconosciuto il danno differenziale per il trauma al rachide lombare per mancata prova che l’infortunio si sia verificato per effetto di inadempienze datoriali (Tribunale di Modena, Sez. Lavoro, Sentenza n. 165/2021 del 06/04/2021 RG n. 1059/2017)

Il lavoratore cita a giudizio la società datrice di lavoro onde vederne riconosciuta la responsabilità per il trauma al rachide lombare occorso e ottenere il ristoro della parte di danno non indennizzato dall’Inail.

Nello specifico, il lavoratore riferisce che:

  • in data 22.12.2011, mentre prestava la propria attività di operaio presso il cantiere della Carrozzeria, “nel sollevare un tubo idraulico della lunghezza di circa 5,5 mt. e del peso di circa 40 kg scivolava accidentalmente urtando violentemente al suolo “;
  • al momento dell’infortunio era presente un collega di lavoro che prontamente lo accompagnava al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Sassuolo ove veniva visitato e dimesso, senza alcun accertamento specifico, con prognosi di 5 gg per trauma discorsivo rachide lombare”;
  • il giorno successivo tornava in ospedale e “dopo accurati accertamenti clinici veniva trattenuto per una notte e dimesso il 24.12.11 con la diagnosi di “trauma lombare con fratture del soma di L1 ed L3″ e spostato presso l’U.O. di Ortopedia e Traumatologia del medesimo Nosocomio”;
  • dopo la visita di controllo del 26.01.2012, i sanitari riscontravano “Trauma da sovraccarico rachide lombare durante l’attività lavorativa con frattura L1 ed L3 in data 22.12.2011”;
  • successivamente subiva un tracollo psichico, di tipo depressivo;
  • il Centro Medico Legale di Modena riscontrava un’invalidità con riduzione permanente della capacità lavorativa del 75%;
  • il perito di parte stimava i postumi permanenti nella misura del 16%.

Il datore di lavoro non si costituisce in giudizio e ne viene dichiarata la contumacia.

Preliminarmente il Tribunale evidenzia che la responsabilità datoriale, ai sensi dell’art. 2087 c.c., discende dal mancato adempimento dell’obbligo di adottare tutte quelle misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica del lavoratore.

In tale materia opera l’inversione dell’onere della prova di cui all’art. 1218 c.c., con la conseguenza che è sufficiente che il lavoratore alleghi una situazione di fatto qualificabile in termini d’inadempimento (o inesatto adempimento) e provi il rapporto di causalità tra l’inadempimento e il danno subito.

Al datore di lavoro spetta, invece, l’onere di fornire la prova negativa dell’assenza di colpa, dimostrando di aver adottato tutte le cautele necessarie a tutelare l’integrità fisica del prestatore di lavoro.

Orbene, il lavoratore ricorrente afferma di essersi infortunato nel corso delle operazioni di sollevamento di un tubo idraulico.

Uno dei testi ha confermato che lo stesso è scivolato a terra mentre sollevava un tubo d’acciaio: “Confermo la circostanza. Quel giorno mi trovavo con il ricorrente nel cantiere della carrozzeria di Maranello e alla mia presenza il ricorrente è caduto a terra; stavamo sollevando un tubo insieme (io da una parte e lui dall’altra) ed è scivolato a terra”.

La circostanza, inoltre, è stata attestata dalla dichiarazione scritta del legale rappresentante della società datrice convenuta.

Tuttavia non vi è la prova che l’infortunio si sia verificato per effetto di inadempienze datoriali.

Il lavoratore nulla ha allegato al riguardo, poiché nel ricorso non sono state indicate quali siano le carenze imputabili alla datrice di lavoro.

Il lavoratore non ha dedotto di essere adibito a mansioni pericolose o a procedure lavorative inadeguate, neppure lo stesso ha allegato inadempienze o carenze inerenti la formazione preventiva e la mancata consegna dei dispositivi di protezione individuale.

Oltretutto, lo stesso lavoratore ha dichiarato di essere scivolato accidentalmente e di avere subito un trauma contusivo a seguito di caduta accidentale.

Ciò posto, viene esclusa la sussistenza di presupposti per la declaratoria della responsabilità datoriale ai sensi dell’art. 2087 c.c.

Risulta anche mancante la prova della riferibilità causale delle lesioni all’evento del 22.12.2011.

Dagli accertamenti peritali è emerso che l’INAIL non ha riconosciuto l’infortunio sul lavoro ” per mancanza di nesso causale tra la traumatodinamica così come dichiarata e riportata nelle certificazioni mediche e le lesioni riscontrate in data 23.12.11 (frattura somatica L1 ed infrazione di L3)”.

Il C.T.U. ha escluso che le patologie fisiche (trauma distrattivo del rachide lombo-sacrale da sforzo in un rachide con discopatie multiple) e psichiche (depressione maggiore) siano riconducibili, sul piano causale, all’infortunio: “non appare compatibile la frattura di L1 e L3 con il trauma da sforzo inizialmente dichiarato né con un accasciamento a terra con caduta all’indietro come da dichiarazione postuma in quanto manca in entrambe i casi una vis lesiva sufficiente a determinare tali lesioni in un soggetto sano senza fattori predisponenti. Per quanto riguarda la patologia psichiatrica (Depressione Maggiore) emersa successivamente all’evento traumatico, anche in questo caso non è possibile ricondurla causalmente/concausalmente all’infortunio trattandosi di una depressione non di tipo reattivo ma endogena e quindi non determinata o scatenata da un evento traumatico”.

Il CTU, specifica inoltre, “l’insussistenza di postumi permanenti riferibili alla distrazione del rachide ls posto che il medesimo distretto risulta già precedentemente compromesso da discopatie multiple e dagli esiti della frattura somatica di L1 (la infrazione di L3 negli esami strumentali successivi non è più apprezzabile e pertanto senza esiti) “.

Mentre, in replica alle osservazioni critiche del ricorrente:”[…] Innanzitutto vorrei far presente che l’avvocato fa riferimento a statistiche mediche non riportando le fonti consultate che ritengo fondamentali da parte sua posto che, trattandosi di un professionista non inquadrabile nell’ambito medico, non possa portare la propria esperienza personale come casistica di riferimento in quanto non sufficientemente significativa sia in termini quantitativi che, soprattutto, qualitativi. In ogni caso la valutazione medico legale del nesso causale nel caso specifico fa riferimento al fatto che una dinamica come quella riferita (pur volendo considerare l’accasciamento al suolo all’indietro come effettivamente accaduto, fatto su cui si pongono molti dubbi visto che viene espressamente richiesto dai sanitaria di PS e negato dall’attore in data 22.12.11 e non viene menzionato neanche nella denuncia Inail compilata dallo stesso attore) non è compatibile con la frattura somatica di L1 e l’infrazione di L3 nelle specifiche condizioni cliniche del ricorrente trattandosi di un uomo giovane, senza patologie favorenti un tale evento a seguito di traumi di modesta entita’ come un accasciamento a terra (e non una caduta all’indietro) quali ad esempio patologie del metabolismo osseo, patologie reumatologiche o respiratorie croniche con necessita’ di terapie cortisoniche prolungate negli anni, patologie endocrinologiche delle paratiroidi, patologie renali croniche, ecc, ne’ risultano in anamnesi ripetuti episodi di fratture ossee per traumi minimi occorsi nelle attivita’ della vita quotidiana o lavorativa che possano far ipotizzare una peculiare fragilita’ ossea. Inoltre, anche i medici che visitarono il ricorrente presso l’INAIL hanno escluso che le fratture vertebrali possano essere ricondotte a quanto accaduto sul lavoro esprimendo le loro perplessita’ sin dall’inizio e richiedendo per tale ragione la visione del secondo accesso in PS e della cartella clinica e, sulla base di cio’, escludendo il riconoscimento dell’evento quale infortunio. Per quanto riguarda poi l’incoerenza rilevata sul fatto che una persona infortunata non possa essere in grado di muoversi e quindi cadere in casa e subire un nuovo infortunio, ritengo tale supposizione assolutamente infondata nel caso in esame in quanto, nel referto di PS del 22.12.11, la diagnosi era di “trauma distrattivo lombare” ed il ricorrente deambulava in autonomia sia all’ingresso in PS che all’uscita e veniva prescritto semplicemente riposo e terapia medica e non immobilizzazione a letto e anche al successivo accesso in PS del 23.12.11 l’attore deambulava in autonomia. Infine la valutazione del nesso causale tra la dinamica del riferito infortunio e le lesioni riportate è oggetto di specifico quesito posto dal giudice (…”dica se le suddette lesioni siano obiettivamente riconducibili alla dinamica del fatto dannoso quale emerge d agli atti di causa…”) al quale ritengo di aver risposto secondo i principi medico legali su cui si basa tale valutazione senza inoltrarmi in ambiti non di mia competenza e lasciando in ogni caso al Giudice la propria peculiare discrezionalita’ in merito all’accoglimento o meno di quanto riportato nella relazione di CTU sulla base del proprio convincimento derivante da una visione certamente piu’ ampia e completa della vicenda processuale”.

In Giudice, condivide e fa proprie le risultanze della Consulenza d’Ufficio e respinge la domanda del lavoratore.

Non viene esaminata la domanda di riconoscimento della rendita vitalizia, in quanto il ricorrente non ha evocato in giudizio l’INAIL. Ad ogni buon conto, dalla documentazione allegata alla C.T.U. si ricava che la domanda di infortunio è stata rigettata dall’INAIL, né risultano in atti ricorsi amministrativi avverso le determinazioni dell’ente assistenziale.

Non viene statuito nulla sulle spese di lite in considerazione della contumacia della società datrice.

In conclusione, il Tribunale di Modena, in funzione di Giudice del Lavoro, rigetta il ricorso; nulla statuisce sulle spese di lite e pone le spese di CTU a carico del ricorrente.

Avv. Emanuela Foligno

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