Il lavoratore a causa della caduta riportava trauma cranico da infortunio sul lavoro con raccolta ematica frontale e pneumocefalo, frattura del forame traverso sx, fratture del massiccio facciale e frattura del polso dx . (Tribunale di Perugia, Sez. Lavoro, sentenza n. 33/2021 del 5 febbraio 2021)

L’Inail cita a giudizio il datore di lavoro del soggetto infortunato onde ottenerne, previo accertamento della responsabilità, la condanna al rimborso della somma di euro 35.631,18 a titolo di rivalsa per le prestazioni già erogate a beneficio del lavoratore vittima di trauma cranico da infortunio sul lavoro.

L’Inail espone che il giorno 1.2.2011 il lavoratore era impegnato presso un cantiere allestito per lavori di ampliamento di un edificio destinato a civile abitazione ubicato in Perugia.

In particolare, dopo il completamento dell’installazione dei pilastri e delle travi che sorreggevano il primo solaio dell’ampliamento, il lavoratore avrebbe dovuto effettuare con un trapano due fori sulla sommità di ciascuna delle travi collocate ad un ‘altezza di 2,70 m.  da terra in una posizione obliqua tale da consentire la successiva foratura dei pilastri e l’inserimento di tondini in ferro necessari per rendere più stabile l’appoggio delle travi.

Per effettuare tale operazione il lavoratore utilizzava una scala doppia alta circa 2,42 m. munita di otto gradini di proprietà del datore di lavoro;  salito sulla scala, dopo avere segnato con la matita i punti nei quali praticare i fori, per dare la giusta inclinazione al trapano, inchiodava temporaneamente alla trave un cuneo di legno detto dima e realizzava i primi due fori; successivamente rimuoveva la dima dalla trave, spostava la scala ed iniziava l’operazione su un’altra trave, ma in questo caso, dopo aver preso le misure e segnato i fori,  perdeva l’equilibrio e precipitava a terra.

Condotto in Ospedale al lavoratore veniva diagnosticato un “trauma cranico con piccola raccolta ematica acuta del frontale e pneumocefalo, piccola frattura del forame traverso sx all’altezza di c2, abrasioni multiple del volto, fratture multiple del massiccio facciale e frattura del polso dx …”

Aggiunge l’Inail che, secondo le risultanze delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica all’Usl n. 2, veniva riscontrato che i lavori erano stati eseguiti in violazione delle misure di prevenzione imposte dalla legge e dal piano operativo di sicurezza, poichè dovendosi operare ad una quota superiore ai due metri da terra al fine di svolgere continuativamente un lavoro che richiedeva movimenti del corpo e vibrazioni prodotte da un trapano, l’impresa avrebbe dovuto predisporre un’impalcatura o dei ponteggi.

Il Tribunale ritiene il ricorso dell’Inail fondato e meritevole di accoglimento.

L’Inail ha il diritto di rivalsa per le somme corrisposte a titolo di prestazioni assicurative al lavoratore vittima di infortunio sul lavoro o ai superstiti dello stesso. Tale diritto può essere esercitato nei confronti del datore di lavoro a condizione che sia responsabile di un reato penale perseguibile d’ufficio.

L’accertamento della responsabilità civile derivante da reato può essere effettuato incidentalmente dal Giudice civile.

Al riguardo la Suprema Corte ha statuito: “… In tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la disciplina dagli artt. 10 e 11 del D.P.R. n. 1124 del 1965 deve essere interpretata nel senso che l’accertamento incidentale in sede civile del fatto che costituisce reato, sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del cd. danno differenziale, sia nel caso dell’azione di regresso proposta dall’INAIL , deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa ed al nesso causale tra fatto ed evento dannoso …”

In applicazione di tale principio, l’Inail  deve provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa e dei danni verificatisi in conseguenza del sinistro e il nesso di causalità, mentre il datore di lavoro deve dimostrare che l’evento è dipeso da causa a lui non imputabile.

Ebbene, il sinistro ha cagionato al lavoratore “Esiti di fratture massiccio facciale, deficit funzionale polso destro, cervicalgia con lieve deficit funzionale ” per un danno biologico permanente valutato nel 12% ed in una incapacità lavorativa persistita dalla data dell’evento sino al 14. 7.2011 con erogazione dell’indennità di legge in misura par i alla somma di euro 7.928,01.

La Procura ha prospettato la responsabilità del socio accomandatario dell’impresa datrice di lavoro sia per la fattispecie di reato (estinta per oblazione), sia per il reato di lesioni personali colpose gravi e aggravate dalla violazione di norme in materia di sicurezza sul lavoro.

Dal fascicolo penale emerge che  la committente ha riferito che il 1.2.2011, intorno alle 12,15 ha udito “un tonfo” provenire dal cantiere e ha trovato il lavoratore a terra che si lamentava per il dolore ed ha chiamato il 118 che l’ha poi soccorso. Ha, così, riscontrato le dichiarazioni rese dall’operaio che ha riferito di essere caduto da una scala doppia mentre era impegnato ad effettuare la traforazione con un tra pano delle travi del solaio e un ” tassello di legno ” che gli serviva ad orientare la punta in senso obliquo.

La documentazione fotografica presente nel fascicolo penale rappresenta il cantiere in cui l’evento si è verificato, la scala doppia sulla quale l’operaio era salito, il trapano e il cuneo di legno utilizzato per orientarne la punta in direzione obliqua.

La Polizia Giudiziaria ha acquisito, inoltre, il manuale d’uso della ” Euroscala Genia “, prodotta da “Facal ” utilizzata dalla vittima , nel quale è prescritto l’uso ” per un lavoro leggero e di breve durata “, ” evitare eccessivi carichi laterali come ad esempio perforazioni di mattoni e calcestruzzi “, ” non sostare lunghi periodi sulla scala “, ” qualsiasi arnese utilizzato mentre si accede alla scala deve essere leggero e maneggevole ” ed il Piano operativo per la sicurezza nel quale l’utilizzo della scala è consentito solo per “operazioni di carattere temporaneo “.

Ne consegue che, per uno svolgimento in sicurezza dell’operazione di foratura obliqua delle travi che l’operaio stava svolgendo, l’impresa datrice di lavoro non ha osservato l’art. 122 del d.lgs. 81/2008 secondo cui ” Nei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente. “

In definitiva, sussiste la prova sia dell’obbligazione di sicurezza originata, sia del sinistro occorso che dei danni che l’operaio ha conseguentemente riportato, sia della nocività dell’ambiente di lavoro, nel quale non venivano adottate le misure di cautela specificamente imposte dalla normativa primaria e secondaria.

Ne deriva che la responsabilità civile ai fini di cui all’art. 10 del d.p.r. 1124/1965 del datore di lavoro risulta pacificamente  accertata.

L’inail, quindi, vanta a proprio credito un rimborso di euro 35.802,13 in relazione all’infortunio occorso a titolo di indennità dovuta ad inabilità temporanea, spese per visite di accertamento postumi, rimborso spese di viaggio e prestazioni erogate per indennizzare il danno biologico.

In conclusione, accertata la responsabilità civile del datore di lavoro nella causazione dell’infortunio, il Tribunale condanna lo stesso a pagare all’I.n.a.i.l. la somma di euro 35.802,13 a titolo di rivalsa, da maggiorarsi con interessi legali decorrenti dalla data del 12.12.2018.

Avv. Emanuela Foligno

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