Respinto il ricorso dei datori di un lavoratore infortunatosi, con trauma distorsivo alla caviglia, in seguito a una caduta dall’alto nel corso di operazioni di smontaggio di una scaffalatura

Per tutte le lavorazioni che comportano attività in quota e che possono, in conseguenza, determinare fatali cadute dall’alto, risponde ai generali principi di diligenza e di prudenza, che, chiunque assuma, in qualsiasi momento ed in qualsiasi occasione, una posizione di garanzia rispetto ad un’attività di lavoro, debba operare per prevenire ogni prevedibile ed evitabile rischio e per garantire la sicurezza del luogo di lavoro. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 24901/2021 pronunciandosi sul ricorso di titolare e collaboratore di un’attività di ferramenta accusati di lesioni colpose, ai sensi dell’art. 590 del codice penale, per l’infortunio occorso a un lavoratore a seguito della caduta da un’altezza di circa 4 metri nel corso di operazioni di smontaggio di una scaffalatura, effettuate in occasione del trasloco dell’attività commerciale, in conseguenze della quale riportava trauma distorsivo alla caviglia destra e distacco parcellare del margine mediale dell’astragalo del piede destro.

Nello specifico si addebitava agli imputati di aver cagionato l’incidente per colpa, dovuta a negligenza imprudenza e imperizia ovvero per inosservanza dell’art. 18 comma 1 lett. d-e) Dlgs n.81/2008, che prescrive di fornire ai lavoratori necessari e idonei dispositivi individuali di protezione nonché adeguata formazione e informazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

I ricorrenti, nei confronti dei quali il Tribunale dichiarava il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato, si rivolgevano alla Suprema Corte contro le statuizioni civili relative al risarcimento del danno in favore della parte lesa. In particolare, deducevano:

I) Mancanza di motivazione rispetto alle doglianze difensive formulate con l’atto di appello per aver ritenuto che l’infortunio si era verificato presso il negozio di ferramenta di cui è titolare l’imputata come narrato dalla parte civile. Le dichiarazioni della persona offesa che affermava di essere caduto mentre smontava un soppalco era risultata inattendibile in quanto l’istruttoria aveva accertato che non era stato smontato alcun soppalco; il Giudice di primo grado aveva ipotizzato senza alcun riscontro che si trattasse di una scaffalatura. In realtà sussisteva un soppalco alto 2,20 metri e al momento del rilascio dell’immobile avvenuto nel 2011 il suddetto soppalco era ancora nei locali.

II) Mancanza e illogicità della motivazione per aver ritenuto esistente il rapporto di lavoro con la titolare del negozio, nonostante non fosse stato riconosciuto nemmeno dal giudice del lavoro e per aver individuato in capo al collaboratore del datore una posizione di garanzia del tutto insussistente.

Gli Ermellini hanno ritenuto le doglianze inammissibili.

I Giudici del merito avevano infatti accertato che:

  • il danneggiato lavorava di fatto come dipendente degli imputati; si era occupato dell’assistenza al padre anziano di uno di loro, affetto da cecità e poi deceduto; svolgeva lavori agricoli nell’azienda di famiglia e alcuni servizi (carico e scarico merce, sistemazione negli scaffali) presso il negozio di ferramenta; in definitiva il Laptes svolgeva mansioni di badante e aiuto magazzino al nero;
  • in occasione dell’infortunio l’uomo era scivolato con il piede sinistro mentre stava eseguendo, per conto dei coniugi imputati, un’operazione di trasloco in occasione del trasferimento del negozio e stava smontando una scaffalatura alta circa cinque metri da terra (un ponte di circa 5 metri di altezza, composto da 16/17 tavole di 5 metri di lunghezza e 40 cm di larghezza);
  • il datore era subito intervenuto informandosi dell’entità delle lesioni, ma non aveva accompagnato il lavoratore in pronto soccorso, nonostante le richieste della moglie della persona offesa; il danneggiato era andato da solo al pronto soccorso, dove era stato sottoposto ad accertamento radiografico a cui non era seguito però alcun ricovero;
  • poiché il dolore lancinante continuava, il giorno seguente si era fatto accompagnare dal datore in ospedale, dove veniva sottoposto a nuova visita; qualche giorno dopo, poiché la situazione peggiorava, su consiglio di uno specialista ortopedico, si era rivolto a un Istituto ortopedico dove veniva operato poi sottoposto ad una lunga riabilitazione;
  • risulta accertato che gli imputati avevano gestito la vicenda in modo da far figurare che l’infortunio era avvenuto in epoca successiva alla formale assunzione; vi era stata anche una falsa denuncia dell’infortunio all’Inps, posticipato rispetto al suo verificarsi;
  • gli accertamenti medico legali di cui aveva tenuto conto i primo Giudice avevano evidenziato che il distacco parcellare del margine mediale dell’astrangalo si era verificato proprio a causa di un trauma ad alta energia come la caduta dall’alto;

La Corte territoriale aveva ripercorso i termini fattuali della vicenda chiaramente ricostruiti dal primo giudice dopo una lunga istruttoria, aveva valutato l’attendibilità della dichiarazioni circostanziate e riscontrabili della persona offesa e in particolare la sussistenza di un rapporto di lavoro di fatto tra il danneggiato e gli imputati nell’ambito del quale il primo svolgeva compiti di factotum, senza alcuna formazione né informazione e senza i necessari dispositivi di protezione individuale, come il casco o le scarpe infortunistiche.

La Corte di appello aveva provveduto anche a disporre una perizia medico- legale in sede di rinnovazione istruttoria con la quale aveva accertato che il meccanismo di produzione della frattura dell’astrangolo fosse compatibile con le modalità di caduta dall’alto verificatasi con le modalità descritte dalla persona offesa da un’altezza variabile dai 2.5 metri ai 5 metri.

Il Giudice a quo, in conclusione, aveva fatto corretta e coerente applicazione dei principi giuridici, avendo considerato nella individuazione del determinismo causale le condotte omissive delle doverose misure di prevenzione facenti capo ad entrambi i titolari delle posizioni di garanzia ai sensi dell’art. 299, d.lgs. 81/2008.

La redazione giuridica

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