L’assicurazione ha presentato appello nell’ultimo giorno disponibile, congelando il risarcimento a favore dei  parenti di un marocchino, morto nel 2010 dopo essere stato travolto da un’auto pirata nel casertano

Si stava recando in bici alla Moschea di San Marcellino quando venne travolto da un’auto che non si fermò a prestare soccorso, morendo dopo 17 giorni di agonia. E’ la storia di un cittadino marocchino residente in provincia di Caserta, che lavorava regolarmente nel nostro Paese come badante.

Il fatto risale all’agosto del 2010. Ne è scaturita una vicenda giudiziaria che in sede penale si è chiusa con un’archiviazione, in quanto il veicolo pirata non è  mai stato identificato. In sede civile, invece, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, IV sez. Civile, dott.ssa Feola, ha riconosciuto ai familiari della vittima un risarcimento pari a circa 1 milione e 650 mila euro. Più specificamente, 274mila euro per ciascuno dei genitori e 109mila euro per ciascuno dei 10 fratelli.

La sentenza è arrivata lo scorso febbraio, dopo una lunga istruttoria. Ma pochi giorni fa la liquidazione è stata congelata.

La compagnia assicurativa, che in Campania rappresenta il Fondo per le Vittime della strada, infatti , nell’ultimo giorno utile ha deciso di ricorrere in appello. Contestualmente, ha chiesto la sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado sulla base del ‘periculum in mora’. Il timore dell’appellante, in sostanza, sarebbe rappresentato dalla possibilità che in caso di riforma totale o parziale della pronuncia del Tribunale, i beneficiari del risarcimento possano non restituire le somme dovute. “Chi ci assicura – replicano i  legali della famiglia – che invece tra cinque anni, durata ipotetica del giudizio di appello, la compagnia assicurativa  sia ancora la società garante? E che sia ancora capiente?”.

Nel proporre ricorso l’Assicurazione ipotizza un concorso di colpa (pari a un terzo) da parte del marocchino, sostenendo che questi si sarebbe trovato al centro della carreggiata per poter svoltare a destra. Una circostanza negata dall’avv. Benito De  Siero del Foro di Santa Maria di Capua Vetere, che segue la famiglia, affiancato dall’avv. Giovanni Fiaccabrino, con studio a Padova. De Siero chiarisce, infatti, che seppur si accingesse effettivamente a svoltare, la vittima si trovava pienamente nella propria corsia di pertinenza. Lo confermerebbero, peraltro, l’unico testimone oculare del fatto, un connazionale del marocchino che stava intraprendendo il percorso con lui, nonché i rilievi eseguiti sul posto dagli agenti di Polizia.

Per l’avv. De Siero non sarebbe fondato neppure il secondo motivo di impugnazione, ovvero l’entità elevata del risarcimento a fronte delle ‘condizioni socio economiche’ degli aventi diritto. Questi, infatti sono tutti residenti in Marocco, ad eccezione di uno dei fratelli rimasto in Italia proprio per seguire la vicenda per conto della famiglia. Tuttavia, chiarisce l’avvocato, l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui il risarcimento deve essere parametrato alla valuta del Paese di residenza del beneficiario è stato ampiamente superato. Questi, del resto, potrebbero stabilirsi in un altro Paese, dove la vita costerebbe di più.

Il Tribunale si pronuncerà sulla sospensiva il 27 giugno.

Nel frattempo il Giudice ha invitato le parti a trovare un accordo sull’entità dell’acconto, ma la proposta avanzata  ‘banco iudicis’ dalla compagnia assicurativa, pari a circa 380mila euro, non ha soddisfatto i danneggiati. Troppo pochi, spiega l’avv. De Siero, neanche un terzo,  se si tiene conto della numerosità della famiglia, nonché del fatto che sono trascorsi 8 anni dall’accaduto e che probabilmente, tra appello e Cassazione, potrebbero trascorrerne molti altri prima di giungere a una sentenza definitiva. L’offerta formulata, inoltre, precisa il legale, “sarebbe dovuta pervenire otto anni fa, come lo stesso codice delle assicurazioni prevede all’art. 148 c.2”.

Gli avvocati della famiglia marocchina, per contro, hanno presentato un appello incidentale rilanciando sulla pretesa risarcitoria, elevata a 2 milioni e mezzo di euro. In primo grado, infatti, spiega ancora De Siero, molte delle voci di danno non sono state riconosciute. “Sebbene nessuna cifra possa compensare la perdita di un proprio caro – conclude il legale – i nostri assistiti hanno diritto a una cifra riparatoria adeguata e faremo di tutto affinché la Corte accolga tutte le nostre richieste”.

 

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