Per i giudici la condotta dell’imputato è difforme da quella imposta dal Codice della strada per i veicoli che circolano in centri abitati, perché il mezzo viaggiava ad una velocità superiore rispetto  quella consentita dalle regole stradali, oltre al fatto di aver tentato una nuova fuga dopo aver colpito il pedone. 

Il caso in esame dalla sentenza della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione del 16 settembre 2015, n. 37606, vedeva un uomo alla guida della propria auto in stato di ebbrezza, non fermarsi ad un posto di blocco, e un inseguimento da parte degli agenti di polizia, durante il quale il conducente investiva un pedone che stava attraversando la strada. I giudici del merito ritenevano il conducente «responsabile di omicidio doloso» sostenuto da dolo eventuale, contrariamente alla tesi difensiva che riteneva integrato l’elemento psicologico della colpa cosciente.

Secondo giurisprudenza consolidata, sussiste la fattispecie di omicidio sorretto da dolo diretto ed alternativo, e non quello di lesioni personali, se il tipo di arma impiegata e specificamente l’idoneità offensiva della medesima, la sede corporea della vittima raggiunta dal colpo di arma e la profondità della ferita inferta inducano a ritenere la sussistenza, in capo all’agente, dell’animus necandi, con la conseguenza che risponde di omicidio con dolo diretto alternativo chi prevede e vuole, come scelta sostanzialmente equipollente, la morte o il grave ferimento della vittima (Cass. pen., Sez. I, 31 maggio 2011, n. 30694). La figura del dolo eventuale si individua quando l’agente, rappresentandosi l’eventualità di un evento più grave, non avrebbe agito diversamente anche se di esso avesse avuto la certezza e dell’evento non voluto ha comunque accettato il rischio che si verificasse (Cass. pen., Sez. Un., 26 novembre 2009, n. 12433).

Il confine tra dolo eventuale e colpa cosciente è stato individuato nell’atteggiamento psicologico dell’agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non voluto, nel secondo respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione. “In tema di elemento soggettivo del reato, il dolo eventuale ricorre quando l’agente si sia chiaramente rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e ciononostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi” (Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 33343).

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