Vaccinazione antipoliomielite di tipo Salk e azione di danno nei confronti del Ministero (Cassazione civile, sez. III, 06/09/2022, n.26255).

Vaccinazione antipoliomielite di tipo Salk e conseguenti danni patiti.

Viene impugnata la decisione di rigetto della Corte territoriale di Napoli che confermava –con diversa motivazione – la decisione di primo grado che respingeva la domanda proposta nei confronti del Ministero della salute per ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza della somministrazione della vaccinazione antipoliomielite tipo Salk.

Per quanto qui di interesse, la Corte d’Appello a fondamento della decisione osservava che: a) era infondata e andava rigettata l’eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno proposta dal Ministero ed accolta dal primo giudice; b) nel merito, la domanda andava qualificata come di responsabilità ex art. 2043 c.c., e il fatto storico – ossia la somministrazione della vaccinazione antipoliomelite con metodo Salk – era pacifico e, comunque, dimostrato in atti; c) sussisteva anche il nesso causale tra la vaccinazione praticata e la malattia insorta, siccome “provato dalla valutazione della Commissione Medica Ospedaliera che sul punto si è espressa in modo positivo”; d) la domanda non poteva però essere accolta “per difetto di allegazione e prova del profilo colposo del Ministero convenuto”; d.1.) a tal riguardo, era emerso dalla C.T.U. espletata in corso di causa che la vaccinazione praticata era avvenuta “con il vaccino di tipo Salk, cioè con un vaccino inattivato che come tale… non poteva determinare alcuna poliomielite (e ciò è tanto vero che dopo i primi anni tale tipo di vaccino fu sostituito dal vaccino tipo Sabin proprio perché poco efficace nell’eradicazione della patologia); d.2) il C.T.U. aveva, infatti, riferito, “con esame del tutto logico con le premesse dallo stesso formulate e… neanche contestate, che il vaccino di tipo Salk non può cagionare alcuna poliomielite perché il virus è inattivato”; d.3) “pertanto uniche spiegazioni della insorgenza della patologia sarebbero o che la paziente aveva già in incubazione la patologia (ma in tal caso ella avrebbe dovuto dedurre il profilo di colpa dei sanitari che le praticavano comunque la somministrazione) o che la insorta poliomielite sia dovuta sì alla vaccinazione ma perché il vaccino non è stato correttamente preparato, il che però esclude in radice la colpa del Ministero che si avvaleva di prodotti reperiti sul mercato”.

In Cassazione viene dedotto omesso esame di un fatto decisivo, per aver la Corte territoriale omesso di considerare le conclusioni della C.T.U., comprensiva dei chiarimenti resi dal consulente d’ufficio, in forza dei quali lo stesso, diversamente da quanto in precedenza opinato, dichiarava espressamente “di essere maggiormente a favore dell’ipotesi che prevede la presenza del nesso causale tra la pratica del vaccino e l’acquisizione della patologia in questione così da confermare quanto accertato dalla C.M.O., la cui valutazione il Giudice di secondo grado, che pur aveva ritenuto probante, andava a smentire, valorizzando il richiamo ad alcune sole parti delle considerazioni medico legali assolutamente incomplete, tanto da formulare un giudizio di esclusione di colpa in capo al Ministero”.

La censura è fondata,  con assorbimento dell’esame del secondo motivo.

In sostanza viene evidenziata una insanabile contraddizione nella motivazione della sentenza impugnata, che si assume fondata su una lettura parziale della C.T.U. che ha condotto il Giudice del merito a ritenere insussistente la responsabilità del Ministero per difetto di colpa, mettendo però in discussione il nesso causale accertato dalla C.M.O., sulla cui valutazione aveva convenuto anche il Consulente d’ufficio nei chiarimenti all’elaborato.

Il Giudice di appello, per un verso, ha fatto applicazione del principio (enunciato da Cass., 15 giugno 2018, n. 15734 in tema di emotrasfusioni infette, ma dalla stessa Corte territoriale inteso come di carattere più generale) per cui il nesso causale tra somministrazione vaccinale e patologia insorta doveva ritenersi provato in forza della valutazione della C.M.O., giacché un tale fatto era da reputarsi “indiscutibile e non bisognoso di prova, in quanto, essendo la Commissione organo dello Stato, l’accertamento è da ritenere imputabile allo stesso Ministero”.

Sulla scorta di ciò la Corte territoriale ha, quindi, affermato che si dovesse esaminare soltanto il profilo della colpa in capo al Ministero convenuto, ossia “verificare se, all’epoca dei fatti, fosse conoscibile secondo le migliori cognizioni scientifiche disponibili la pericolosità di un certo tipo di vaccino (vaccinazione antipoliomelite metodo Salk) e se quindi il principio di precauzione imponesse di vietarlo”.

Affermazione, questa, ribadita e precisata dalla stessa sentenza impugnata, là dove si evidenzia che, “una volta dimostrato che il danno si sia verificato in conseguenza della vaccinazione antipoliomelite, il Giudice di merito deve verificare se la pericolosità di quel vaccino era nota all’epoca dei fatti e se sussistevano, alla stregua delle conoscenze di quel momento, ragioni di precauzione tali da vietare quel tipo di vaccinazione o da consentirla solo con modalità idonee a limitare i rischi ad essa connessi”.

Ebbene, il giudizio sulla causalità materiale è stato correttamente distinto da quello sull’attribuibilità della condotta omissiva sul piano soggettivo rivendicata nei confronti del MInistero, collocandosi quest’ultimo giudizio sull’elemento soggettivo dell’illecito su un piano diverso e successivo a quello dell’accertamento del nesso di causalità, presupponendo quest’ultimo.

Invece, il Giudice d’appello,  in forza di quanto riferito dal C.T.U., che il vaccino di tipo Salk, in quanto vaccino inattivato, non poteva “determinare alcuna poliomielite” e che le “uniche spiegazioni della insorgenza della patologia sarebbero o che la paziente aveva già in incubazione la patologia (ma in tal caso ella avrebbe dovuto dedurre il profilo di colpa dei sanitari che le praticavano comunque la somministrazione) o che la insorta poliomielite sia dovuta sì alla vaccinazione ma perché il vaccino non è stato correttamente preparato, il che però esclude in radice la colpa del Ministero che si avvaleva di prodotti reperiti sul mercato”.

In tal modo, la motivazione adottata dalla Corte territoriale è contraddittoria con le premesse.

Conclusivamente viene accolto il primo motivo del ricorso principale e dichiarato assorbito il secondo del medesimo ricorso, nonché rigettato il ricorso incidentale condizionato.

La Corte di Appello di Napoli, in sede di rinvio, dovrà delibare esclusivamente il profilo inerente alla sussistenza, o meno, dell’elemento soggettivo dell’illecito ex art. 2043 c.c., in capo al Ministero convenuto.

Avv. Emanuela Foligno

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