La paziente lamenta di essere stata sottoposta a vaccino antinfluenzale senza consenso e che avrebbe contratto una encefalomielite acuta disseminata post-vaccinica. Il primo grado di giudizio accerta la sussistenza “del nesso di causalità tra ol vaccino antinfluenzale e l’insorgenza della ADEM acuta risoltasi nel 2011”, invece la Corte di Appello rigetta la domanda.
Le conclusioni dei giudici di Appello
a) Sulla scorta della CTU espletata in primo grado, era “provato” che, a seguito del vaccino antinfluenzale praticata dalla P. il 20 novembre 2009, il C. aveva “sviluppato un quadro clinico caratterizzato da febbre, mialgie, parestesie/disestesie agli arti inferiori e anuria, che dai successivi accertamenti effettuati presso il reparto di neurologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo venivano attribuiti ad un’encefalomielite acuta disseminata post-vaccinica (ADEM)”.
b) L’ADEM era “una rara malattia infiammatoria demielinizzante del sistema nervoso centrale ad esordio acuto, che può essere… post immunizzazione, se segue a breve distanza, tipicamente 4-13 giorni, un vaccino”.
c) La relativa diagnosi “si basa sullo stretto intervallo cronologico tra vaccino antinfluenzale e manifestazioni cliniche secondarie e la formazione di lesioni demielinizzanti nel sistema nervoso centrale”, essendo l’attacco acuto caratterizzato da febbre, cefalea, nausea e vomito e mialgie, associata a sintomi neurologici che variano in base alla sede delle lesioni”, le quali, se in sede encefalica, possono determinare “deficit motori, atassia cerebrale”, mentre, se coinvolgono il midollo spinale, possono comportare “parestesie, debolezza muscolare, spasticità, dolore neuropatico”.
d) La diagnosi di ADEM “venne ipotizzata non dalla dottoressa P. quando visitò il paziente quattro giorni dopo la somministrazione del vaccino antinfluenzale, ma soltanto il 4 dicembre presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo” e dopo gli esiti di RM al rachide e all’encefalo.
e) La “immediata somministrazione delle cure steroidea ed antivirale… portò in breve periodo a regredire dei sintomi”, non più presenti alle dimissioni del 16 dicembre 2009, essendo però occorsi mesi di cure per la regressione delle lesioni midollari e dell’encefalite, “sino alla scomparsa certificata nel luglio del 2011”.
La CTU accerta il nesso causale tra vaccino antinfluenzale e l’ADEM
f) Era, quindi, accertata, in base alla CTU, la sussistenza “del nesso di causalità tra vaccino antinfluenzale al quale l’appellato si sottopose presso lo studio della dottoressa P.S. e l’insorgenza della ADEM acuta risoltasi nel 2011”.
g) Tuttavia, non coglievano nel segno i “due profili di responsabilità” attribuiti al medico e dai quali l’attore faceva “discendere il suo diritto al risarcimento del danno alla salute che ne e derivato.
g.1) Quanto al mancato consenso informato, il paziente “nulla ha allegato” sul fatto che “che fosse stato adeguatamente informato, avrebbe rifiutato il consenso”, “né un suo rifiuto si può presumere dai fatti provati, che semmai depongono per il contrario”. g.1.1) Difatti, fu “il paziente stesso a chiedere di essere vaccinato, poiché in procinto di iniziare una trasferta di lavoro in Medio Oriente”, non risultava, poi, “che fosse afflitto da malattie che sconsigliavano una somministrazione del vaccino o che fosse la prima volta che praticava un vaccino antinfluenzale e, infine, dato che l’insorgenza dell’ADEM vaccinale è un evento raro, in quel contesto concreto di rischio-beneficio, avrebbe molto probabilmente prevalso dell’appellato la volontà di vaccinarsi”.
La mancata tempestiva analisi
g.2) Quanto all’aver la P. errato od omesso una tempestiva diagnosi, non comprendendo e sottovalutando i sintomi a carico del paziente visitato pochi giorni dopo la vaccinazione. g.2.1.) Pur essendo ciò dimostrato, non era, però, “provato il nesso di causalità tra la ritardata diagnosi di pochi giorni e i danni riscontrati poi alla salute” del C. g.2.2.) In base ai sintomi del paziente allorquando fu visitato dalla P. il 25 novembre 2009, “si ricava che l’ADEM post-vaccinale era già insorta e che le lesioni da demielinizzazione del sistema nervoso centrale erano in atto” e tanto trovava riscontro, in base alla CTU, dalla “RM al midollo spinale e all’encefalo” che “consentì una diagnosi certa e sicura della patologia”, per la cui scomparsa, nonostante le cure “mirate immediate”, “occorse oltre un anno”.
g.2.3) Tuttavia, l’omissione della dottoressa non poteva “ritenersi rilevante per la causa”, in quanto, in base alla regola del “più probabile che non”, non poteva reputarsi “che la diagnosi di ADEM se fosse stata da parte della dottoressa anticipata di pochi giorni rispetto a quella formulata presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo, seguita dall’inizio anticipato della terapia mirata, avrebbe comportato un percorso di guarigione dell’ADEM acuta più rapida e soprattutto definitivo.
Difficoltosa la diagnosi differenziale
h) Né potevano ascriversi alla condotta omissiva della P. “i danni conseguenti alla patologia neurologica, ben più grave perché ha causato postumi permanenti, ripresentatosi in C. nel marzo del 2012”. h.1) La CTU – male interpretata dal Tribunale – aveva, infatti, “appurato” che i medici degli Ospedali Riuniti di Bergamo, “che avevano sempre seguito il paziente, alla ricomparsa dei sintomi, avevano attribuito la riacutizzazione ad un inizio di sclerosi multipla, malattia infiammatoria demielinizzante del sistema nervoso centrale a patogenesi autoimmune, caratterizzata da segni e sintomi neurologici secondari… del tutto simile a lesioni della ADEM”. h.2) Nei successivi controlli e, segnatamente, nel novembre 2012, i medici ipotizzarono, però, “che C. fosse stato colpito da una recidiva dalla ADEM post vaccinica, malattia di raro riscontro, seppure conosciuta dalla letteratura medica, che si manifesta con la riacutizzazione dei sintomi clinici neurologici e con il riscontro di nuove lesioni demielinizzanti”.
h.3) Secondo la CTU, la “diagnosi differenziale… è estremamente difficoltosa se non impossibile, poiché non sono stati ancora identificati i criteri diagnostici affidabili che consentono di distinguere in termini di certezza alle due malattie”, ma, “considerato che la fase acuta della ADEM post vaccinica nell’appellato si era risolta senza conseguenze oltre un anno prima della ricomparsa dei sintomi l’ipotesi più probabile è che la recrudescenza sia dovuta ad un inizio di sclerosi multipla”. h.4) Anche in quest’ultimo caso, però, non esisteva “alcun nesso causale tra la malattia e la ritardata diagnosi della dottoressa”.
Il giudizio di rigetto della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 2 gennaio 2025, n. 38).
La Corte di appello richiamando il precedente di Cass. n. 28985/2019, ha fatto applicazione del principio di diritto secondo cui, in materia di responsabilità per attività medicochirurgica, qualora venga allegato e provato, come conseguenza della mancata acquisizione del consenso informato, unicamente un danno biologico (come nella specie), ai fini dell’individuazione della causa “immediata” e “diretta” (ex art. 1223 c.c.) di tale danno-conseguenza, occorre accertare, mediante giudizio controfattuale, quale sarebbe stata la scelta del paziente ove correttamente informato, atteso che, se egli avesse prestato senza riserve il consenso a quel tipo di intervento, il medico potrà essere chiamato a risarcire il danno soltanto nel caso in cui la lesione del diritto alla salute sia imputabile alla successiva errata esecuzione della prestazione professionale.
Ciò detto, le censure del paziente non colgono nel segno perché si limitano a rimarcare che il consenso informato sia stato omesso da parte della dott.ssa, circostanza ritenuta pacifica dallo stesso Giudice di appello ma irrilevante, poiché il paziente avrebbe dovuto allegare e provare che avrebbe comunque rifiutato il vaccino antinfluenzale.
I Giudici di appello hanno posto in evidenza, aderendo alle conclusioni della CTU medico-legale espletata in primo grado, che, sebbene l’ADEM acuta post-vaccinale e le lesioni da demielinizzazione del sistema nervoso centrale fossero già in atto al momento della visita medica tenuta dalla dott.ssa, l’omessa e/o intempestiva diagnosi non ebbe, secondo un giudizio probabilistico alla stregua del “più probabile che non”, rilevanza causale rispetto al decorso della malattia, ossia che ne avrebbe impedito la più rapida guarigione in modo definitivo; guarigione che, comunque, avvenne, dopo “oltre un anno”.
Avv. Emanuela Foligno