Valutazione della condotta imprudente del lavoratore ai fini della declaratoria di responsabilità del datore di lavoro . Cassazione Civile, sez. VI, 17/01/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 17/01/2022), n.1269.

Condotta imprudente del lavoratore: La Corte di Appello di Potenza, in riforma della pronuncia del Tribunale accoglieva la domanda del lavoratore, nei confronti del datore di lavoro, diretta ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale per l’infortunio sul lavoro subito in data 20.11.2014.

La Corte territoriale rilevava che la condotta imprudente del lavoratore (che, nell’effettuare le operazioni di scarico del materiale trasportato con il camion, poiché il parapetto posteriore non si apriva, rimuoveva lo spinotto forse con un martello, causando l’apertura repentina della sponda che lo colpiva al viso) non era sufficiente ad escludere la responsabilità datoriale, non potendosi, così, configurare neanche il concorso di colpa dello stesso lavoratore.

In punto di liquidazione del danno alla salute, tenuto conto della percentuale di invalidità accertata pari al 75%, la società datrice di lavoro è stata condannata al pagamento di Euro 473.531,04 a titolo di danno biologico differenziale.

Il lavoratore ricorre in Cassazione e in via incidentale ricorre anche il datore di lavoro e l’Assicurazione.

Il lavoratore censura l’omesso esame dell’ulteriore e grave pregiudizio subito, oltre al danno biologico accertato in corso di causa, per il deterioramento delle relazioni familiari e sociali, su cui si fondava la richiesta di personalizzazione del danno e l’assenza di formazione antifortunistica.

Secondo consolidata giurisprudenza, l’art. 2087 c.c. non delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, in quanto detta responsabilità va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, non potendosi esigere da parte del datore di lavoro la predisposizione di misure idonee a fronteggiare le cause di infortunio imprevedibili.

La prova della responsabilità datoriale, ai sensi dell’art. 2087 c.c., richiede l’allegazione da parte del lavoratore, che agisce deducendo l’inadempimento, sia degli indici della nocività dell’ambiente lavorativo cui è esposto, da individuarsi nei concreti fattori di rischio, circostanziati in ragione delle modalità della prestazione lavorativa, sia del nesso eziologico tra la violazione degli obblighi di prevenzione ed i danni subiti.

Correttamente, la Corte di appello ha affermato che la responsabilità datoriale deve essere accertata attraverso una compiuta identificazione degli indici di rischio e di pericolosità dell’ambiente lavorativo in cui la prestazione viene resa (nella specie, la prestazione resa con un camion), con particolare riguardo alle misure di sicurezza cosiddette innominate, che non conseguono da più specifiche disposizioni di legge.

Tuttavia, la Corte non ha indicato il rischio specifico esistente, né i concreti fattori di pericolo atti a differenziare la situazione lavorativa in cui si trovava ad operare il dipendente rispetto al generico rischio cui va incontro qualunque individuo, e dunque ha trascurato di individuare la “nocività” dell’ambiente lavorativo, tale da esigere l’apprestamento di misure appropriate alla situazione, e l’eventuale violazione degli obblighi di protezione posti in capo al datore di lavoro.

La Corte territoriale si è concentrata sull’analisi della condotta del lavoratore, per verificare la sussistenza o meno di un comportamento abnorme o di una clamorosa imprudenza, ovverosia della c.d. condotta imprudente,  e, dunque, per accertare la ricorrenza di un rischio elettivo, profilo che costituisce il limite (unico) alla copertura assicurativa da parte dell’Inail in quanto ne esclude l’essenziale requisito della “occasione di lavoro”.

La sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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