Altra tegola per i trasporti in Sicilia. Un altro tratto del viadotto Cinque Archi dell’autostrada A19 Palermo – Catania è stato sequestrato dai carabinieri. Le autorità, dopo aver riscontrato una situazione di pericolo per la viabilità, causato dallo stato di alcuni piloni, hanno deciso di aprire un’indagine a carico di ignoti per “attentato alla sicurezza dei trasporti”. Parte del viadotto era stato già chiuso il 7 maggio. Secondo i primi riscontri, le basi dei piloni del viadotto, situate nei pressi del fiume Salso, sarebbero state intaccate dall’azione erosiva delle acque, destabilizzando la struttura. Questa situazione era stata già denunciata nelle settimane scorse dall’Ance, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili: “Lo stato di degrado strutturale attesta come le strutture in cemento armato e le condizioni salmastre dell’area di ponte Cinque archi non possono essere ignorate da Anas e Regione“. Situazione “inammissibile” per il procuratore capo di Caltanissetta che si sta occupando del caso, Sergio Lari:  “Si tratta di un sequestro probatorio. Avevamo chiesto il provvedimento da tempo, ma ci è stato accolto solo ora. Ma quel tratto di autostrada era già stato chiuso lo scorso 7 maggio proprio per il pericolo di crolli. Adesso faremo degli accertamenti”. La chiusura di quel tratto dell’A19 penalizza non solo i centri di Palermo e Catania. Ad essere coinvolti sono anche i territori dei comuni di Caltanissetta, Santa Caterina Villarmosa e Villarosa (En).

Va ricordato che quello dei Cinque Archi non è un caso isolato nella storia della viabilità siciliana. Nel 2009 è crollato il viadotto Geremia II sulla SS 646 Caltanissetta – Gela; nel 2013, invece,  è collassato il ponte sul fiume Verdura, lungo la statale 115 che collega Trapani ad Agrigento e, sempre quest’anno, a gennaio a cedere è stato il manto stradale del viadotto Sciorciavacche, sul nuovo tratto della strada stradale 121 Palermo – Agrigento.

E’ possibile chiedere un risarcimento?

L’abbiamo chiesto al nostro esperto patrocinatore stragiudiziale, il dott. Umberto Coccia

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Anche qui vale il concetto generale dell’onere della prova che spetta al danneggiato. Per dirla coi latini : onus probandi incumbit ei qui dicit, non ei qui negat. Bisognerebbe quindi individuare prima un responsabile della chiusura del tratto autostradale e verificare che questi sia solvibile. Poi dimostrare, documentare e quantificare i danni patiti dall’utenza. Se non erro al momento le informazioni parlano di sequestro, per motivi di sicurezza, da parte delle autorità che hanno aperto indagini contro ignoti. Se ci sarà rinvio a giudizio nei confronti di qualcuno si potrebbe valutare l’ipotesi di costituzione di parte civile nel procedimento penale, magari sotto forma di neo costituita associazione di cittadini e in futuro valutare una class action (la cui introduzione nel codice di procedura civile è in discussione in questi giorni alle Camere).

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