AAA anestesisti cercasi. Può sembrare un banale annuncio per cercare medici specializzati o invece può segnalare semplicemente quella che è la reale condizione in cui versano molti anestesisti dell’Azienda Sanitaria pugliese. A quanto pare, la Regione non è capace di sfornare dirigenti medici indispensabili per garantire la salute dei cittadini. Il motivo? Mancanza di fondi e una legge che blocca di fatto gli anestesisti nell’esercitare la loro professione oltre il monte ore stabilito nel contratto. Le conseguenze sono ovvie. Interventi sospesi o rimandati. L’Asl locale però ha trovato un escamotage: attingere risorse da enti esterni a quelli canonici. Vi sono, quindi, società esterne che “prestano” anestesisti alle strutture sanitarie per un costo diverso da quello dei professionisti assunti dall’azienda regolarmente, cioè, per bando di concorso.
Un fenomeno, quello dell’inserimento di personale esterno, che ha mandato su tutte le furie i sindacati di settore come l’AAROI – EMAC, l’Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani Emergenza Area Critica.
«Una scelta illegale e incomprensibile – afferma al quotidiano repubblica.it il presidente regionale dell’Aaroi, Antonio Amendola – visto che quei turni si potrebbero anche coprire chiedendo ai medici interni al sistema sanitario pubblico di fare orario aggiuntivo di lavoro. In questo modo, invece, si gestisce tutto in sub appalto, l’unica regola è il ribasso di gara. Ma vorrei ricordare che negli ospedali si può lavorare solo tramite concorso o avviso pubblico. Questa è l’ennesima dimostrazione della totale mancanza di rispetto della legalità da parte delle istituzioni».
Per il sindacato questa pratica, ritenuta “fuorilegge”, comporta non pochi problemi come gli obblighi di dipendenza e le relazioni col personale.
Come e quando ha inizio tutto questo?
Secondo uno degli esperti dell’Accademia della medicina legale nonché dirigente medico che abbiamo sentito telefonicamente, «sono almeno 5/6 anni che va avanti questa storia». Una storia che vede coinvolto non solo il Sud ma tutto il Paese. «Questa situazione – afferma l’anestesista intervistato – si sviluppata inizialmente a Lecce e poi man mano in tutte le province pugliesi. Le Asl hanno messo un tetto alle prestazioni erogabili per gli anestesisti, come orario straordinario, dicendoci che non potevamo lavorare oltre quel certo numero di ore». Cosa si fa quindi per evitare che saltino gli interventi? Semplice. Si inserisce personale che proviene da cooperative e associazioni esterne. «Queste società, nella maggior parte di casi, vengono dal nord. Il fenomeno nasce proprio da queste società».
Questo problema della sanità pugliese, va ricordato, non coinvolge solo gli anestesisti. L’Asl di Lecce, circa un anno fa, per fronteggiare la carenza di personale nei pronto soccorso decise di affidare a due cooperative romagnole un pacchetto di 3mila ore lavorative. Quanto è costato all’Asl? 150mila euro.