Il medico era accusato di abbandono di incapaci e rifiuto continuato di atti di ufficio; dovrà versare una provvisionale da 50 mila euro a un paziente

Il Tribunale di Cagliari ha condannato a tre anni e due mesi uno psichiatra dell’Azienda Tutela della Salute Sardegna per i reati di abbandono di persone incapaci e rifiuto continuato di atti di ufficio. Il medico, nello specifico, era accusato – come riporta l’agenzia Ansa – di aver volontariamente trascurato alcuni pazienti organizzando contempo delle sedute di preghiera collettiva al posto di terapie mediche nel Centro di salute mentale pubblico della Asl.

I giudici della sezione penale, al termine del processo, hanno in gran parte accolto la richiesta del pubblico ministero, che aveva sollecitato 3 anni e mezzo di carcere, assolvendo però l’imputato dall’accusa di truffa aggravata per delle assenze dal luogo di lavoro.

La Procura – riferisce sempre l’Ansa – accusava il medico-psichiatra, in un caso, di non aver risposto a una paziente schizzofrenica, che dopo averlo chiamato 36 volte e aver tentato una prima volta il suicidio, si era poi gettata da un palazzo riportando gravi lesioni.

Nel corso del dibattimento, il pm ha anche contestato all’imputato i metodi di cura proposti e spesso utilizzati: pazienti in preghiera circondati da ceri accesi.

Già in sede di indagine, il Giudice per le indagini preliminari aveva interdetto il camice bianco dalla professione per un anno. L’Ats si era costituita parte civile assieme ad una delle pazienti, in favore della quale il dottore, secondo quanto disposto dal Tribunale, dovrà versare una provvisionale di 50 mila euro. I giudici hanno anche interdetto l’imputato dalla professione medica per due anni e otto mesi.

 Per i legali della difesa, che preannunciano l’impugnazione della sentenza in appello, il processo ha chiarito che il loro assistito “non è un assenteista e non ha truffato l’Ats”. Lo psichiatra – rilevano gli avvocati – “è stato assolto da due dei reati più gravi e sono cadute anche le accuse di aver utilizzato protocolli terapeutici non idonei”; in ordine, infine, all’episodio per cui il medico è stato condannato, “va sottolineato che la persona offesa coinvolta non è mai stata esaminata nel corso dell’intero procedimento”.

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