La sentenza penale di condanna per maltrattamenti in famiglia può essere utilizzata dal giudice della separazione per fondare la decisione di addebito, a prescindere dal suo passaggio in giudicato

Lavicenda

Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale di Ancona una donna aveva citato in giudizio il proprio coniuge, chiedendo che fosse pronunciata la separazione giudiziale con addebito a carico di quest’ultimo in ragione dei gravi maltrattamenti subiti; aveva inoltre chiesto l’affidamento esclusivo del figlio minore con conseguente regolamentazione delle visite ed il versamento di un assegno di mantenimento di 850,00 euro mensili.

All’esito del giudizio l’adito tribunale dichiarava la separazione personale dei coniugi, accogliendo la domanda di addebito a carico del marito; nello stesso provvedimento disponeva l’affidamento in via esclusiva il figlio minore alla madre ove peraltro, veniva collocato e poneva a carico del primo un assegno di mantenimento di 400,00 euro mensili.

Quanto alla domanda di addebito, il giudice di primo grado aveva fondato la propria decisione anche alla luce della sentenza di condanna alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione in ordine ai reati di cui agli artt. 572 e 582 c.p., pronunciata dal Tribunale di Ancona, ritenendo le condotte accertate di maltrattamenti e aggressioni anche di natura psicologica, di indubbia incidenza causale rispetto alla successiva separazione.

Il processo d’appello

Ebbene la decisione è stata confermata dai giudici della Corte d’Appello di Ancona, i quali hanno affermato che “la prova dell’addebito non deve necessariamente essere fornita mediante prova orale e che a tal fine ben possono essere utilizzate le risultanze documentali”.

Nel caso in esame, la sentenza penale di condanna doveva ritentarsi certamente idonea a comprovare l’assunto in punto di addebito della separazione e ciò a prescindere dal suo passaggio in giudicato.

Difatti secondo quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione “la sentenza penale non irrevocabile, ancorché non faccia stato nel giudizio civile circa il compiuto accertamento dei fatti materiali formanti oggetto del giudizio penale, ed attribuendo perciò al giudice civile il potere-dovere di accertarli e valutarli in via autonoma, costituisce in ogni caso una fonte di prova che il predetto giudice è tenuto ad esaminare e dalla quale può trarre elementi di giudizio, sia pure non vincolanti, su dati e circostanze ivi acquisiti con le garanzie di legge, soprattutto quando essi non risultino da mere valutazioni del giudice penale” (Cass. 24.02.2004 n. 3626).

La decisione

Peraltro, gli elementi acquisiti dall’istruttoria effettuata in sede penale risultavano evidentemente significativi dell’atteggiamento aggressivo assunto nel tempo da parte del ricorrente, nei confronti della moglie.

Ed invero, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, “anche un solo atto di percosse è idoneo a fondare la pronuncia di separazione personale, nonché di addebitabilità della separazione all’autore della condotta violenta, poiché essa integra una violazione talmente grave per cui il giudice non è tenuto neppure a comparare ad essa il comportamento contrario ai doveri coniugale del partner vittima delle violenze (Cass. 2017/22689), nella fattispecie in esame peraltro nemmeno dedotto”.

La redazione giuridica

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