Una sentenza del Tribunale di Firenze ha fornito specifiche in merito all’adescamento di minori sul web e alle circostanze in cui è reato

In che circostanze l’ adescamento di minori sul web può essere considerato reato?
Una sentenza del Tribunale di Firenze del 2 maggio 2017 ha fornito alcune precisazioni a riguardo.
Con la sentenza in oggetto che si occupava di adescamento di minori sul web, un uomo veniva assolto dall’accusa di aver compiuto uno tra i seguenti reati, quali detenzione di materiale pedopornografico, atti sessuali con minori, corruzione di minorenne. Il soggetto in questione comunicava abitualmente con i minorenni via chat utilizzando Facebook per contattarli.
L’uomo, accusato di adescamento di minori sul web, si metteva in contatto con i ragazzini richiedendo loro e ottenendo di potersi relazionare (a suo dire in amicizia) con l’espediente di pubblicare nel proprio profilo utente la foto ritraente un minore.

Il tutto non rivelando la propria età anagrafica e, contestualmente, rivolgendo agli stessi l’invito – sempre però disatteso e/o esplicitamente declinato- a instaurare un rapporto di amicizia e frequentazione.

Questo avveniva spesso attraverso il ricorso a espressioni quali “Io vi controllo tutti…sono il padrone vostro a Montelupo… …sono padrone di tutti i minorenni di Montelupo”; oppure “…lo sai che ho 37 anni oggi…ma sono un ragazzo sempre di 16 anni incarnato in un corpo di un uomo di 37 anni…”; ed ancora “…allora ti faccio comodo come amico ho visto le tue foto cazzo sei cool, fra poco metterò le mie con la mia moto… …potresti essere mio figlio, con me potresti avere quello che vuoi..sono un lupo hai visto, posso morderti e strapparti le palle…”.
Tale minaccia si riferiva all’abitudine dell’uomo di appostarsi nei luoghi solitamente frequentati dai minori, quali la biblioteca comunale di Montelupo Fiorentino e il parco urbano dell’Ambrogiana, dove aveva approcciato due dei minori poi contattati su Facebook, rivolgendo a quest’ultimo l’apprezzamento “Che bel moro che sei!”.
Il Tribunale di Firenze, però, ha chiarito che “La nuova fattispecie incriminatrice (609-undecies c.p.), introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento nell’autunno del 2012, in attuazione della c.d. Convenzione di Lanzarote in materia di “protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali”, punisce con la reclusione da uno a tre anni “chiunque allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici”.

Quanto all’adescamento, è descritto come “qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”.

La fattispecie si caratterizza quindi per un drastico arretramento della soglia di punibilità, punendo i fatti di adescamento non soltanto quando manchino atti esecutivi finalizzati all’organizzazione di un incontro a scopi sessuali con il minore adescato, ma anche quando non vi sia stata alcuna proposta di incontro col minore stesso.
È quindi importante effettuare un rigoroso accertamento del dolo specifico, e cioè del fatto che il colpevole abbia agito allo scopo di commettere uno dei reati sessuali espressamente richiamati dall’art. 609-undecies c.p.
Dunque, la condotta del soggetto deve rappresentare una effettiva condotta preparatoria di tali fattispecie.
Pertanto, la norma in esame non punisce qualsiasi forma di adescamento, anche se realizzato con artifici, lusinghe e minacce, ma soltanto l’adescamento che sia finalizzato, e quindi preparatorio, della commissione degli autentici reati sessuali.
Occorre quindi da parte del giudice un esame di elementi oggettivi che possano rivelare la finalità perseguita dall’adescatore, non potendosi ritenere integrato il reato quando il reale intento perseguito dall’adescatore non si sia ancora concretamente manifestato negli atti già realizzati e sia, pertanto, ancora del tutto incerto.
Alla luce di tali considerazioni, l’adescamento di minori sul web così come avvenuto nel caso preso in esame, necessita di alcune precisazioni.
Infatti, il reato contestato appare perfezionato sotto il profilo oggettivo, poiché si ravvisano nella condotta del soggetto espedienti menzogneri, lusinghe, gratificazioni e minacce, tutti posti in essere anche mediante il web e volti a carpire la fiducia dei minori.
Oltre a ciò, il soggetto ha contattato dei ragazzi (classe 1998, 1999 e 2000, e dunque all’epoca dei fatti tutti minori di sedici anni) al fine di instaurare con loro un rapporto di amicizia e di frequentazione.

Tuttavia, pur appurate queste circostanze, la fattispecie di reato non appare integrata sotto il profilo soggettivo.

Come già detto, infatti, la norma, oltre a richiedere il dolo generico consistente nella coscienza e volontà di realizzare tutti gli elementi oggettivi della fattispecie (eccezion fatta per l’età della vittima minore, in relazione alla quale, ai sensi dell’art. 609 sexies, potrebbe bastare un mero atteggiamento colposo) affinché vi sia un adescamento penalmente rilevante pretende l’ulteriore elemento del dolo specifico, essendo necessario che il reo agisca allo scopo di commettere i reati elencati dalla disposizione stessa.
Nello specifico, i reati in questione sarebbero: “riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù” (art. 600), “prostituzione minorile” (art. 600-bis), “pornografia minorile” (art. 600-ter), “detenzione di materiale pornografico” (art. 600-quater), anche relativi alla pornografia virtuale, “iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile” (art. 600-quinquies), “violenza sessuale” (art. 609-bis), “atti sessuali con minorenne” (art. 609-quater), “corruzione di minorenne” (art. 609-quinquies) e “violenza sessuale di gruppo” (art. 609-octies).
Nel caso in esame, però, non sono emersi elementi oggettivi indicativi del fatto che la finalità perseguita dall’imputato fosse la commissione di uno dei tre reati indicati nel capo d’imputazione (ovvero “detenzione di materiale pornografico”,”atti sessuali con minorenne” e “corruzione di minorenne” (art. 609-quinquies).
Pertanto, è plausibile che il reale intento perseguito dall’adescatore – soggetto senza lavoro e con problematiche di natura psichica – fosse unicamente quello di instaurare un rapporto con i ragazzi, dei quali peraltro non è mai riuscito a guadagnarsi la fiducia, senza che sia emerso nulla che consenta di ritenere provato che il suo comportamento sia stato mosso da fini sessuali.
 
 
 
 
 
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