In tema di affidamento condiviso, la Cassazione ricorda che la regola non impone la pariteticità dei tempi di permanenza del minore presso l’uno e l’altro genitore, purché venga fatta salva la continuità della frequentazione con il genitore non convivente in modo da consentire anche a quest’ultimo di svolgere pienamente le sue funzioni di cura, educazione, istruzione, assistenza materiale e morale (Corte di Cassazione, I civile, ordinanza 14 aprile 2025, n. 9772).
La vicenda
La coppia si rivolge al Tribunale di Basilea, che pronunciava una prima decisione in data 17/12/2018, omologando un accordo tra i genitori riguardo i rapporti con la figlia e adottava una seconda decisione in data 25/2/2019, con cui autorizzava la madre a trasferirsi a Roma, con la bambina, regolamentando il diritto di visita e frequentazione del padre. Con successiva decisione dell’8/4/2019, l‘Autorità svizzera per la protezione dei minori affermava che, riguardo le questioni inerenti il diritto di visita della minore, la competenza apparteneva alle autorità di residenza abituale della minore e che essa non era più territorialmente competente per l’esecuzione della regolamentazione sul diritto di visita.
L’uomo adisce il Tribunale di Roma, che ha pronunciato decreto dell’8/11/2020, affidando la minore ad entrambi i genitori, stabilendo che continui a vivere con la madre, regolando il diritto di vista del padre e imponendogli assegno per il mantenimento della minore di 1.000 euro, oltre quota pari all’85% delle spese straordinarie.
Il soccombente propone appello chiedendo la condanna della madre, una diversa regolamentazione dell’affidamento condiviso e del diritto di vista, rilevando che nel frattempo si era stabilito a Roma, e la riduzione dell’assegno mensile.
Il mantenimento
La Corte d’appello con provvedimento definitivo del 14/7/2022 ha ritenuto che sul mantenimento fosse efficace il provvedimento del Tribunale di Basilea passato in giudicato e che il Tribunale svizzero avesse declinato la propria giurisdizione, in favore di quella italiana, solo sul diritto di visita. Pertanto ha dichiarato inammissibile la domanda di provvedere in tema di mantenimento Pzdella minore revocando la precedente decisione resa sul punto dal Tribunale di Roma; ha invece diversamente regolato il diritto di visita.
Il suddetto provvedimento è stato oggetto sia di ricorso per Cassazione che di ricorso per revocazione proposto innanzi alla Corte d’appello di Roma, che si è pronunciata con sentenza del 26/7/2024, respingendo la domanda, sentenza impugnata per Cassazione e in trattazione della odierna causa a commento.
In sostanza l’uomo lamenta essere stata erroneamente dichiarata inammissibile la domanda di pronunciare provvedimenti sul mantenimento della minore e sulla ripartizione delle spese straordinarie, anziché affermare la giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana sulle stesse. E che la sentenza del Tribunale di Basilea sia stata dichiarata esecutiva.
Le censure sono fondate e vengono accolte dalla Cassazione
L’errore della Corte d’appello nell’avere ritenuto non sussistente la propria giurisdizione a pronunciarsi sul mantenimento della minore, sull’erroneo presupposto che fosse passata in giudicato la decisione del Tribunale di Basilea del 25 febbraio 2019 e divenuta esecutiva e, quindi, una eventuale domanda in ordine al mantenimento dovesse essere presentata come domanda di modifica delle condizioni delle separazione.
Il ricorrente deduce che in ogni caso il provvedimento adottato dal Giudice svizzero era un provvedimento provvisorio e urgente, già caducato, in quanto non è stato oggetto di conferma con provvedimento definitivo e non passata in giudicato. Il ricorrente deduce inoltre che successivamente all’emissione della decisione del 25 febbraio 2019, con il quale la madre era stata autorizzata a trasferirsi a Roma con la bambina, il Tribunale del Cantone di Basilea-Città ha pronunciato, sempre nel medesimo procedimento, in data 29 maggio 2019 il provvedimento con cui ha declinato la giurisdizione in favore dell’autorità giudiziaria italiana, in ragione del fatto che “con il trasferimento (legittimo) della minore viene meno la competenza dei tribunali svizzeri e si produce la nullità di qualsiasi procedimento d’impugnazione presentato in Svizzera”.
Obbligazioni alimentari e competenza giurisdizionale
In materia di obbligazioni alimentari la competenza giurisdizionale a conoscere la domanda relativa ai provvedimenti economici per il figlio, trattandosi di una domanda accessoria all’azione relativa alla responsabilità genitoriale, spetta al Giudice competente a conoscere quest’ultima domanda. Rileva inoltre che quanto ritenuto dalla Corte d’appello nel decreto in parola è in palese contrasto con quanto è stato in precedenza statuito dalla stessa Corte d’appello civile di Roma con la sentenza n. 5759/2021 resa inter partes con la quale è stata respinta la domanda della moglie per sentire dichiarare efficace in Italia la decisione del 25 febbraio 2019.
Tutte le argomentazioni sono fondate
La Corte d’appello ha negato la propria giurisdizione sulla domanda di mantenimento facendo riferimento ad una decisione del Tribunale di Basilea del 25 febbraio 2019 erroneamente ritenuta esecutiva in Italia.
L’art. 33 della Convenzione di Lugano del 30/10/2007 ha disposto che le decisioni emesse in uno Stato vincolato dalla suddetta Convenzione sono riconosciute negli altri Stati vincolati dalla Convenzione senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento. In caso di contestazione, tuttavia, ogni parte interessata che chieda il riconoscimento in via principale può far constatare, seguendo il relativo procedimento, che la decisione debba essere riconosciuta. La sentenza della Corte d’appello n. 5759/2021, dimostra appunto che era stato instaurato il procedimento per la dichiarazione di efficacia delle decisioni svizzere e che erano stati revocati i decreti che avevano in un primo momento riconosciuto efficaci in Italia le predette decisioni estere.
La circostanza che la sentenza che nega l’exequatur non sia assistita dalla certificazione del passaggio in giudicato, “non è dirimente perché spettava semmai alla moglie, a fronte della contestazione della efficacia in Italia della decisione del Tribunale svizzero (dimostrata dal fatto stesso che si era instaurata una contesa sul punto), che la decisione estera fosse stata munita di exequatur. Ha quindi errato la Corte di merito a considerare efficaci in Italia le decisioni del Tribunale svizzero e ciò pur prendendo atto che «è giocoforza ritenere che il marito abbia contestato il riconoscimento della decisione del Tribunale Civile del Cantone di Basilea-Città del 25/2/2019, conseguendone la necessità dell’apposito procedimento di riconoscimento”.
La competenza giurisdizionale del Giudice italiano
È altresì dirimente la considerazione che una volta trasferitasi in Italia la minore – su autorizzazione del Tribunale svizzero e quindi legittimamente – e stabilitasi qui la sua residenza abituale si è radicata la competenza giurisdizionale del Giudice italiano a decidere sul suo affidamento e quindi anche sulle connesse obbligazioni alimentari ai sensi dell’art. 5 della Convenzione di Lugano in materia di obbligazioni alimentari del 30/10/2007, che stabilisce la competenza giurisdizionale del Giudice del luogo in cui il creditore di alimenti ha il domicilio o la residenza abituale.
La convenzione di Lugano stabilisce anche che qualora si tratti di una domanda accessoria a un’azione relativa alla responsabilità genitoriale, la competenza è devoluta al Giudice competente a conoscere di quest’ultima secondo la legge nazionale.
La regola della accessorietà della domanda di mantenimento a quella di affidamento del minore e responsabilità genitoriale non è certamente un unicum dei rapporti tra Italia e Svizzera essendo quella adottata in ambito europeo (art. 3, lett. d, del Regolamento CE n. 4 del 2009), rispondente al principio della concentrazione delle tutele e della vicinitas tra il minore ed il Giudice chiamato a decidere delle questioni che lo riguardano e quindi ritenuta all’evidenza la più idonea a realizzare il miglior interesse del minore.
Effettivamente la Corte di merito ha adottato la decisione muovendo dal presupposto che vi fosse una situazione di incertezza circa la residenza del padre (“Non è però certo se e per quanto tempo egli possa trattenersi a Roma, piuttosto che risiedere continuativamente in Svizzera dove ancora risulta avere la sede di lavoro”).
La regola dell’affidamento condiviso
Ebbene la Cassazione ricorda che la regola dell’affidamento condiviso non impone la pariteticità dei tempi di permanenza del minore presso l’uno e l’altro genitore, purché venga fatta salva la continuità della frequentazione con il genitore non convivente in modo da consentire anche a quest’ultimo di svolgere pienamente le sue funzioni di cura, educazione, istruzione, assistenza materiale e morale.
Il provvedimento di affidamento deve quindi adottarsi in base alla valutazione in concreto, e non in astratto, del miglior interesse del minore, sicché non può prescindersi dalla piena consapevolezza di quali siano le condizioni sociali economiche, lavorative e abitative dei genitori e di quali siano alla attualità le esigenze del minore stesso. Mentre in questo caso la Corte d’appello oltre a non avere tenuto conto del definitivo trasferimento in Italia del ricorrente non ha neppure atteso che pervenisse la relazione aggiornata da parte dei servizi sociali decidendo sulla base degli atti pregressi.
Ed ancora la Corte d’appello si è limitata a una apodittica affermazione di genericità delle istanze senza nulla motivare. La motivazione si riduce quindi ad una stereotipata enunciazione di infondatezza della domanda e non raggiunge il cd. minimo costituzionale.
Conclusivamente, in accoglimento dei motivi viene disposta la cassazione del provvedimento impugnato e il rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno