L’alluvione di Sarno del 1998 rappresenta una delle tragedie più gravi della storia recente italiana. Questo commento analizza il tema della responsabilità per fatto altrui, con particolare attenzione al ruolo del Comune e del sindaco, alla luce della giurisprudenza civile e penale intervenuta negli anni successivi.
I fatti
Chiamato a giudizio è il Comune di Sarno per i fatti tristemente noti derivanti dall’alluvione del maggio 1998.
La complicata vicenda oggetto del presente giudizio trae origine da quella conclusa in ambito penale dalla decisione n. 5996/2011 della Corte d’appello Penale di Napoli, confermata dalla Cassazione con decisione n. 19507/2013. Con questa condannava il sindaco di Sarno alla pena di anni cinque di reclusione per avere, in violazione di regole di comune esperienza, prudenza, diligenza e di leggi e regolamenti, cagionato la morte di centotrentasette persone in occasione dell’alluvione del 5 maggio 1998.
La condanna, in via solidale con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e il Comune di Sarno, quali responsabili civili, è anche al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 30.000 euro in favore delle costituite parti civili.
Ordinanza del Tribunale di Salerno e responsabilità solidale
Il Tribunale di Salerno con ordinanza resa ai sensi dell’art. 702-ter, comma 5, c.p.c. in data 9 dicembre 2020, nel definire il giudizio n. 4482/2015 Rgc, introdotto da una delle vittime, in proprio e quale erede del padre, per conseguire il risarcimento dei danni non patrimoniali patiti a causa del decesso del proprio genitore, verificatosi nel corso dell’alluvione del 5 maggio 1998:
- accoglie parzialmente la domanda e, per l’effetto, condannato il Sindaco, il Comune di Sarno, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno, in via solidale, al pagamento della somma di 135.330 euro, a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti per la perdita del rapporto parentale, oltre interessi al tasso legale da calcolarsi con le modalità indicate in motivazione.
- accoglie, inoltre, la domanda di regresso spiegata in via riconvenzionale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Interno nei confronti del Sindaco di Sarno e, per l’effetto, condanna quest’ultimo a pagare alle predette amministrazioni statali l’intera somma che le stesse avrebbero corrisposto al ricorrente.
Appello e rigetto del gravame da parte della Corte d’appello
La Corte d’Appello di Salerno decidendo sull’impugnazione proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Interno avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Salerno, rigetta il gravame, con condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno, in via solidale, alla refusione, in favore del Comune di Sarno, delle spese del secondo grado del giudizio.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno hanno proposto ricorso per cassazione. Secondo i ricorrenti la Corte d’Appello di Salerno, nel rigettare la censura sul mancato accoglimento della domanda di regresso nei confronti del Comune di Sarno per assenza di colpa, ha qualificato la responsabilità del Comune di Sarno a titolo di responsabilità per fatto altrui, anziché per fatto proprio colpevole, così ritenendo non applicabile la disciplina sull’azione di regresso di cui all’articolo 2055, comma 2 del Codice Civile.
Principio sulla responsabilità per fatto altrui della pubblica amministrazione
La censura è fondata. Viene data continuità al principio secondo cui il comportamento della P.A. che può dar luogo, in violazione dei criteri generali dell’art. 2043 c.c., al risarcimento del danno per il fatto penalmente illecito del dipendente, o si riconduce all’estrinsecazione del potere pubblicistico e cioè a un formale provvedimento amministrativo, emesso nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, oppure si riduce a una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali.
Nel primo caso (attività provvedimentale o, se si volesse generalizzare, istituzionale in quanto estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà), l’immedesimazione organica di regola pienamente sussiste ed è allora ammessa la responsabilità diretta in forza della sicura imputazione della condotta all’ente. Nel secondo caso, di attività estranea a quella istituzionale o comunque materiale, ove pure vada esclusa l’operatività del criterio di imputazione pubblicistico fondato sull’attribuzione della condotta del funzionario o dipendente all’ente, opera (nei limiti indicati dalle Sezioni Unite, profilo qui non rilevante) il diverso criterio della responsabilità per fatto altrui indiretta, per fatto del proprio dipendente o funzionario, in forza di principi corrispondenti a quelli elaborati per ogni privato preponente e desunti dall’art. 2049 c.c. (Cass. Sez. U. 16/05/2019, n. 13246).
Comportamento omissivo del sindaco e natura istituzionale della condotta
La Corte ha concluso il procedimento penale per omicidio colposo plurimo nei confronti del Sindaco e ritenuto, quanto all’imputazione sollevata nei confronti di questi, che:
- “non considerava la “mappa dei rischi” allegata al menzionato piano di protezione civile, nella quale quello derivante da alluvioni, frane e valanghe veniva ritenuto di “grado alto” e, quindi, degno della massima attenzione, con la indicazione degli adempimenti da attuarsi al verificarsi dell’emergenza.
- Ometteva di dare tempestivamente il segnale di allarme alla popolazione, di disporre l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio, di convocare ed insediare tempestivamente il comitato locale per la protezione civile, di dare tempestivo e congruo allarme alla Prefettura di Salerno alla quale, anzi, fino alle ore 20.47, forniva notizie imprudentemente rassicuranti sull’emergenza in corso, suscettibili di non provocare l’adeguato allertamento degli organi competenti;
- Forniva alla popolazione in pericolo notizie imprudentemente rassicuranti sulla emergenza in atto, diffondendo due appelli televisivi…, con i quali invitava i cittadini a restare nelle proprie abitazioni, facendo così ritenere che la situazione fosse sotto controllo ed inesistente il pericolo.
- Inoltre, a fronte di una precisa richiesta di evacuazione dei plessi ospedalieri di Sarno, in pericolo, avanzata dall’Autorità sanitaria competente, rifiutava tale evacuazione assumendo la insussistenza di pericolo per la vita dei pazienti”.
Immedesimazione organica e responsabilità diretta dell’ente
L’attività colposa di cui si discute non è meramente materiale ed estranea ai compiti istituzionali, tale da essere legata solo da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri esercitati, ma è istituzionale nel senso di estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà; la circostanza che l’attività non sia per lo più collegata a un formale provvedimento amministrativo ed integri piuttosto una condotta di tipo omissivo non muta i termini della questione poiché “l’omessa adozione di un provvedimento amministrativo non costituisce comportamento materiale, ma illegittima condotta istituzionale (peraltro al sindaco risultano imputate anche condotte di carattere commissivo sotto il profilo delle notizie imprudentemente rassicuranti fornite durante l’emergenza in corso: anch’esse sono attività ricollegate al potere a lui spettante quale organo sia del Comune, sia della Presidenza, sia del Ministero).
L’attribuzione del potere illegittimamente non esercitato è criterio di responsabilità dell’autorità rimasta inerte, per cui non esercitare il potere non è un contegno meramente materiale della persona fisica, ma azione amministrativa illegittima ove quel potere doveva essere esercitato; sia le attività omesse dal sindaco, sia le attività positive compiute con esternazioni verso la cittadinanza, pur non essendosi concretate nell’adozione di provvedimenti – ma, rispettivamente, le prime, appunto nell’omessa adozione di questi, le seconde in attività comunque riconducibili alla funzione del sindaco nella prevenzione delle calamità – sono comportamenti che debbono considerarsi espressione della funzione del sindaco.
Rilevanza della funzione del sindaco e diritto al regresso tra enti
Le prime, in particolare, risultano certamente ex necesse imputabili al rapporto organico sebbene come espressione di mancato esercizio di un potere, le seconde altrettanto certamente sono espressione di detto rapporto, atteso che i messaggi alla cittadinanza, pur non essendo provvedimenti, comunque integrano operazioni materiali espressione del detto rapporto:
non in altra veste o per altri scopi essi sono stati posti in essere dal sindaco, ma proprio nell’esercizio, purtroppo malamente interpretato, dei poteri che nel suo ruolo di organo al tempo stesso di tre amministrazioni (Comune, Presidenza del Consiglio e Ministero dell’Interno) gli erano conferiti. Costituendo manifestazione di attività istituzionale anche l’omesso esercizio di potestà pubblica, la responsabilità del Comune nel caso di specie ha carattere diretto ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per cui non vi è ostacolo, anche secondo l’assunto del giudice di merito, all’esercizio dell’azione di regresso ai sensi del secondo comma dell’art. 2055 c.c. da parte delle Amministrazioni statali ricorrenti (conformemente, peraltro, all’indirizzo di questa Corte: v. Cass. n. 856 del 1982, n. 17763 del 2005, n. 24802 del 2008, n. 24567 del 2017).
Responsabilità diretta ai sensi dell’art. 2043 c.c. e rinvio alla Corte d’appello
Ergo, sussiste la responsabilità diretta della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per il fatto penalmente illecito commesso dalla persona fisica appartenente all’amministrazione, tale da far reputare sussistente l’immedesimazione organica con quest’ultima, non solo in presenza di formale provvedimento amministrativo, ma anche quando sia stato illegittimamente omesso l’esercizio del potere autoritativo”; resta fermo, naturalmente, che la commisurazione, in concreto, delle responsabilità degli enti (di ciascuno dei quali il sindaco, come s’è detto, era organo), nel riparto interno tra di essi ai fini del regresso, resta regolata dall’art. 2055 cod. civ. e dalle regole di riparto degli oneri di allegazione e prova che da esso discendono (v. Cass. 10/02/2017 n. 3626; Cass. 11/11/2019 n. 28987, in motivazione).
Conclusivamente, la sentenza impugnata viene cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione personale (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 16 aprile 2025, n. 9964).
Avv. Emanuela Foligno