La decisione a commento tratta della particolare disciplina del D.Lgs. n. 272 del 1999, con particolare attenzione alle applicazioni “allargate” dell’art. 38. La Cassazione analizza un caso di incidente mortale durante lavori portuali a Livorno e chiarisce come va applicata la normativa sulla sicurezza, spiegando i doveri dell’impresa capo-commessa nei confronti dei lavoratori. (Cassazione penale sez. IV, dep. 30/05/2024, n.21528).
Il caso
L’operaio perde la vita il 15/6/2010, intorno alle ore 08:30 nel porto di Livorno durante l’attività lavorativa alla quale era addetto, svolta come dipendente di una società cooperativa sociale che operava sulla banchina n. 78 che fronteggiava il bacino galleggiante Mediterraneo.
Il decesso avveniva in seguito alla caduta in mare del lavoratore che veniva successivamente avvistato e poi recuperato dai sommozzatori dei vigili del fuoco nel braccio di mare tra la banchina e la murata del bacino galleggiante a circa 9 m di profondità con ancora indosso la tuta da lavoro e le scarpe antinfortunistiche. La causa di morte veniva individuata nell’annegamento e veniva accertata l’assenza di patologie organiche su base morfologica escludendo, quindi, concause diverse da quella dell’annegamento e riscontrando una serie di lesioni sicuramente coeve alla caduta in mare.
L’attività lavorativa nel corso della quale il lavoratore è deceduto si svolgeva nell’ambito dei lavori di sabbiatura di una motonave. In particolare l’infortunato era addetto alle macchine per l’operazione di sabbiatura dello scafo della motonave con le macchine posizionate sulla banchina nella fascia prospiciente la murata del bacino galleggiante, posta a metri 3,70 dal ciglio della banchina la cui altezza dal pelo dell’acqua era di poco meno di 2 m e il fondale di 12 m.
La vicenda giudiziaria
La Corte di Appello di Firenze (sent. n. 4785 del 2022) confermava la decisione del Tribunale di Livorno ma con parziale riforma, limitata alla sola pena per datore di lavoro, committente e appaltatore, ai quali veniva ridotta la pena a mesi 8 di reclusione, confermando nel resto la condanna di primo grado per tutti gli altri imputati, ad anni uno di reclusione.
Avverso la sentenza di appello ricorrono tutti gli imputati. In particolare, il datore di lavoro osserva che il Giudice di primo grado ha ritenuto la omessa indicazione nel DVR del rischio di caduta in mare e dunque di considerare che una parte dei lavori portuali doveva essere svolto sulla banchina e a filo banchina.
Interpretazione dell’art. 38 D.Lgs. n. 272 del 1999 e violazione di legge dell’art. 38
Ciò costituirebbe una dilatazione semantica della posizione di garanzia descritta dall’art. 38 D.Lgs. n. 272 del 1999. Secondo l’interpretazione dei ricorrenti il citato art. 38, che, invece, pone a carico delle singole imprese esecutrici gli obblighi relativi ai rischi specifici propri dell’attività delle stesse. L’interpretazione data dal giudice di merito sarebbe il risultato di un ampliamento della sfera di competenza della gestione del rischio che a sua volta costituisce l’identificazione della posizione di garanzia.
In sintesi, la violazione di legge dell’art. 38 citato sarebbe costituita dalla violazione della sfera di responsabilità dell’impresa capocommessa relativamente ai rischi che oggettivamente emergono dall’interferenza di più lavorazioni da parte di una pluralità di imprese. Il giudizio di rigetto della Cassazione si basa sull’interpretazione della legge che prevede l’obbligo di valutazione del rischio interferenziale. In particolare, la Cassazione ha sottolineato la necessità di una gestione dei rischi in ambito portuale che coinvolge il committente e tutte le imprese esecutrici.
La disciplina specifica per i lavori portuali
Per le i lavori portuali e le attività che si svolgono nei porti, comprese le operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, vige la disciplina prevista dal D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 272 che ha “lo scopo di adeguare la vigente normativa sulla sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro alle particolari esigenze delle operazioni e dei servizi svolti nei porti”. L’art. 38, D.Lgs. n. 272 del 1999 prevede che “Qualora i lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione siano eseguiti da più imprese, l’armatore o il comandante della nave designa l’impresa capo-commessa”.
La disposizione si occupa in modo specifico soltanto dei lavori di manutenzione, riparazione e trasformazione, e prevede espressamente che l’armatore (o il comandante della nave), quale soggetto committente che richiede tali lavori eseguiti da più imprese, ha un obbligo specifico ed ulteriore, ma non alternativo o sostitutivo, rispetto a quelli previsti in generale per i committenti dall’art. 26 D.Lgs. n. 81 del 2008.
Obblighi del titolare dell’impresa capo-commessa
Il titolare dell’impresa capo-commessa, ai sensi del comma 2 dell’art. 38 cit., “nomina il responsabile tecnico dei lavori a bordo ed elabora il documento di sicurezza di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche”. È da intendersi che l’art. 38, D.Lgs. n. 272 del 1999 obbliga l’impresa capocommessa, a redigere uno speciale e più ampio D.V.R. “contenente anche” una serie di misure organizzative che si aggiungono a quelle previste in via generale e che riguardano il ruolo delle varie imprese chiamate dalla capo-commessa a eseguire i lavori.
Queste ulteriori e aggiuntive misure riguardano:
- a) l’individuazione delle fasi di lavoro e delle principali attrezzature utilizzate, e delle imprese che eseguono i lavori.
- b) l’indicazione del tecnico responsabile dei lavori a bordo.
- c) la localizzazione ed il numero medio dei lavoratori per ogni fase ed ambiente di lavoro.
- d) le fasi nelle quali si può verificare la presenza contemporanea di un numero consistente di lavoratori che svolgono lavorazioni diverse in uno stesso ambiente.
- e) la descrizione delle misure di sicurezza e di igiene per le diverse fasi di lavorazione, con particolare riguardo a quelle svolte in ambienti nei quali siano prevedibili situazioni di maggiore rischio.
- f) l’indicazione delle misure da mettere in atto per la prevenzione, la lotta contro l’incendio, per la gestione dell’emergenza e del pronto soccorso.
Conclusioni della Cassazione
Questi ulteriori obblighi si fondano sulla peculiarità dei lavori in area portuale affidando una specifica valutazione del rischio alla capo-commessa il cui titolare “consegna copia del documento…alle imprese che operano a bordo, che hanno l’obbligo di attenersi alle procedure in esso contenute ed a informare i lavoratori del suo contenuto prima dell’inizio dei lavori”. Ebbene, in caso di appalto, il rischio specifico ricadrebbe soltanto su ciascuna impresa esecutrice.
L’obbligo di valutazione del rischio interferenziale non si fonda solo sul tipo di contratto ma sulla sinergia dei rischi che ricade su chi ha scelto di realizzare un’attività lavorativa ricorrendo a più imprese e deve quindi gestire tale complessità.
Concludendo, tutti i ricorsi vengono rigettati perché non si confrontano con la lettura dell’art. 38 citato e con le funzioni del RSPP, volte alla ricerca e alla valutazione dei rischi.
Avv. Emanuela Foligno