I medici dovrebbero dedicare all’ aggiornamento ECM, all’interno dell’orario di lavoro, circa 170 ore che invece vengono in gran parte dedicate all’assistenza

Le aziende sanitarie sono tenute, per legge, a utilizzare l’1% dei fondi regionali per erogare aggiornamento ECM (Educazione Continua in Medicina) ai propri medici. In realtà, secondo la FNOMCeO, sempre più Regioni, soprattutto quelle in piano di rientro, dirotterebbero i fondi aziendali su altri obiettivi, per appianare i bilanci.

Se ne è parlato in una tavola rotonda a Bari, nell’ambito delle ‘Giornate della Formazione medica’ organizzate dall’OMCeO del capoluogo pugliese. L’incontro si è focalizzato in particolare sui cambiamenti dell’ECM in un contesto di carenza di specialisti e medici di Medicina Generale, di ‘autodimissioni’ degli operatori dagli ospedali pubblici per fuggire verso il privato, di tetti alle spese per il personale, di razionalizzazione dei bilanci.

Per la Federazione nazionale dei medici, partner organizzativo dell’iniziativa, non si possono sacrificare sull’altare della quadratura di bilancio le necessità di formazione dei professionisti. Queste, infatti, sono garanzia di qualità e sicurezza a tutela della salute dei cittadini.

Per questo Fnomceo sta lavorando con l’Agenas ad un protocollo per favorire l’accesso di tutti i medici alle banche dati delle riviste scientifiche. Un’iniziativa rivolta anche ai camici bianchi che non operano all’interno di strutture universitarie o di ricerca.

Ma al di là dei fondi e dell’accesso alle fonti scientifiche – si legge in una nota – il nodo dell’ aggiornamento ECM “sta nella carenza di personale”. I medici, per contratto, dovrebbero dedicare alla formazione, all’interno dell’orario di lavoro, circa 170 ore che invece vengono in gran parte dedicate all’assistenza.

“Mai come nel 2018 abbiamo ricevuto da parte di colleghi segnalazioni di difficoltà persino ad usufruire delle ferie estive a causa della carenza di personale”.

Lo riferisce il Vicepresidente Fnomceo, Giovanni Leoni. “In alcuni casi – continua – sono state bloccate le ferie ai dipendenti perché si dovevano comunque garantire i servizi ai cittadini”.

Per la Federazione, in un contesto di questo tipo l’aggiornamento professionale diventa una chimera. La carenza di medici non si può risolvere semplicemente con l’abolizione del numero chiuso all’università, ma con il superamento dell’imbuto formativo. Tra cinque anni potremmo avere 20mila neo laureati in medicina all’anno che rimangono sospesi in un limbo privo di sbocchi professionali. Il tutto a causa del disallineamento tra numero di accessi al percorso universitario e numero di borse di studio di specializzazione e di medicina generale.

“Si tratta di giovani laureati su cui il Paese ha investito e che già oggi cercano lavoro all’estero – sottolinea l a FNOMCeO -. E’ come se ogni anno regalassimo a paesi esteri 1500 Ferrari: un patrimonio di conoscenze, competenze e risorse economiche che l’Italia perde”.

 

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