Accolta la pretesa risarcitoria di una donna che chiedeva di essere indennizzata per essere stata aggredita da un pitbull

Con la sentenza n. 9661/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da una donna che chiedeva il risarcimento del danno per essere stata aggredita da un pitbull. La signora aveva citato in giudizio la proprietaria del quadrupede la quale, costituendosi, aveva rilevato come, al momento del fatto, l’animale fosse custodito da un’altra donna e dal suo fidanzato

In primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda dell’attrice condannando la proprietaria ai sensi dell’art. 2052 del codice civile (danno cagionato da animali), in solido con la compagnia assicuratrice e l’uomo che aveva in custodia il cane.

Quest’ultimo aveva proposto ricorso in appello e la Corte territoriale gli aveva dato ragione rilevando che la responsabilità del proprietario, riconosciuta in primo grado, andava ad escludere quella del custode, essendo le medesime alternative l’una all’altra.

La parte offesa, quindi, ricorreva per cassazione lamentando che la concreta dinamica dei fatti avrebbe comprovato, nel caso di specie, la responsabilità solidale del proprietario e del custode, posto che nessuno dei due aveva dimostrato l’imprevedibilità, eccezionalità o inevitabilità dell’evento, tanto più che entrambe le condotte avevano contribuito a determinare l’evento.

I Giudici Ermellini hanno ritenuto il motivo fondato.

La Cassazione ha infatti precisato che la responsabilità oggettiva prevista dall’art. 2052 c.c. può essere posta a carico, in via alternativa, del proprietario dell’animale o di chi se ne serve per il periodo in cui l’ha in uso; e l’alternatività è dimostrata dall’uso della congiunzione disgiuntiva “o” contenuta nella norma. La giurisprudenza di legittimità, tuttavia, ha anche chiarito che il carattere alternativo concerne la responsabilità ai sensi della disposizione citata, ma che tanto non impedisce “che dell’azione dell’animale possa rispondere anche altro soggetto, svincolato da un rapporto di custodia”; in tal caso non si tratta più di una responsabilità ai sensi dell’art. 2052 c.c, bensì “di responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2043 c.c., la quale presuppone l’accertamento del dolo o della colpa e può concorrere con quella indicata dall’art. 2052 c.c.”

Nel caso in esame si era realizzata una situazione di questo genere. La sentenza impugnata, infatti, aveva dato conto del fatto che il Tribunale avesse affermato la responsabilità solidale della proprietaria, della società di assicurazione della medesima e del custode, la prima ai sensi dell’art. 2052 c.c. e quest’ultimo ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Il primo giudice, quindi, aveva condannato entrambi i soggetti che avevano avuto la responsabilità dell’animale, sul presupposto evidente che la danneggiata avesse esteso la propria domanda, ai sensi dell’art. 2043 cit., nei confronti del custode.

Di conseguenza, la Corte d’appello non poteva escludere la responsabilità di quest’ultimo per il solo fatto che fosse stata ritenuta la responsabilità della proprietaria, posto che i titoli erano diversi, ed avrebbe invece dovuto spiegare il perché fosse da escludere la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2043 c.c.

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