Confermata in Cassazione la condanna di un imputato accusato di rapina in concorso aggravata dalla minorata difesa della vittima

Era stato condannato dai Giudici del merito per il reato di rapina in concorso, aggravata anche ai sensi dell’art. 61 n. 5 cod. pen. avendo, come recita la norma, “profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”.

Nel ricorrere per cassazione l’imputato contestava, tra gli altri motivi, il riconoscimento dell’aggravante in questione sull’unico presupposto del dato anagrafico della vittima.

La Suprema Corte, tuttavia, con la sentenza n. 23347/2020 ha ritenuto di respingere il ricorso in quanto inammissibile perché fondato su motivi che si risolvevano nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e motivatamente disattesi dalla Corte territoriale, dovendo considerarsi gli stessi non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvevano la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso.

Con riferimento all’aggravante dell’età della vittima, ultraottantenne, i Giudici Ermellini hanno inoltre specificato che se è vero che “l’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacita di resistenza della vittima, dovendo essere valutata la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità dei soggetto passivo dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio”, è altresì evidente che la corte territoriale ha tenuto presente non solo il dato anagrafico ma anche delle specifiche condizioni in cui si era svolta l’azione delittuosa, indici di maggiore fragilità della quale il ricorrente aveva approfittato (ambiente isolato, in aperta campagna, con aggressione da parte di due persone molto più giovani e prestanti dell’anziana vittima).

Da li il rigetto dell’impugnazione e la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese del procedimento oltre che del versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di 2.000 euro a titolo di sanzione pecuniaria.

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