Una sentenza della Suprema Corte ha fornito maggiori chiarimenti sull’ agire o resistere in giudizio e sui casi in cui sussista la malafede

Con la sentenza n. 2584/2016 la Corte di Cassazione ha fornito precisazioni circa l’ agire o resistere in giudizio laddove sussista la malafede.
I giudici, con la pronuncia in oggetto, hanno definito meglio i confini della cosiddetta “lite temeraria”.
Con lite temeraria si intende infatti la condotta di colui che decide di agire o resistere in giudizio con malafede o colpa grave. Finendo poi per soccombere alle ragioni avversarie.
Un principio fondamentale, questo, che prevede la condanna di tali soggetti al pagamento di una somma ulteriore rispetto alle spese di lite.
Questa somma viene generalmente liquidata equitativamente sulla base degli importi tabellari relativi al valore del giudizio.
L’importanza fondamentale della pronuncia in commento, risiede nelle specificazioni che gli Ermellini hanno compiuto ampliando e specificando i confini della detta responsabilità.
La malafede e la colpa grave, nel caso in questione, possono essere individuate non sono nelle condotte di chi sceglie di agire o resistere in giudizio pur avendo dolo e colpa conclamate.
Questa si configura anche nelle condotte di coloro i quali sostengono una tesi che non è confortata dalla giurisprudenza consolidata.
Si intendono cioè, coloro che non offrono valide opinioni, supportate da precisi elementi, in grado di poter favorire un diverso indirizzo giurisprudenziale.
Nel caso di specie, i giudici si sono occupati di una vertenza riguardante un incidente stradale.
L’automobilista in questione ha sostenuto le proprie ragioni in maniera del tutto infondata e fantasiosa. L’uomo non ha offerto uno spunto di riflessione interpretativa, in presenza di un constante e consolidato orientamento contrario.

Il risultato è stato il suo soccombere nella lite e la condanna al pagamento della somma di 5.000,00 euro equitativamente individuata, come danno da lite temeraria.

Contestualmente, osservano i giudici, agire o resistere in giudizio con malafede o colpa grave, significa alimentare un giudizio oneroso per la controparte.
E questo pur avendo la certezza della infondatezza delle proprie difese.
Si tratta, dunque, di una condotta grave. Al punto che tanto più evidente sarà la condotta scorretta, tanto più sarà liquidabile il danno in discorso.
 
Per un migliore approfondimento su tale argomento leggere il commento dell’Avv. Gianluca Mari
 
 
 
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