Responsabilità penale della RSA per la somministrazione di alimenti avariati (Cassazione penale, sez. III, dep. 17/10/2023, n.42248).
Il Tribunale di Lamezia Terme condannava il rappresentante legale della RSA alla pena di 600 euro di ammenda, poiché deteneva per la preparazione e somministrazione dei pasti agli ospiti della struttura per anziani sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione.
Il ricorso in Cassazione
La decisione viene impugnata dal soccombente in Cassazione il quale deduce (con la prima censura), che dal capo di imputazione non emergerebbe il titolo per cui l’imputato doveva rispondere della contravvenzione ascrittagli; né la circostanza che lo stesso possa essere amministratore legale, peraltro non affermata nel capo di imputazione, consentiva di risolvere il tema della responsabilità del medesimo, in quanto nella struttura esisteva una figura deputata alla distribuzione e somministrazione dei pasti. Inoltre, sempre secondo la tesi dell’imputato, il Giudice di merito non avrebbe tenuto conto che il reato contestato è di danno e che le rilevanze probatorie avrebbero evidenziato che gli alimenti congelati non avevano patogeni pericolosi per la salute e che la carne era stata comprata fresca e surgelata per la successiva somministrazione.
La doglianza viene ritenuta inammissibile.
Con riferimento alla disciplina igienica dei prodotti destinati all’alimentazione, e sulla base della disposizione di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b), della detenzione o somministrazione di un prodotto non conforme alla normativa, deve rispondere, in caso di società od impresa, a titolo di colpa, il legale rappresentante della stessa, essendo allo stesso riconducibili le deficienze della organizzazione di impresa e la mancata vigilanza sull’operato del personale dipendente, salvo che il fatto illecito non appartenga in via esclusiva ai compiti di un preposto, appositamente delegato a tali mansioni in caso di organizzazione aziendale complessa.
In tal senso la Suprema Corte menziona svariati precedenti (Sez. 3, n. 46710 del 17/10/2013; Sez. 3, n. 11835 del 19/02/2013; Sez. 3, n. 4067 del 16/10/2007; Sez. 3 n. 11909 del 22/02/2006; Sez. 3, n. 36055 del 09/07/2004, nonché Sez. 3, n. 19642 del 06/03/2003), secondo i quali, in casi di organizzazioni complesse, la sussistenza di una delega di responsabilità, anche organizzative e di vigilanza, per le singole sedi, si deve presumere “in re ipsa“, anche in assenza di un atto scritto.
Nel caso concreto, l’imputato – essendo il legale rappresentante della RSA – è da ritenersi responsabile per il reato contestato.
La doglianza viene ritenuta inammissibile in quanto il ricorrente non specifica quali funzioni concretamente svolgerebbe il soggetto preposto alla distribuzione dei pasti agli anziani.
Reato di “detenzione di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione”
Quanto alla sussistenza del reato, viene richiamato l’orientamento secondo cui il congelamento del prodotto effettuato in maniera inappropriata integra il reato di “detenzione di prodotti alimentari in cattivo stato di conservazione”, in quanto il cattivo stato di conservazione è riferibile non soltanto alle caratteristiche intrinseche del prodotto alimentare, ma anche alle modalità estrinseche con cui si realizza. Il congelamento ordinario della carne costituisce modalità ritenuta rischiosa in quanto, tecnicamente, l’unico procedimento idoneo a conservare la carne nel tempo, alternativo alla surgelazione, è il congelamento mediante ricorso ad abbattitori di temperature (cfr. Sez. 3, n. 15094 del 11/03/2010, Rv. 246970 e Sez.3, n. 41677de1 2018, non mass., nonché Sez. 3, n. 9909 del 24/06/1999, Rv. 214342).
La decisione impugnata è in linea con tale principio di diritto suesposto, rispetto al quale il ricorrente non si confronta, confermata, pertanto, la sua responsabilità per la somministrazione di alimenti avariati.
Avv. Emanuela Foligno