Confermata la condanna del titolare della posizione di garanzia datoriale in relazione all’incidente occorso a un operaio specializzato in manutenzione rotabile, che aveva subito l’amputazione di tre dita dopo aver eseguito un’operazione di pulitura di alcuni trucioli rimasti incastrati tra la ruota del treno e il rullo di trascinamento

Era stato condannato in sede di merito per violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. L’uomo, in qualità di datore di lavoro di operatore specializzato in manutenzione rotabile, era stato ritenuto responsabile dell’infortunio occorso al dipendente. Quest’ultimo, al termine del lavoro di tornitura delle ruote di un vagone ferroviario, aveva deciso di eseguire un’operazione di pulitura di alcuni trucioli rimasti incastrati tra la ruota del treno e il rullo di trascinamento; a tal fine si era procurato uno straccio e aveva cercato di eseguire la pulitura dapprima a macchina spenta, poi accendendo il tornio. In tal modo, la sua mano era stata risucchiata dalla macchina in movimento nella zona di contatto tra la ruota e i rulli, cagionandogli l’amputazione di tre dita della mano destra.

Al datore veniva contestato, in particolare, di avere messo a disposizione dell’operaio un macchinario sprovvisto di adeguati sistemi di sicurezza, ossia nella specie di un’adeguata protezione che impedisse di raggiungere la zona pericolosa della macchina.

Nel rigettare l’appello proposto dall’imputato, confermando di massima la sentenza di condanna di primo grado, la Corte territoriale aveva affermato che l’infortunio si era certamente verificato a causa di un comportamento del lavoratore improntato a leggerezza e sconsideratezza, ma era imputabile a una condizione di scarsissima sicurezza in cui versava l’intero comparto, successivamente corretta con l’adozione di misure preventive a seguito delle contestazioni mosse dagli operatori dell’ASL. Il Giudice di secondo grado aveva confermato al titolare della posizione di garanzia datoriale l’addebito di aver cagionato l’infortunio a causa dell’estrema facilità con cui i rulli erano accessibili al lavoratore.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente denunciava, tra gli altri motivi, violazione di legge e vizio di motivazione, anche per travisamento od omissione della prova, in ordine alla sua responsabilità, sotto il profilo della ritenuta inidoneità del macchinario (c.d. “tornio in fossa”) a fini di sicurezza dei lavoratori. Richiamando molteplici elementi anche documentali deponenti per la conformità del tornio ove avvenne l’incidente sotto il profilo antinfortunistico, evidenziava che per torni manuali come quello in questione, anche di generazione più recente, non sono previste né allestite protezioni totali degli organi mobili e della zona di lavoro dell’utensile: ciò che del resto é consentito dall’allegato V al D.Lgs. 81/2008, punto 6.5. Ciò che conta é che i sistemi di protezione dei macchinari impediscano l’accesso involontario al macchinario in movimento, così da impedire un rischio di contatto accidentale tra gli arti dell’addetto e le parti in movimento; nella specie, invece, vi fu un contatto volontario ed intenzionale, con assunzione di un rischio elettivo da parte dell’operatore. Né valeva a provare il contrario quanto asserito dalla Corte di merito (come già dal Tribunale) circa il fatto che, dopo l’infortunio, l’azienda avrebbe aderito alle prescrizioni dell’ASL, volte all’implementazione delle misure preventive del tornio, poi adempiute con la realizzazione di una “gabbia” presidiata da microinterruttori: osservava il ricorrente che tali modifiche apportate al tornio si erano risolte nell’adozione di un joystick in grado di bypassare la protezione dei microinterruttori; ma ciò non aveva comportato alcuna modifica nella possibilità, per l’addetto, di avvicinarsi ai rulli del tornio, anche se in movimento.

La Cassazione, con la sentenza n. 37819/2021, ha ritenuto il ricorso infondato.

Dal Palazzaccio hanno ricordato che il datore di lavoro é portatore dell’obbligo stabilito dall’art. 71 d.lgs. 81/2008, in base al quale egli “mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’ articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi”. E’ altresì noto che l’art. 71 D.Lgs. 81/2008 fa obbligo al datore di lavoro -o al suo delegato alla sicurezza- di verificare la sicurezza delle macchine introdotte nella propria azienda e di rimuovere le fonti di pericolo per í lavoratori addetti all’utilizzazione di una macchina, a meno che questa non presentì un vizio occulto. Parimenti é noto che, in base al § 6 dell’allegato V al predetto decreto legislativo, se gli elementi mobili di un’attrezzatura di lavoro presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, essi devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l’accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti pericolosi prima che sia possibile accedere alle zone in questione. “Ora – hanno proseguito i Supremi Giudici – é ben vero che lo stesso allegato V al testo unico, al paragrafo 6.3, stabilisce che l’apposizione del dispositivo di blocco del macchinario pericoloso sia prevista quando sia tecnicamente possibile; e che, in base al paragrafo 6.5 – richiamato dal ricorrente -, é previsto che, quando per effettive esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere o segregare in modo completo gli organi lavoratori e le zone di operazione pericolose delle attrezzature di lavoro, la parte di organo lavoratore o di zona di operazione non protetti deve essere limitata al minimo indispensabile richiesto da tali esigenze e devono adottarsi misure per ridurre al minimo il pericolo”.

Nondimeno l’incidente verificatosi nel caso di specie era dovuto – oltre che a un’iniziativa certamente imprudente del lavoratore – anche al fatto che l’accesso alle parti in movimento del macchinario non era impedito da alcun dispositivo, né risultavano adottati a tal fine accorgimenti che potessero quanto meno limitare tale accesso. Il fatto stesso che, come rilevato nello stesso ricorso, fosse prevista una apposita procedura per la pulitura del tornio in sicurezza, rendeva evidente che il rischio derivante dal contatto tra l’addetto e le parti in movimento della stessa era noto e prevedibile; e ciò indipendentemente dal fatto che detta procedura non fosse stata osservata dalla persona offesa. Ciò che emergeva dalla lettura dell’incarto disponibile era il fatto che il macchinario, certamente obsoleto (risalente al 1968), era totalmente privo di dispositivi che impedissero o anche solo limitassero la possibilità che gli addetti raggiungessero le parti in movimento, con conseguente rischio di incidenti del tipo di quello verificatosi.

E risultava probatoriamente eloquente, a fronte di quanto asserito a contrario dal ricorrente, il fatto che, successivamente all’infortunio per cui si procede, l’azienda si fosse uniformata alle disposizioni impartite dall’ASL introducendo un sistema che, grazie a una delimitazione fisica dell’accesso nella zona dei rulli e all’impiego di due motori autofrenanti, limitava le possibilità di avvicinamento al macchinario (pur non impedendolo del tutto); tale sistema, che era accuratamente descritto nella sentenza di primo grado, risultava del tutto conforme alle indicazioni di cui all’allegato V al D.Lgs. 81/2008; e, sebbene esso non introducesse automatismi completamente salvifici, nondimeno ne era derivata una consistente riduzione del rischio concretizzatosi nell’infortunio occorso al lavoratore: il quale, se il dispositivo da ultimo introdotto fosse stato applicato in data antecedente l’incidente, sarebbe stato verosimilmente dissuaso dal tentare la pulitura del tornio con le modalità note, o comunque avrebbe avuto ben maggiori difficoltà nell’azzardare detta manovra, atteso che – come fra l’altro spiegato dal Tribunale nella sentenza di primo grado – “oggi l’operatore, a porte chiuse, accende il tornio e comanda il movimento dei rulli, poi tramite il comando portatile (…) può aprire le porte e avvicinarsi agli stessi e, ove necessario, arrestare subito il movimento della macchina”.

La redazione giuridica

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