Uno studio condotto a Bologna suggerisce l’utilizzo di tecniche di analisi del linguaggio per la diagnosi precoce della malattia

Individuare i primissimi sintomi dell’Alzheimer da piccoli “errori” della lingua parlata. Un metodo che permetterebbe di anticipare notevolmente il riconoscimento dell’insorgere della malattia e attivare così per tempo misure terapeutiche adeguate. E’ quanto ipotizzato da uno studio realizzato presso l’Università di Bologna in collaborazione con l’Arcispedale Santa Maria Nuova IRCSS di Reggio Emilia. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience, applica strumenti di analisi del linguaggio a un problema quale il riconoscimento precoce del decadimento cognitivo.

Prima di manifestarsi in modo evidente – spiegano i ricercatori – l’Alzheimer attraversa una fase che può durare diversi anni, durante la quale la malattia è al lavoro per determinare i danni cerebrali decisivi che condurranno all’insorgere di quell’insieme di disturbi che va sotto il nome di “demenza”. Il tutto nonostante i sintomi siano minimi. Individuare i segnali della presenza dell’Alzheimer già in questa fase “pre-sintomatica” diventa quindi fondamentale per provare a rispondere in modo efficace alla malattia.

Per riuscirci, i ricercatori si sono concentrati su una delle capacità più evolute della mente umana: il linguaggio.

Gli studiosi hanno messo a punto uno studio clinico che ha coinvolto 96 partecipanti, una parte dei quali presentavano segni di deterioramento cognitivo lieve. Si tratta di una condizione che può precedere l’insorgere del morbo di Alzheimer. A ogni partecipante è stato chiesto di descrivere prima i dettagli di un’immagine, poi una loro tipica giornata di lavoro, infine l’ultimo sogno che ricordavano.

Le risposte raccolte sono state analizzate utilizzando specifiche tecniche automatiche di elaborazione del linguaggio naturale. In particolare sono stati esaminati il ritmo e il suono delle parole, l’uso del lessico e della sintassi e altri dettagli delle produzioni linguistiche. La sfida dei ricercatori era riuscire a trovare segnali della presenza di deterioramento cognitivo che i test neuropsicologici convenzionali non sono in grado di identificare. Il tutto confrontando le risposte dei soggetti affetti da deterioramento cognitivo lieve con quelle dei soggetti privi di disturbi,

La ricerca ha restituito i risultati sperati.

“Con il nostro lavoro siamo riusciti a dimostrare che nel linguaggio parlato dei pazienti con deterioramento cognitivo lieve sono presenti specifiche alterazioni”. Queste, “pur non essendo riconosciute dai test neuropsicologici di uso clinico, possono essere catturate da strumenti di analisi dei tratti linguistici”. A spiegarlo è Laura Calzà, docente dell’Università di Bologna che ha guidato lo studio.

Collegando analisi del linguaggio e neuroscienze, in conclusione, i ricercatori suggeriscono un nuovo metodo di analisi che potrebbe rivelarsi particolarmente efficace per la diagnosi precoce dell’Alzheimer.

 

Leggi anche:

CARTA DI IDENTITÀ TERAPEUTICA: PROGETTO DI RICERCA TUTTO ITALIANO

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui