Nonostante le accertate patologie – angioneurosi e lesioni osteoarticolari – e il riconoscimento dell’invalidità civile all’85% viene escluso il nesso, sia causale che concausale preponderante, con il lavoro svolto (Tribunale di Cagliari, Sez. Lavoro, Sentenza n. 477/2021 del 29/04/2021 RG n. 4029/2017)

Il lavoratore cita a giudizio l’Inail deducendo di essere stato dipendente di diverse ditte negli anni dal 1977 al 2009, e di avere svolto mansioni di conduttore di mezzi pesanti quali camion, betoniere, ruspe, pale meccaniche ed escavatori per l’intero orario di lavoro (otto ore al giorno), perciò esposto con continuità a vibrazioni trasmesse all’intero corpo ed al sistema mano-braccio dai mezzi condotti, su ogni tipologia di terreno stradale e all’interno di cantieri e a posture incongrue, assunte soprattutto nelle manovre con i mezzi all’interno dei cantieri, costretto a continue e prolungate torsioni del collo e del tronco.

Oltre che le attività di scarico e getto del cemento si era, inoltre, occupato del montaggio manuale delle tubazioni metalliche, delle prolunghe e dei canali in ferro del peso di 25/30 kg, esponendo la colonna a sforzi prolungati e anche della movimentazione manuale di pesanti componenti di ricambio dei mezzi di cui aveva curato la manutenzione (pneumatici, ruote e batterie), assumendo posture incongrue e esponendo la colonna a sforzi continuativi.

Negli anni dal 1970 al 1973 aveva, invece, lavorato in un pastificio dove aveva movimentato pesanti sacchi di farina e ceste di pasta nonché svolto ulteriori fasi della lavorazione.

Dal 1995 al 2003 aveva operato come lavoratore socialmente utile alla Asl 7 di Carbonia, impegnato in lavori edili di manutenzione degli edifici, con movimentazione manuale di pesanti carichi per la metà dell’orario di lavoro e conseguente sovraccarico della colonna e sforzo prolungato degli arti superiori, mentre per la restante metà dell’orario aveva fatto utilizzo di strumenti vibranti.

A causa di tali lavorazioni aveva contratto angioneurosi e lesioni osteoarticolari e lesioni alla colonna di origine professionale, non riconosciute dall’Inail, che aveva rigettato le domande da lui proposte in data 7 luglio 2015 e 22 novembre 2016.

Si costituisce in giudizio l’Inail contestando la pretesa e deducendo che la documentazione esibita nella fase amministrativa attestava mansioni di escavatorista solo dal 1976 al 1992, mentre dal 2002 al 2009 egli avrebbe operato come socio, addetto a manutenzioni varie , con la conseguenza che era rimasta indimostrata l’adibizione alle mansioni descritte nel ricorso dopo il 1992.

Inoltre, sempre secondo l’Inail, nessuna delle patologie lamentate risultava certificata per il periodo lavorativo indicato e l’esame fotopletismografico del 2015 aveva avuto esito negativo, mentre la patologia della colonna lombare denunziata non era neanche citata nel verbale con cui era stato riconosciuto invalido civile in misura dell’85%.

La causa viene istruita attraverso la prova testimoniale.

Il primo dei testi, ha riferito che sia nel 1985 , sia dal 1990 al 1993, il ricorrente aveva lavorato con lui, svolgendo mansioni di escavatorista e di fresista/palista/conducente di mezzi meccanici.

Riguardo all’ultima delle mansioni indicate, in particolare, aveva fatto un utilizzo quotidiano, e prolungato per quasi tutto l’orario di lavoro, di mezzi meccanici pesanti come la fresa, la pala meccanica e l’escavatore, adoperando in particolare la pala meccanica per montare le centine.

Gli altri tre testi hanno confermato che il ricorrente aveva, invece, operato fino al 2009 sia come operaio edile che come escavatorista, conducendo mezzi pesanti come la pala meccanica e l’escavatore (terna) , spesso con il collo girato, movimentando inoltre sacchi o blocchi di cemento e facendo utilizzo di strumenti vibranti quali martelli demolitori o motopicco in altre lavorazioni edili di demolizione , ricostruzione o manutenzione tra cui scavi, rifacimento di fognature o di cavidotti in calcestruzzo.

Ed ancora, i testi hanno confermato che il ricorrente, all’occorrenza, si era anche occupato della manutenzione dei mezzi, cambiando gomme o batterie o scrostandoli con l’idropulitrice, ma la sua giornata si divideva a metà tra la conduzione dei mezzi in tutti i tipi di terreno e le attività di operaio edile.

Tuttavia, il CTU, pur avendo ritenuto che il ricorrente fosse affetto da “spondilodiscoartrosi lombare, angioneurosi e tendinopatia di spalla destra”, ha escluso il nesso, sia causale che concausale preponderante, di tali patologie con il lavoro svolto.

In particolare, il CTU ha rilevato che “alcuni aspetti dell’attività lavorativa svolta dal ricorrente appaiono sostanzialmente in linea con la tipologia delle mansioni che possono produrre il quadro clinico -disfunzionale lamentato (vibrazioni trasmesse al corpo intero, sforzi eccessivi e prolungati che gravano sul distretto anatomico d’interesse, tensione e stress accentuati e prolungati) “…(..).. Non può trascurarsi che il rischio lavorativo (e anzi l’attività lavorativa nel suo complesso), come emerso dai rilievi anamnestici e da un attento esame della vita lavorativa del ricorrente, sia certamente cessato nel 2009, circa sei anni prima della denuncia di malattia professionale, ben oltre il limite del periodo massimo di indennizzabilità …(..)..Agli atti non è presente alcuna documentazione atta a comprovare la comparsa in epoca lavorativa delle patologie denunciate, essendosi palesato il quadro clinico -disfunzionale delle suddette malattie solo dal 2015 in poi, e cioè a distanza di almeno sei anni dalla cessazione del rischio lavorativo (in tal senso le certificazioni sanitarie presenti in atti ed in particolare gli esami strumentali eseguiti )…(..).. difetta, quindi, il necessario criterio della correlazione temporale della sintomatologia lamentata con la mansione professionale svolta, con la conseguenza che i fattori extralavorativi legati all’invecchiamento ed al patrimonio genetico assumono una posizione predominante, da sola sufficiente a produrre il quadro clinico lamentato ….può escludersi, alla luce della documentazione sanitaria in atti e di quanto emerso nel corso delle operazioni peritali, un rapporto di dipendenza causale o concausale tra l’attività lavorativa specificamente svolta e le patologie lamentate.”

Per quanto riguarda l’angioneurosi, la cui sussistenza era stata inizialmente posta in dubbio dal CTU in ragione delle risultanze degli esami fotopletismografici del 28 dicembre 2015 e del 1 settembre 2016 allegati al ricorso e del quadro clinico -obbiettivo sostanzialmente silente emerso al momento delle operazioni peritali, all’esito delle critiche mosse dal CTP, l’Ausiliario ha riconosciuto “il ricorrente senza dubbio affetto da angioneurosi, presente quantomeno in una forma subclinica, suscettibile di valutazione medico -legale in base ai codici previsti dalle tabelle di legge, ma tale patologia angioneurotica, al pari delle altre menomazioni per cui è stata inoltrata domanda di malattia professionale , è stata diagnosticata a distanza di circa sei anni dalla cessazione del rischio lavorativo (2009 ), come attestato dalle certificazioni specialistiche del 2015 e 2016.”

Ha concluso il CTU: ”.. in sostanza, come già espresso per la spondilodiscoartrosi lombare e la tendinopatia di spalla nella bozza di consulenza e nella relazione definitiva, anche per l’angioneurosi manca un tassello fondamentale nel percorso che conduce all’accertamento del nesso di causa, ovvero il soddisfacimento del criterio di continuità fenomenologica fra la mansione svolta e la patologia lamentata, non essendo possibile confermare il nesso di causa tra le specifiche mansioni lavorative svolte fino al 2009 ed il quadro clinico -disfunzionale angioneurotico palesatosi nel 2015, dopo circa sei anni…(..)..La spondilodiscoartrosi lombare e tendinopatia di spalla destra, sono state diagnosticate per la prima volta nel mese di settembre 2015 e la tendinopatia di spalla nel mese di novembre 2016, a distanza di almeno sei anni dalla cessazione non solo del rischio lavorativo specifico, bensì di qualunque tipologia di attività lavorativa (2009) .”…..”La comparsa delle menomazioni a tanta distanza dalla cessazione del rischio lavorativo impedisce di relazionarle efficacemente con la mansione lavorativa, potendo essere nel frattempo intercorsi molteplici fattori extralavorativi , sufficientemente idonei a produrre le patologie in oggetto , che come è noto hanno una eziologia multifattoriale, nella quale possono giocare un ruolo importante l’età o fattori congeniti genetico-familiari attivati o rivelati poi da varie cause (stress, traumi distrettuali, posture viziate protratte, maldistribuzione di carichi sulla colonna o sugli arti superiori, vita sedentaria, ecc.).”

Le conclusioni della CTU, e le relative repliche alle note critiche, vengono integralmente condivise dal Tribunale che su di esse basa la propria decisione.

Di talchè la domanda viene considerata da rigettarsi.

Nulla sulle spese di lite, avendo parte ricorrente comprovato ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c. di avere goduto nell’anno precedente di un reddito personale pari o inferiore a due volte l’importo del reddito previsto dall’art. 76 e 77 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Le spese di CTU invece vengono poste a carico dell’Inail.

In conclusione, il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, rigetta la domanda proposta dal lavoratore ; pone definitivamente a carico dell’Inail le spese di CTU Medico-Legale.

Avv. Emanuela Foligno

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