La norma che punisce l’anticipazione colposa del parto non richiede, per la integrazione della fattispecie di reato, che il feto subisca effettivamente un pregiudizio

Per l’integrazione del reato non rileva che il feto subisca, o meno, un pregiudizio: ciò che rileva è che la interruzione della gravidanza abbia esposto la gestante e il feto a concreti e non ipotetici pericoli (Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 11403 depositata il 29 marzo 2021).

La legge sull’aborto del 1978 ha introdotto la colposa interruzione del «naturale e completo ciclo fisiologico della gravidanza».

L’interesse protetto è quello della tutela della normale evoluzione della gestazione, in modo tale da garantire la piena salute e l’integrità del nascituro.

L’anticipazione del parto, evento in sé non fisiologico, può comportare seri rischi per la salute del neonato e della madre, conseguentemente lo scopo della norma è reprimere tutte quelle condotte colpose che siano poste in rapporto di causa-effetto con la fine prematura della gravidanza.

La vicenda, derivante da un sinistro stradale, approda in Cassazione dove viene lamentata la errata ricostruzione del nesso causale tra il sinistro stradale e l’anticipazione del parto della donna coinvolta nel sinistro.

In sede d’appello non veniva disposta una perizia e il ricorrente lamenta la mancata assunzione della prova decisiva.

Gli Ermellini ribadiscono che il Giudice di merito può legittimamente scegliere tra le varie tesi scientifiche prospettate dai consulenti delle parti processuali, senza dover necessariamente ricorrere alla perizia d’ufficio, purchè motivi accuratamente sulle ragioni che lo hanno condotto a preferire una determinata ricostruzione dei fatti piuttosto che un’altra.

In tal modo il Giudice esercita il ruolo di peritus peritorum.

La Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Lecce, ha dichiarato non doversi procedere, per il reato di guida in stato di ebbrezza a cui è seguito un incidente stradale, per intervenuta prescrizione del reato ed ha eliminato la relativa pena nei confronti del conducente del veicolo responsabile.

Inoltre, ha confermato la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva ritenuto l’imputato colpevole del reato di lesioni colpose con violazione della disciplina sulla circolazione stradale, nonché del reato di cui alla L. 22 maggio 1978, n. 194, art. 17, per avere determinato l’anticipazione del parto della donna coinvolta, condannandolo alla pena di mesi otto di reclusione e, in solido con il responsabile civile Compagnia assicuratrice, al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili.

Con riferimento all’ipotesi di procurata anticipazione del parto, i Giudici di merito hanno riconosciuto la sussistenza ontologica del fatto rappresentando come, a seguito del sinistro, si fosse realizzata la rottura delle membrane della gestante, che si trovava alla trentaseiesima settimana di gravidanza; rottura che i Consulenti del PM e della parte civile avevano posto in diretta correlazione con l’evento traumatico, dovendosi al contempo escludere che le condizioni generali della gestante e le patologie di cui era portatrice (una non grave forma di diabete), fossero da sole in grado di giustificare l’anticipazione della gravidanza.

Ancora, i Giudici di merito, hanno evidenziato che, sebbene il neonato non avesse presentato particolari sofferenze o patologie alla nascita, il parto prematuro, indotto dal sinistro, non garantiva la piena maturità polmonare e fetale del nascituro, così concretandosi l’ipotesi di nascita prematura in quanto, alla stregua delle osservazioni dei Consulenti del PM, si era verificata l’interruzione del normale e completo svolgimento fisiologico della gravidanza con pericolo per la salute della gestante e del nascituro.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione l’imputato e l’Assicurazione lamentandosi, entrambi, della condanna relativa alla procurata anticipazione del parto con pericolo per la salute del nascituro e della madre.

Preliminarmente, ai fini penali, la Suprema Corte dispone l’annullamento della sentenza impugnata per essere i residui reati ascritti venuti ad estinzione per intervenuta prescrizione, maturata in data 11 ottobre 2019 sia per le lesioni colpose che per il procurato parto prematuro, come indicato nella sentenza di appello a pag.6, tenuto altresì conto del periodo di sospensione per adesione all’astensione proclamata dall’Unione delle Camere penali e concretizzatasi in un differimento di udienza dal giorno 8 maggio al 25 settembre 2019.

La pronuncia di estinzione del reato assorbe i motivi di ricorso che attengono ai profili sanzionatori della sentenza di condanna nei confronti dell’imputato.

In ordine alle questioni civili, i ricorsi sono infondati.

Il motivo di ricorso, inerente la insussistenza del reato di anticipazione colposa del parto, per mancata integrazione del fatto tipico, non coglie nel segno.

Tale reato è integrato dalla condotta, improntata a colpa che, determinando la interruzione del naturale e completo ciclo fisiologico della gravidanza, pone a rischio la normale evoluzione della stessa, con pericolo per la salute della gestante ovvero per la salvezza e la integrità del frutto del concepimento. Il bene giuridico tutelato pertanto deve ravvisarsi nell’interesse al naturale decorso della gravidanza quale presupposto di salvaguardia dell’integrità del feto, della salute del nascituro e della madre.

Correttamente il Giudice di appello non ha considerato rilevante la distinzione tra parto prematuro e parto pretermine in quanto, ai fini della applicazione della norma incriminatrice, la distinzione non ha ragione d’essere in quanto la questione logico-giuridica alla quale il Giudice deve dare risposta riguarda la ricorrenza, o meno, della interruzione del ciclo fisiologico della gravidanza, ovvero della sua accelerazione, nonché al profilo della messa in pericolo del bene protetto.

Il parto è avvenuto in uno stadio di sviluppo fetale in cui, sulla base della migliore scienza medica neonatale, “non vi è certezza che nel bambino ci fosse una maturità polmonare e fetale”, come riportato nella sentenza.

Pertanto, è corretto che il Giudice d’Appello, pur avendo negato la rilevanza della distinzione tra parto pretermine e parto prematuro, ha affermato che “si sia trattato anche di parto prematuro e che, al momento del parto, non vi era certezza sulla completezza fetale e polmonare, in presenza di rottura del sacco amniotico almeno un mese prima del termine fisiologico.”

Venendo agli effetti del parto prematuro sulla sicurezza e sulla salute della gestante e del feto, la Corte di Appello di Lecce, ha correttamente rappresentato come l’accelerazione al parto non solo abbia rappresentato il fatto tipico che la norma intendeva prevenire, ma ha rimarcato sulla scorta della Consulenza-, come nelle fasi antecedenti e successive al parto, si sia realizzato un concreto aggravamento del rischio per la salvezza fetale e per la salute della gestante.

Riferisce la Corte di Appello che “a causa della impreparazione del collo dell’utero nel momento in cui si ebbero i primi segnali del parto prematuro a seguito della rottura del sacco amniotico, era stato necessario somministrare alla puerpera una terapia antibiotica e che, a causa della precocità fetale, la madre, pochi giorni dopo il parto, aveva manifestato una ipogalattia che le aveva impedito di nutrire il bambino al seno, obbligandola alla nutrizione artificiale”.

Ergo, le doglianze svolte dalla difesa dell’imputato e del responsabile civile, inerenti la circostanza che la insussistenza del reato sarebbe avallata dal fatto che il neonato sia nato sano, vitale e formato, e che comunque in nessun momento della gestazione si fosse concretizzato un pericolo per la vita del nascituro, non colgono nella ratio della motivazione della sentenza impugnata e della norma.

La norma di cui si discute, non richiede l’evidenza alla nascita di un qualche tipo di pregiudizio al feto, ovvero nel corso della gravidanza il pericolo di vita per il nascituro, come correttamente evidenziato dal Giudice di Appello.

La norma anticipa la soglia della tutela penale al fatto della interruzione del ciclo fisiologico della gravidanza allorquando, a tale interruzione, per modalità e termine, si prospettino concreti e non ipotetici pericoli per il feto e per la gestante.

Egualmente sono infondate le censure inerenti la valutazione del rapporto di causalità tra l’incidente stradale e il verificarsi del parto prematuro.

Il Giudice di merito ha riconosciuto la relazione causale tra il trauma occorso alla gestante in occasione del sinistro stradale e l’accelerazione del parto.

Risultano adeguatamente considerati i fattori alternativi che potessero avere indotto, o contribuito a indurre, l’anticipazione della rottura delle membrane ed è stata esclusa la rilevanza del diabete gestazionale intervenuto alla trentesima settimana.

Poiché la rottura del sacco amniotico si verificava circa 48 ore dopo il sinistro, il Giudice di appello ha verificato se tale spazio temporale fosse compatibile con la serie causale innescata dal sinistro.

I Consulenti tecnici hanno affermato che il trauma del sinistro potesse concretamente provocare il travaglio della gestante a distanza di 12, 24, 48 e 72 ore, tenuto conto della violenza dell’impatto.

Per tali ragioni il ricorso viene integralmente rigettato e i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali.

La sentenza impugnata viene annullata senza rinvio Annulla senza rinvio agli effetti penali perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione.

Avv. Emanuela Foligno

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