La malattia “asbestosi ” e la malattia “placche pleuriche” sono ontologicamente diverse, pur potendo talvolta presentarsi associate e pur derivando entrambe dall’ esposizione all’amianto (Corte d’Appello di Roma, Sez. Lavoro, Sentenza n. 4281/2021 del 09/12/2021 RG n. 2559/2018)

Viene appellata la sentenza del Tribunale di Civitavecchia n. 53/2018, pubblicata in data 1 febbraio 2018 che respingeva le domande del lavoratore e motivava:

“-         alla fattispecie trova applicazione la prescrizione breve disciplinata dall’art. 373 del codice della navigazione, con decorrenza del termine dal momento in cui il lavoratore ha avuto conoscenza della patologia che lo affligge unitamente alla sua derivazione dall’esposizione all’amianto;

–           le divergenti posizioni delle parti sul punto discendono da un equivoco di fondo, ossia che la malattia asbestosi coincida con la malattia placche pleuriche, coincidenza che invece non sussiste, in quanto le placche pleuriche solo in alcuni casi possono associarsi all’asbestosi, patologia più grave, cronica e progressiva del tessuto polmonare;

–           nel caso di specie la prima diagnosi di asbestosi a carico del lavoratore è quella documentata dal certificato medico del 19 dicembre 2011, per cui il ricorso introduttivo del giudizio, notificato alla società resistente il 21 maggio 2013, ha impedito lo spirare del termine di prescrizione;

–           il c.t.u. ha accertato che il lavoratore è affetto da diabete mellito, poliartrosi, placche pleuriche bilaterali, broncopatia cronica con insufficienza respiratoria lieve -mista, sindrome ansiosa residuale, steatosi epatica, cardiopatia sclerotica, esiti di adenocarcinoma della prostata. Il c.t.u. ha accertato che il lavoratore non è affetto da asbestosi;

–           quanto è emerso in giudizio è confermato dal fatto che l’INAIL ha riconosciuto a carico dello stesso la malattia professionale placche pleuriche e non l’asbestosi, con diritto del lavoratore all’indennizzo in capitale del danno biologico in misura del 10%;

–           è pertanto infondata la domanda di risarcimento del danno da asbestosi;

–           poiché è questa l’unica domanda azionata in giudizio, non assume rilievo favorevole al ricorrente il fatto che il c.t.u. abbia stimato a suo carico un danno del 4% conseguente alla malattia placche pleuriche;

–           in ogni caso, il diritto al risarcimento del danno derivante dalle placche pleuriche sarebbe prescritto ai sensi dell’art. 373 del codice della navigazione, perché detta patologia e la sua derivazione dall’esposizione all’amianto sono state riscontrate già nel 2010;

–           l’esame circa la sussistenza dell’asserito nesso di causalità tra la patologia prostatica e l’attività lavorativa, prospettato dal lavoratore nelle note conclusionali, e circa la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro per questa malattia, sono questioni non dedotte ritualmente in giudizio e pertanto precluse ex art. 112 cpc.

Il lavoratore deduceva di avere lavorato in qualità di direttore di macchina imbarcato sulle unità della flotta navale e di essere stato esposto all’amianto e di aver contratto di conseguenza l’asbestosi, riportando un’invalidità pari o superiore a trenta punti.

Deduceva che il datore di lavoro era responsabile dell’insorgenza di questa malattia, di origine professionale, poiché non aveva adottato tutte le misure necessarie a salvaguardarlo dal rischio amianto ed era perciò tenuto a risarcirgli il danno biologico e morale patito e a rimborsargli le spese mediche sostenute, il tutto nella complessiva somma di EUR 153.000,00.

Avverso la decisione del Tribunale di Civitavecchia depositava tempestivo appello insistendo per l’accoglimento delle domande.

Osserva la Corte che l’appellante non ha devoluto al grado l’accertamento del Tribunale, operato condividendo la valutazione medico-legale del CTU in termini, secondo cui la malattia “asbestosi” e la malattia “placche pleuriche ” sono ontologicamente diverse, pur potendo talvolta presentarsi associate e pur derivando entrambe dall’esposizione all’amianto.

Ai fini dell’affermazione dell’azionato diritto al risarcimento del danno da asbestosi non sono decisivi né l’acclarata esposizione all’amianto in costanza del rapporto di lavoro, né il fatto che da detta esposizione gli sia anche derivata, in nesso eziologico, una malattia professionale (ossia le placche pleuriche), dacché è necessario, come già rilevato dal Giudice di primo grado, che sia propriamente diagnosticata a suo carico l’asbestosi.

Inoltre, l’appellante non ha indicato alla Corte la prova, tralasciata o travisata dal Tribunale, che dimostrerebbe una tale diagnosi e neppure gli errori effettivamente compiuti dal CTU  nel valutare, secondo i principi medico-legali, la sua specifica situazione fisica, ma si è piuttosto risolto a dolersi del fatto che il Tribunale non avrebbe né dato rilievo a condivise nozioni mediche -secondo cui le placche pleuriche evolvono in asbestosi provocando una maggiore rigidità del tessuto polmonare e un’incisiva insufficienza ventilatoria restrittiva non riscontrabile nella malattia di base -, né tenuto a mente le proprie critiche alla CTU., formulate sul rilievo che il Consulente non avrebbe del tutto chiarito la sua condizione clinica, tanto da rendere necessaria la rinnovazione delle operazioni peritali.

In tal modo, però, la Corte è stata investita di una -inammissibile – nuova e integrale cognizione della questione controversa alla stregua delle difese già svolte dal lavoratore nel giudizio di primo grado e non invece -come si sarebbe dovuto – del riesame critico della statuizione del Tribunale oggetto di doglianza, statuizione assunta peraltro con chiara e lineare motivazione in ordine alla fonte di convincimento.

Dalla CTU emerge che  ” … la componente restrittiva risponde non solo alla presenza delle placche pleuriche, ma, anche, alla ridotta elasticità polmonare promossa dall’invecchiamento della elasticità parenchimale, dai concomitanti processi degenerativi artrosici a carico delle componenti costali cartilaginei ed articolari , alla deformazione cifotica del rachide dorale, della ipotonotrofia muscolare diaframmatica e intercostale piuttosto che dei muscoli accessori della respirazione … “, con ciò richiamando si fattori eziopatogenici della broncopneumatia presentata dal lavoratore all’evidenza comuni e, dunque, non caratteristici dell’asbestosi.

Inoltre, il Tribunale, attribuendo rilevanza ex art. 116 cpc al provvedimento dell’INAIL del 10 dicembre 2014, di riconosci mento in favore del lavoratore della sola tecnopatia placche pleuriche, ha ritenuto, con ragionamento conforme a elementari criteri logici e quindi assolutamente condivisibile, che l’accertamento dell’Istituto confortasse le conclusioni del CTU in punto di assenza a carico del lavoratore della malattia asbestosi.

Nel verbale della seduta del 13 maggio 2014, la Commissione Medica di Verifica per le invalidità civili aveva riconosciuto “ portatore di handicap ex art. 3 della L. n. 104/1992 diagnosticando a suo carico soltanto una broncopneumatia con “lieve insufficienza respiratoria” e non anche l’asbestosi”.

Pertanto, la sentenza impugnata viene confermata e l’appello respinto con condanna del lavoratore al pagamento delle spese di giudizio nei confronti del datore di lavoro; compensate le spese nei confronti dell’Inail.

Avv. Emanuela Foligno

Sei vittima di un incidente sul lavoro o ritieni di aver contratto una malattia professionale? Affidati ai nostri esperti per una consulenza gratuita. Clicca qui

Leggi anche:

Lesione delle giunzione miotendinea prossimale causata da infortunio

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui