La complicanza della rottura della capsula posteriore è un evento patologico che pur essendo astrattamente prevedibile, non è evitabile (Tribunale di Roma, sentenza n. 17010 del 30 novembre 2020, RG 61711/2016)

Con atto di citazione un uomo cita a giudizio il Medico Oculista chiedendo l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti a causa delle cure negligenti prestate in occasione dell’intervento di asportazione della cataratta all’occhio destro eseguito in data 11 dicembre 2012 e delle successive cure.

Si costituisce il Medico contestando il fondamento della domanda.

La causa viene istruita attraverso produzione documentale e CTU Medico-legale.

All’esito della CTU è risultato che nel novembre 2011 il paziente si rivolgeva all’Oculista lamentando difficoltà visive e che veniva programmato intervento di cataratta, eseguito in data 29 novembre 2011 per l’occhio sinistro ed in data 11 dicembre 2012 per l’occhio destro.

Dopo l’intervento all’occhio destro si verificava la rottura della capsula posteriore e la caduta di frammenti di cristallino.

A distanza di 6 giorni il paziente veniva sottoposto ad altro intervento di asportazione delle masse corticali dietro l’iride dell’occhio destro, per ripulire il bulbo oculare dai residui del cristallino.

In cartella clinica del 20 dicembre veniva indicata la programmazione di controllo a due settimane.

In data 28 -29 gennaio 2013 il paziente veniva ricoverato presso altra struttura per un “intervento oculistico” non meglio precisato dalla cartella clinica prodotta.

Nell’aprile dello stesso anno il paziente veniva ricoverato per “Distacco di retina inferiore OD” e veniva sottoposto ad intervento di vitrectomia con perdita visiva completa dell’occhio destro.

Il CTU ha rilevato che “la diagnosi di cataratta ed il suo trattamento mediante facoemulsificazione sono stati adeguati e corretti con riferimento alla situazione clinica presentata dal paziente…(..)…Il trattamento chirurgico è stato eseguito in modo appropriato, tuttavia si è verificata la rottura della capsula posteriore che costituisce una possibile complicanza dell’intervento e che determina un prolungamento delle fasi operatorie”.

Ha specificato, inoltre il Consulente, che l’incidenza di rottura della capsula posteriore e la caduta di frammenti del cristallino in camera vitrea si ha nel 2 -6% dei casi di intervento di cataratta ed è indipendente dal corretto compimento dell’atto medico.

“Nel caso si presenti tale evenienza, non vi sono linee guida nazionali o internazionali acquisite; nella letteratura scientifica si lascia alla discrezione ed esperienza del singolo chirurgo la scelta di agire durante lo stesso intervento per aspirare le masse lenticolari ovvero di completare la pulizia dei frammenti flogogeni nelle giornate successive. In particolare, gli studi eseguiti non hanno individuato una correlazione significativa e costante tra il timing della vitrectomia per la rimozione dei frammenti ed i risultati visivi; alcuni autori considerano che la vitrectomia eseguita nello stesso giorno o precocemente -entro 1 o 2 settimane – può portare risultati visivi migliori; secondo altri autori non vi sono differenze statisticamente significative tra i pazienti operati immediatamente e quelli in cui l’intervento viene procrastinato nel tempo. In taluni casi, l’attesa può essere suggerita per consentire una riduzione della opacità corneale e dell’infiammazione oculare postoperatoria per poi completare l’aspirazione delle masse.”

“Nel caso di specie l’intervento di cataratta fu eseguito correttamente; non si evidenziano profili di censura rispetto al secondo trattamento eseguito in data 17 dicembre 2012 per la rimozione dei frammenti. Peraltro, dalla cartella clinica risulta correttamente acquisito e rilasciato il consenso informato; in particolare, nel documento sottoscritto dal paziente risulta specificamente indicata la possibile complicanza della rottura del cristallino, come pure il possibile distacco della retina.”

In particolare, riguardo il possibile distacco della retina, il Consulente ha chiarito che tale eventualità costituisce una rara, ma possibile, complicanza dell’intervento chirurgico di cataratta, che si verifica nello 0,75% -1,65% dei casi operati e che l’incidenza di tale complicanza aumenta in modo significativo -anche sino al 35% dei casi – laddove si abbia una rottura capsulare posteriore.

Alla luce delle conclusioni peritali risulta, pertanto, correttamente eseguita la prestazione sanitaria, non essendo emersi profili di negligenza, imprudenza o imperizia.

La complicanza, come definita dalla medicina legale, è un evento patologico insorto nel corso dell’iter terapeutico od operatorio, che pur essendo astrattamente prevedibile, non è evitabile.

Al riguardo l’indirizzo della Suprema Corte ha chiarito che, quando nel corso dell’esecuzione di un intervento, o dopo la conclusione, si verifichi un peggioramento delle condizioni del paziente, occorre verificare se la complicanza integri gli estremi della causa non imputabile.

In altri termini, se il peggioramento era prevedibile ed evitabile và ascritto a colpa del Medico, a prescindere dal fatto che la statistica lo annoveri tra le complicanze.

Qualora, invece, il peggioramento non era prevedibile, o non evitabile, sono integrati gli estremi della causa non imputabile.

Tale accertamento và compiuto in concreto e il carico probatorio è a carico del Sanitario.

Nel caso in esame non sono emersi profili di negligenza o imperizia dell’esecuzione dell’intervento oculistico e, conseguentemente, la complicanza insorta non può essere addebitata al Medico convenuto.

Egualmente esente da censure il trattamento della complicanza con il secondo intervento che avveniva a distanza di sei giorni.

Non sussiste, quindi, il nesso causale tra la prestazione eseguita e i danni lamentati dal danneggiato.

Al riguardo il Tribunale rammenta che il nesso di causalità materiale consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio del più probabile che non.

La fase istruttoria ha dimostrato la corretta esecuzione dell’intervento di asportazione della cataratta e la natura di complicanza dell’evento verificatosi, nonché la corretta e tempestiva esecuzione del reintervento per la rimozione delle masse lenticolari.

Successivamente, il paziente non si presentava al controllo fissato 15 giorni dopo il reintervento, mentre oltre un mese dopo lo stesso si sottoponeva ad un terzo intervento eseguito da altro specialista e a distanza di tre mesi e mezzo veniva diagnosticato e trattato chirurgicamente un distacco di retina, ancora da altro specialista.

Risulta pacificamente provato, per la sequenza temporale e la natura degli eventi, l’insussistenza del nesso di causalità secondo la regola probabilistica.

Oltretutto viene anche posto in rilievo che nella serie causale degli eventi deve essere considerata sia la mancata presentazione del paziente al controllo correttamente programmato due settimane dopo, sia ulteriori interventi chirurgici eseguiti da altri professionisti.

Il Tribunale rigetta la domanda del paziente e lo condanna al pagamento delle spese di lite e di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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