Nel 2009 l’attore aveva citato dinanzi al Giudice di Pace di Roma, un istituto di credito, assumendo di essere portatore di quattro assegni circolari da essa emessi per i quali era stata rifiutata la liquidazione
Chiedeva pertanto la condanna della convenuta al pagamento della somma ad essi corrispondente, pari ad euro 1.263,98, oltre ai danni e alle spese.
Respinta in primo grado, l’istanza veniva riproposta in appello, ma anche in questo caso, il Tribunale di Roma respingeva la domanda, ritenendo che, ai sensi dell’art. 32 legge assegni, la Banca avesse correttamente declinato il pagamento, in attesa di ricevere l’autorizzazione allo stesso, avendo l’appellante portato i titoli all’incasso a quasi un anno di distanza dalla loro emissione; invero, ad avviso del giudice dell’appello – sebbene la legge prescriva un termine per i soli assegni bancari, la stessa previsione è da ritenersi applicabile anche per gli assegni circolari, secondo un criterio di ragionevolezza e proporzionalità.
Il ricorso per Cassazione
Si discute in materia di applicazione della legge sugli assegni in relazione al presunto obbligo di immediato pagamento dell’assegno circolare (artt. 83 e 84 comma 2 R.D. 1736/1933).
Ed invero, il ricorso è stato accolto per le ragioni che seguono.
Il ragionamento effettuato dal giudice dell’appello era errato. Ed infatti, contrariamente a quanto affermato in sentenza, nel caso in cui un assegno circolare non sia stato effettivamente riscosso dal beneficiario, il diritto al rimborso della provvista da parte del richiedente l’emissione del titolo si prescrive nell’ordinario termine decennale, che decorre dal momento in cui esso può essere fatto valere, cioè dalla scadenza del termine di tre anni previsto dall’art. 84 del R.D. n. 1736/1933, entro cui si prescrive l’azione del beneficiario dell’assegno contro l’istituto bancario emittente, come, peraltro, è confermato dall’art. 1, comma 345 ter della l. n. 266 del 2005, che prevede il versamento degli assegni circolari non riscossi al Fondo per indennizzare i risparmiatori rimasti vittima di frodi finanziarie, soltanto dopo che sia scaduto il detto termine triennale.
La disciplina dell’assegno contenuta nell’art. 84 del R.D. citato, chiarisce che, riguardo agli assegni circolari, l’azione contro l’emittente istituto bancario si prescrive nel termine di tre anni dall’emissione. Mentre con riferimento all’assegno bancario, l’art. 32 prevede un termine assai stretto (otto giorni) per la presentazione dell’assegno stesso all’incasso (se pagabile nel medesimo comune in cui è stato emesso); trascorso tale termine l’intestatario dell’assegno può ordinare di non pagare la somma.
In mancanza invece, di tale ordine, l’assegno può comunque essere pagato anche successivamente (art. 35). Per struttura e caratteri l’assegno bancario si distingue nettamente da quello circolare che costituisce un titolo di credito all’ordine, emesso da una banca autorizzata dall’autorità competente, per un importo che sia disponibile presso di esso al momento della emissione, e pagabile a vista presso tutti i recapiti indicati dall’emittente (Cass. n. 5889/2018).
Deve dunque, escludersi una applicazione analogica degli artt. 32 e 35 all’assegno circolare.
Assai significativo è poi l’art. 1 commi 343-345 L. n. 266 del 2005 costituenti un Fondo per indennizzare le vittime di frodi finanziarie, alimentato tra l’altro dall’importo di conti correnti e rapporti bancari “dormienti”. Ebbene, esso precisa che gli importi degli assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione del relativo diritto di cui all’art. 84, secondo comma, R.D. n. 1736/1933, sono versati al Fondo entro il 31 maggio dell’anno successivo a quello in cui scade il termine di prescrizione. Ma aggiunge che resta impregiudicato il diritto del richiedente l’emissione dell’assegno circolare non riscosso alla restituzione del relativo importo.
Le caratteristiche suindicate dell’assegno circolare configurano il rapporto tra il titolare dell’assegno stesso e l’istituto bancario, come mandato. E’ indubbio che il mandato sia sempre revocabile (art. 1722 cc.) e se revoca del mandato vi fosse, è da ritenere che il diritto alla restituzione potrebbe essere fatto valere, pur prendendo il termine triennale per l’azione cartolare del beneficio (e dalla revoca decorrerebbe a prescrizione decennale).
Ma aggiungono gli Ermellini, «non vi è prova alcuna che sia stata disposta tale revoca, nel caso di specie».
Una volta trascorso il termine triennale, il beneficiario non può più ottenere il pagamento dell’assegno, e a quel punto il richiedente l’assegno stesso potrà ripetere la provvista (senza necessità di revocare il mandato che è oggettivamente venuto meno). Dallo spirare del triennio decorre quindi la prescrizione del diritto.
Insomma, ha errato per la Cassazione, il giudice di merito che aveva applicato all’assegno circolare le stesse regole dell’assegno bancario.
La redazione giuridica
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