La cointestazione del conto corrente, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, ma tale presunzione può essere superata attraverso presunzioni semplici

La vicenda

Con atto di citazione presentato nel 2007 dinanzi al Tribunale di Rovigo, una donna conveniva in giudizio suo fratello per sentir accertare che le somme depositate su un libretto di deposito bancario e su un certificato di deposito postale dei quali il convenuto era cointestatario insieme alla madre, appartenevano in realtà, esclusivamente a quest’ultima. Chiedeva pertanto, che fosse disposta la divisione delle dette somme secondo le quote spettanti ai due eredi della defunta genitrice.
In primo grado l’istanza principale veniva accolta e la sentenza trovava conferma anche in appello.

Cosicché, il processo proseguiva dinanzi ai giudici della Cassazione.

Come superare la presunzione di comunione derivante dalla cointestazione di un conto corrente bancario o postale?
La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che “La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 c.c.) sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto (art. 1298 c.c., comma 2), ma tale presunzione dà luogo soltanto all’inversione dell’onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa“.
Nel caso di specie, sia il giudice di primo grado che la Corte di Appello avevano superato siffatta presunzione mediante il ricorso ad una serie di elementi presuntivi, quali la mancata allegazione, da parte del convenuto, di un reddito idoneo a giustificare la proprietà di ingenti somme a risparmio e la sua giovane età (32 anni) al momento del versamento delle somme sui rapporti causa, il fatto che lo stesso avesse familiari a carico, e la circostanza che l’istruttoria avesse accertato che la cointestazione dei rapporti tra madre e figlio era dovuta esclusivamente alla gestione degli stessi.
Si tratta di accertamenti, riservati al giudice di merito e, peraltro, se non viziati da illogicità o da erronei criteri giuridici, non censurabili in sede di legittimità.
La sentenza impugnata è stata così confermata anche in Cassazione, non avendo – peraltro – il ricorrente specificamente contestato la congruenza dei singoli elementi valorizzati dai giudici di merito rispetto alla decisione finale.

La redazione giuridica

 
Leggi anche:
BANCAROTTA FRAUDOLENTA: SENTENZA ANNULLATA … MANCA IL DOLO SPECIFICO

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui