È stato ridotto il risarcimento riconosciuto agli eredi di un anziano, morto investito da un’auto mentre attraversava la strada fuori dalle strisce pedonali

La vittima era un anziano di 85 anni, invalido al 100% per demenza di tipo Alzheimer: l’età avanzata e le sue precarie condizioni di salute hanno inciso sull’indice di pericolosità dell’attraversamento effettuato al di fuori delle strisce pedonali.

La vicenda

La Corte di d’appello di Catanzaro aveva ridotto riduceva l’importo liquidato a titolo risarcitorio dal giudice di primo grado agli eredi della vittima, sulla base delle tariffe tabellari di Milano, ritenendo accertato un concorso di colpa del danneggiato pari al 40%.

Gli eredi erano stati, perciò, condannati a restituire all’assicurazione le somme ricevute in eccesso rispetto a quelle loro spettanti.

La Corte di Cassazione (ordinanza n. 28627/2019) ha confermato la decisione perché conforme ai principi dettati in materia di concorso di colpa, fondata sul rapporto di causalità tra evento dannoso e condotta umana.

La corte d’appello richiamando il principio enunciato dalla Cassazione con la sentenza n. 24204/2014, aveva ritenuto che il fatto che il pedone investito non si fosse servito degli attraversamenti pedonali presenti alla distanza di circa 68,5 m rispetto al punto di attraversamento, avesse avuto un’”importante incidenza causale” nella verificazione del sinistro valutata nella misura del 40%.

Tale apprezzamento – hanno affermato gli Ermellini – integra, come è indubbio – “un giudizio di fatto che, se espresso da adeguata motivazione – come nel caso in esame –, si sottrae al sindacato di legittimità”.

Peraltro, sul punto viene in rilievo il principio del libero convincimento del giudice e della sua discrezionalità nella valutazione di tutti gli elementi del caso concreto.

Il giudizio risarcitorio

Anche sotto il profilo risarcitorio la sentenza impugnata è stata confermata perché coerente con i principi più volte enunciati dalla giurisprudenza di legittimità.

I giudici dell’appello avevano indicato espressamente tutti gli elementi che nel caso in esame, avevano fatto supporre che il pregiudizio subito dai congiunti dell’anziano fosse stato meno intenso rispetto all’ordinario, posto che si trattava di un uomo di 85 anni, invalido al 100%, e i congiunti superstiti erano adulti non conviventi, di età non inferiore a 45 anni, di cui 4 risiedevano in Canada.

Il calcolo del quantum

Quindi la Corte aveva ritenuto di dover applicare al solo figlio convivente il minimo tabellare, mentre per gli altri congiunti dell’anziano, “anche in ragione della cessazione da molti anni della convivenza e della mancata prova della permanenza di un legame affettivo con un soggetto reso invalido al 100% dal morbo di Alzheimer, presumibilmente non più in grado di mantenerlo o coltivarlo con chicchessia”, aveva ritenuto di potersi discostare dai minimi tabellari, avuto riguardo alle eccezionali peculiarità della fattispecie.

Come noto, le tabelle milanesi di liquidazione del danno non patrimoniale si sostanziano in regole integratrici del concetto di equità, atte a circoscrivere la discrezionalità dell’organo giudicante; esse tuttavia, “richiedono pur sempre una valutazione ponderata del caso concreto, potendo a tal fine il giudice superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti dalle dette tabelle ove la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in astratto”, senza che ciò comporti alcun vizio di applicazione della legge censurabile in sede di legittimità.

Gli effetti del giudicato penale di condanna sul giudizio risarcitorio

Neppure il fatto che il conducente del veicolo investitore fosse stato ritenuto penalmente responsabile con sentenza passata in giudicato, ha scalfito la validità della decisione impugnata.

A tal proposito la Terza Sezione Civile della Cassazione ha ribadito il principio di diritto per cui “le risultanze del procedimento penale che riguardano gli accertamenti ivi svolti non sono vincolanti per il giudice civile, il quale può liberamente valutarli come elementi di prova in applicazione del principio di autonomia e separazione dei giudizi penale civile.

Del resto i presupposti della responsabilità penale e della responsabilità civile non sono del tutto coincidenti, soprattutto in tema di valutazione delle prove della condotta dell’incolpato, e la relativa indagine non è preclusa al giudice civile neppure nell’ipotesi in cui sia intervenuto un giudicato penale di condanna”.

Detto in altri termini, “nel giudizio civile risarcitorio il giudicato penale di condanna spiega effetto vincolante ai sensi dell’art. 651 c.p.p., in ordine all’accertamento del nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica e delle circostanze di tempo, luogo e modo di svolgimento di esso, ma non preclude al giudice civile l’accertamento dell’apporto causale del danneggiato il quale, se di regola è inidoneo ad escludere la responsabilità penale, può ridurre la responsabilità civile del danneggiante ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, ove non sia stato considerato dal giudice penale ai fini dell’accertamento a lui demandato “.

La redazione giuridica

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