Cardiopatico muore dopo otto mesi dall’incidente nel quale era rimasto coinvolto, ma a detta del CTU tale evento aveva certamente aumentato la possibilità del suo decesso; tale possibilità ha dato il diritto agli eredi di ottenere il risarcimento del danno da perdita di chance

Ma come si calcola tale voce di danno, considerato che la vittima era un soggetto cardiopatico e con svariate patologie pregresse all’incidente? La risposta è contenuta nella sentenza in commento (Tribunale di Vicenza n. 107/2019).

La vicenda

Con atto di citazione gli attori agivano in giudizio al fine di ottenere il ristoro di tutti i danni, ivi compreso quelli da perdita di chances, patiti in proprio e in qualità di eredi del proprio congiunto, deceduto a seguito di un sinistro stradale.
Gli attori dichiaravano che la vittima, rispettivamente padre e marito, all’epoca dei fatti 59enne, si trovava in sella al proprio motociclo, transitando per le vie cittadine, quando all’improvviso veniva colpito al fianco destro dalla banna, tenuta alzata ad altezza d’uomo, de una macchina operatrice, di proprietà della ditta convenuta in giudizio e guidata da un suo dipendente.
La ricostruzione degli eventi era stata confermata anche dall’autore del sinistro, il quale aveva dichiarato che nell’effettuare una manovra di immissione su una via con svolta a sinistra, aveva colposamente omesso di concedere la dovuta precedenza al ciclomotore, per poi colpirlo.
Attesa la gravità delle lesioni, la vittima fu costretta in Ospedale per circa quattro mesi, proseguendo poi le terapie in day hospital, fino alla morte improvvisa, sopravvenuta mentre si trovava nella propria abitazione.
Nel giudizio di primo grado davanti al Tribunale di Vicenza era stato possibile ricostruire la dinamica del sinistro e accertare la responsabilità del conducente del mezzo.
Quanto ai danni lamentati dagli attori, il CTU aveva evidenziato che il danneggiato soffriva di svariate patologie preesistenti, quali la cardiopatia ischemica ipertesiva, l’ipertensione arteriosa da 20 anni (in terapia farmacologica), il diabete in terapia e l’obesità in pregresso intervento di bendaggio gastrico.
A seguito dell’incidente aveva subito un trauma toracico con lacerazione polmonare; insufficienza respiratoria, fratture costali, shock settico e fu sottoposto a molteplici interventi chirurgici.

La morte, improvvisa, tuttavia si era verificata otto mesi dopo l’incidente.

Doveva perciò, escludersi il fattore causale del sinistro rispetto al decesso; eppure nella relazione del consulente tecnico si leggeva che “tenuto conto della rilevante entità del trauma riportato a seguito del sinistro, con correlata lunga degenza (protrattasi per quasi 5 mesi) che hanno certamente avuto effetti negativi sul sistema cardio-vascolare del soggetto, già particolarmente compromesso dalle concorrenti patologie, risulta prospettabile la sussistenza di danno sostanziato dall’ipotesi di perdita di chances di sopravvivenza, di difficile quantificazione a fronte delle importanti pre-esistenze patologiche e dal lungo intervallo di tempo tra sinistro e decessi (circa 8 mesi, di cui quasi 4 mesi  tra ultima dimissione ospedaliera e decesso), collocandosi pertanto in un range compreso tra il 20 e il 40%”.
In altre parole, a venire in rilevo non era tanto l’incidenza causale tra il sinistro e il decesso, quanto tra l’impatto e la possibilità che la vittima subisse un infarto.
Si tratta cioè, di un bene giuridico ontologicamente diverso dal bene vita e dal bene salute, ma neppure di un danno da perdita anticipata della vita e conseguentemente del rapporto parentale.
Infatti il perito non accenna mai al fatto che, a causa del sinistro, vi sia stata una anticipazione dell’evento morte, bensì solo che lo stesso abbia posto le basi per un aumento di possibilità che il decesso, per morte improvvisa, avvenisse.

La perdita di chance

Come noto, la Cassazione ha ammesso la risarcibilità della perdita di chance, intesa quale «concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene», enunciando che «non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione, onde della sua perdita deve essere provata la sussistenza» (Cass. civ. Sez. II. n. 3999/2003).
Di maggiore interesse, ai fini della soluzione al caso in esame, risulta la risarcibilità del danno da perdita di chance con riferimento a interessi di natura non patrimoniale, quali la salute, l’integrità fisica e la vita del paziente.
In materia di responsabilità medica è stato affermato che è ammissibile il risarcimento del danno da perdita di chance quando “in presenza di fattori di rischio, l’inadempimento della prestazione sanitaria, aggrava la possibilità che l’esito negativo si produca”.
Ebbene, nel caso in esame, pur non trattandosi di responsabilità medica, l’evento dannoso costituito dal sinistro, aveva apprestato un fattore di rischio ulteriore nella causazione del decesso, ma non nel senso di aver causato una perdita anticipata della vita, bensì solo che lo stesso abbia aumentato il rischio di verificazione dell’evento mortale.

La quantificazione del danno

Per tali ragioni, per il Tribunale vicentino, il risarcimento non può essere proporzionale al “risultato perduto” ma commisurato, in via equitativa, alla “possibilità perduta” di realizzarlo (intesa quale evento di danno rappresentato in via diretta ed immediata dalla minore durata della vita e/o dalla peggiore qualità della stessa).
Ebbene, tale possibilità per integrare gli estremi del danno risarcibile, deve necessariamente attingere ai parametri della apprezzabilità, serietà e consistenza, oltre all’analisi del caso concreto.
E’ così il l’adito giudice ha condiviso la soluzione prospettata dal CTU, posto che l’individuato range del 20-40% costituisce una base fondata per ritenere sussistente un collegamento causale, alla stregua del più probabile che non.
D’altra parte, il valore complessivo (100%) del benessere fisio-psichico di un uomo di 59 anni (età della vittima al momento del sinistro) è stimato dalle tabelle milanesi per il risarcimento del danno alla salute, in €865.742, 00.
E se il range individuato dal perito è quello del 20-40% è equo liquidare il danno nella misura di 173.148,40, ossia il 20% dell’importo totale
Il Tribunale vicentino, ha ritenuto opportuno applicare la misura del 20% posto che la vittima, al momento del sinistro, era affetta da un quadro clinico piuttosto critico.

La redazione giuridica

 
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