È sempre e comunque onere del danneggiato provare il nesso causale presunto fra l’aggravamento della situazione patologica, o l’insorgenza di nuove patologie, e la condotta del sanitario.

Vengono citati a giudizio il Medico e l’ASL per ottenere il risarcimento dei danni causati dalla ritardata diagnosi di atresia delle vie biliari relativa a un paziente adolescente, che riportava gravi danni biologici permanenti.

Il Tribunale rigettava la domanda di risarcimento danni per radicale carenza di prova del nesso causale, con pronuncia confermata dalla Corte di Appello secondo cui, in particolare. Gli attori avrebbero dovuto in ogni caso provare la relazione eziologica (il nesso causale presunto) con i pregiudizi lamentati ma, non avendo prodotto alcuna documentazione medica minimamente sufficiente, non poteva disporsi neppure CTU medico legale.

I genitori del ragazzino ricorrono in Cassazione evidenziando la errata valorizzazione alla mancata risposta all’interrogatorio formale deferito al contumace Medico e la mancata contestazione dei fatti accaduti.

Prospettano l’errore della Corte di appello che avrebbe: affermato non essere stata richiesta l’acquisizione della cartella clinica, invece oggetto d’istanza ai sensi dell’art. 153 c.p.c.; affermato che mancava un tale documento, invece mancando solo quello redatto ex post, con tutta la documentazione medica, mentre erano presenti, prodotti con l’iscrizione a ruolo della causa e in successive note, parte dei documenti medici, e in specie il foglio di dimissioni, attestante la data di ricovero, l’anamnesi, la diagnosi e il motivo di quelle; affermato la non contestazione dei fatti e gli oneri di prova in capo alla struttura e al medico.

Il giudizio di Cassazione

La S.C. ritiene le censure infondate e in parte inammissibili (Cassazione civile, sez. III, 29/12/2023, n.36493).

Viene ribadito che in tema di inadempimento sanitario, il danno evento riguarda la salute, non l’interesse strumentale alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione. È dunque onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso causale fra l’aggravamento della situazione patologica, o l’insorgenza di nuove patologie, e la condotta del sanitario per ottenere il risarcimento danni.

Ciò posto, gli Ermellini evidenziano che anche il ricorso di terzo grado presenta gravi lacune:

non si specifica il contenuto dell’anamnesi e della diagnosi richiamate, né si dice dove rinvenire tali documenti e come verificarne il tempo e il modo di produzione;

– si afferma la produzione con l’iscrizione a ruolo della causa e in successive e non meglio circostanziate note, senza specificare dove tutto ciò sia verificabile.

Manca il nesso causale

Ad ogni modo, per quanto riguarda la richiesta di documentazione medica formulata ex art. 153 c.p.c., comma 2, la Corte di Appello, come il Tribunale, ha statuito nel senso della inammissibilità per difetto di allegazione e dimostrazione di cause non imputabili della tardività.

Correttamente, quindi, i Giudici di secondo grado, a fronte della sollecitazione della CTU medico legale, hanno statuito che sarebbe stata inammissibilmente esplorativa.

Il CTU nominato dal Giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione, però, che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti e che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio (Cass., Sez. U., 01/02/2022, n. 3086).

Il ricorso viene integralmente rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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