Ha diritto all’assegno divorzile l’ex moglie che, per consentire l’affermazione professionale del marito, rinuncia alle proprie aspettative professionali, entrando tardi nel mondo del lavoro

Il Tribunale di Pescara aveva rigettato la domanda di assegno divorzile avanzata dall’ex moglie, sostenendo che il suo reddito fosse già di per sé sufficiente ad assicurarle il proprio fabbisogno.

Contro tale pronuncia la donna ha proposto appello lamentando l’errata applicazione dei criteri previsti per il riconoscimento dell’assegno divorzile alla luce del nuovo indirizzo giurisprudenziale delle Sezioni Unite.

Come è noto, secondo l’ultimo pronunciamento delle Sezioni Unite, i criteri di cui il giudice deve tener conto nel disporre l’assegno divorzile sono: il criterio assistenziale (le condizioni dei coniugi ed il reddito di entrambi); il criterio compensativo (il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune) e, infine, il criterio risarcitorio (le ragioni della decisione).

Dall’esame dell’art. 5 della L. n. 898/1970 emerge altresì che condizione per il riconoscimento dell’assegno di divorzio è data dall’insussistenza di mezzo adeguati e dall’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive.

Il recente orientamento delle Sezioni Unite sull’assegno divorzile

Invero è proprio sul parametro della adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi che la giurisprudenza si è divisa in due indirizzi che proprio la recente sentenza del 11 luglio 2018 delle Sezioni Unite ha inteso ricomporre, affermando in sinestesi che criterio attributivo e criterio determinativo non sono più in netta separazione ma si coniugano nel c.d. criterio assistenziale- compensativo, al fine di ristabilire la situazione di equilibrio che con lo scioglimento del vincolo coniugale era venuta a mancare. L’adeguatezza dei mezzi deve pertanto essere valutata, non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva, ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare in funzione della vita familiare e che, sciolto il vincolo, produrrebbe effetti vantaggiosi unilateralmente per una sola parte.

Ebbene, nel caso in esame, dalla documentazione in atti e in generale, dall’istruttoria era emerso – peraltro in modo non contestato –  che la situazione economica dell’ex marito fosse di gran lunga migliore di quella della ricorrente. Nel 2011 (ultima annualità documentata) l’uomo aveva dichiarato un reddito di 171.000 euro circa. La donna invece, impiegata dal 1994 come insegnante percepiva uno stipendio di circa 1.400 euro mensili, dichiarando all’anno circa 20.600 euro.

L’affermazione professionale del marito

Il loro matrimonio era durato quindici anni, allorché i coniugi si erano sposati nel 1971. Sin dai primi anni di matrimonio, l’uomo, neo laureato si era dedicato alla formazione della propria professione con successo sempre crescente, mentre la moglie si era dedicata alla conduzione della vita familiare e alla crescita delle due figlie nel frattempo nate dalla loro unione. Indubbiamente, grazie a tale condivisa impostazione della vita familiare il marito aveva visto un netto miglioramento della propria situazione economica, tanto è vero che era passato dal vivere con la famiglia in un appartamento dei suoceri ad un altro appartamento autonomamente gestito, fino a formarsi un reddito di livello sempre maggiore (nel 1985 di lire 50 milioni, sicuramente ingente per l’epoca indicata).

Parimenti non poteva dubitarsi che la sua affermazione professionale fosse stata in parte dovuta al contributo fornito dalla moglie in quei quindici anni di vita comune, che dedicandosi alla famiglia, al marito e alle figlie, senza attività lavorativa propria, aveva permesso al marito di affermarsi nel mondo del lavoro e migliorare notevolmente la propria situazione economico-reddituale.

Il principio di diritto

Sul punto, la Cassazione ha avuto modo di chiarire che “nella determinazione dell’assegno divorzile, occorre tener conto degli eventuali miglioramenti della situazione economica del coniuge nei cuoi confronti si chiede l’assegno, qualora costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell’attività svolta durante il matrimonio, mentre non possono essere valutate le migliorie che scaturiscono da eventi autonomi, non collegati alla situazione di fatto e alle aspettative maturate nel corso del rapporto ed aventi carattere di eccezionalità, in quanto connessi a circostanze ed eventi del tutto occasionali ed imprevedibili, quali ad esempio, le partecipazioni in società, costituite in costanza di matrimonio a divenute attive dopo la cessazione della convivenza” (Cass. n. 5132/2014). Pertanto, anche l’incremento notevole del livello reddituale del marito intervenuto negli anni successivi alla separazione di fatto è stato considerato evoluzione naturale di quanto costruito insieme dai due coniugi nel periodo di convivenza con il contributo anche del coniuge richiedente l’assegno.

Nel caso in esame, elemento determinante per la decisione finale è stato anche quello dell’età dell’ex moglie e del fatto che, proprio al fine di seguire la cura della famiglia, lasciando al marito la possibilità di costruirsi una solida posizione professionale, era entrata tardi nel mondo del lavoro, non potendo presumibilmente ambire nel futuro ad una situazione economica e lavorativa maggiormente gratificante di quella attuale.

Per queste ragioni la Corte d’appello le ha riconosciuto il diritto all’assegno di divorzio, quantificato nella misura di 3.000 euro mensili (Corte d’Appello dell’Aquila, n. 28/2019).

Avv. Sabrina Caporale

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1 commento

  1. X 28 anni mi sono dedicata alla famiglia poi un bel giorno mi sento chiamare puttana e quanto altro violenza fisica morale e poi x tutto ciò che subivo era veramente un inferno solo chi lo conosce può capire e sono fortunata che il buon Dio mi ha dato la forza x scappare da quell’inferno feci denuncia ma mi allontanano dalla mia casa stando da mia figlia su ricatto rinunciai a tutto e non chiesi alimenti perché lui pagava la mia parte del mutuo poi è morto e la domanda di reversibilità venne respinta e un ingiustizia lui era anche malato e mi sono dovuta occupare di lui adesso è morto e dietro a lui sono morta io dentro la vita è ingiusta e leggi sono le peggiori faccio la badante x mantenermi e x quella miseria devo pure pagare le tasse che vita e questa ? Meglio sotto terra li non si deve più lottare e io mi sono stancata di vivere così scusate il mio sfogo Buona notte

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