Ammessa l’azione diretta dei genitori contro l’assicurazione dell’istituto scolastico al fine di ottenere il risarcimento dei danni riportati dal figlio a seguito di un incidente verificatosi durante l’orario di lezione: decisiva l’interpretazione della volontà dei contraenti

L’incidente durante l’orario scolastico e l’azione risarcitoria

I genitori di un minore avevano citato in giudizio la compagnia assicurativa che garantiva la scuola elementare frequentata dal figlio, chiedendo l’indennizzo dovuto per le lesioni personali riportate da quest’ultimo a seguito di un incidente verificatosi durante l’orario scolastico.

All’esito del giudizio di primo grado l’adito tribunale accolse la domanda, condannando la società assicuratrice al pagamento della somma di 12.233,09 euro oltre interessi.

La Corte d’appello di Salerno ribaltò l’esito del processo, accogliendo il gravame dell’assicurazione e rigettando di conseguenza, la domanda dei genitori.Per la corte territoriale, l’azione dei ricorrente era infondata, poiché assicurato era l’istituto scolastico e non era dunque, configurabile un contratto a favore di terzi, perciò il danneggiato non avrebbe dovuto agire direttamente contro l’assicuratore, ma solo contro il soggetto responsabile del fatto dannoso(nel caso di specie, dell’incidente durante l’orario scolastico), il quale, a sua volta, poteva chiamare l’assicuratore in garanzia.

Il ricorso per Cassazione

La vicenda è giunta in Cassazione. A decidere la controversia sono stati i giudici della Sesta Sezione Civile (ordinanza n. 7062/2020) i quali hanno accolto il ricorso presentato dai genitori, laddove avevano evidenziato che «non una sola volta nella polizza il termine ‘assicurato’ veniva riferito all’istituto scolastico, mentre era ripetutamente riferito per indicare lo scolaro».

Secondo i ricorrenti tale elemento non poteva non rivestire decisivo rilievo nell’interpretazione della volontà dei contraenti, ai sensi degli artt. 1362 ss., e condurre a ritenere l’assicurazione come stipulata per conto altrui, pur in assenza di una esplicita definizione nel contratto di assicurazione “per conto altrui”.

La Corte di Cassazione ha affermato che in tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto; il rilievo da assegnare alla formulazione letterale deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale (Cass. n. 12400 del 2007 e n. 5102 del 2015).

La decisione

Di tali principi di diritto non aveva fatto corretta applicazione la corte di merito la quale non si era attenuta al canone ermeneutico del senso letterale delle parole, alla luce dell’intero contesto contrattuale, essendosi limitata ad un generico riferimento a quanto emergente dagli atti.

Le clausole della polizza, – hanno affermato gli Ermellini – “le quali richiamano ripetutamente “gli assicurati” in contrapposizione all'”istituto contraente”, non sono state sottoposte al procedimento ermeneutico che, al fine della ricerca della comune intenzione dei contraenti, attinge in primo luogo al senso letterale delle parole, ma sono state immesse in una generica valutazione di quanto “emergente dagli atti” (senza peraltro dare conto del criterio ermeneutico perseguito il quale appare comunque, alla stregua di quanto appena osservato, inottemperante all’evidenziato criterio ermeneutico di legge)”.

La redazione giuridica

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