Assegno sociale per il coniuge che percepisce contributo al mantenimento inadeguato (Cass. civ., sez. VI – L, 26 luglio 2022, n. 23305).

Assegno sociale per il coniuge beneficiario di assegno di mantenimento se sussiste lo stato di bisogno.

La Suprema Corte è intervenuta sulla richiesta di riconoscimento dell’assegno sociale avanzata da un uomo che, in sede di separazione, aveva accettato un contributo al mantenimento mensile esiguo.

La Corte di Appello di Campobasso, in accoglimento dell’appello proposto dall’I.N.P.S. avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso, ha respinto la domanda proposta in primo grado intesa al riconoscimento giudiziale dell’assegno sociale, a seguito di domanda amministrativa presentata in data 30 maggio 2018..

La Corte territoriale ha ritenuto insussistente lo stato di bisogno per avere l’interessato rinunciato ad un assegno di mantenimento adeguato, atteso che lo stesso, in sede di separazione consensuale, aveva concordato con la moglie la corresponsione di un assegno di mantenimento di appena 150,00 Euro, a fronte del godimento da parte della moglie di una pensione di circa 950,00 Euro mensili, in tal modo volontariamente creando le condizioni per trasferire sull’I.N.P.S. e dunque sulla collettività l’obbligo di mantenimento gravante su altri soggetti.

In buona sostanza, secondo la Corte d’Appello, il percepimento di un assegno di mantenimento esiguo equivarrebbe ad ammissione dell’insussistenza dello stato di bisogno.

La vicenda approda in Cassazione e le doglianze dell’uomo vengono ritenute fondate.

“Non vi è né nella lettera, né nella ratio, dell’art. 3, comma 6, L. n. 335/1995, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole: al contrario, la condizione legittimante per l’accesso alla prestazione assistenziale rileva nella sua mera oggettività”.

Il reddito rilevante ai fini del diritto all’assegno sociale «è costituito  dall’ammontare dei redditi conseguibili nell’anno solare di riferimento» dev’essere infatti interpretata in  stretta  connessione con quella immediatamente successiva, secondo cui l’assegno sociale «è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti»: vale a dire che all’assistito è richiesto soltanto di formulare  una prognosi riguardante i redditi percepibili in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, fermo restando che la corresponsione effettiva dell’assegno dovrà essere parametrata a ciò che di tali redditi risulti “effettivamente percepito”», aggiungendosi che «tale conclusione s’impone in ragione del fatto che il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l’intervento pubblico in favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi».

Per tali ragioni la decisione impugnata è errata in quanto il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l’intervento pubblico a favore dei bisognosi, attraverso l’assegno sociale, abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi.

“Il rapporto tra prestazioni pubbliche di assistenza e obbligazioni familiari a contenuto latamente alimentare va costruito in relazione alla speciale disciplina che istituisce e regola la prestazione che si considera, alla quale sola bisogna riferirsi per comprendere in che modo sulla sua corresponsione possa incidere la sussistenza di eventuali obbligati al mantenimento e/o agli alimenti: opinare il contrario equivarrebbe appunto a supporre che l’obbligo dello Stato di provvedere ai bisognosi sussiste solo in via sussidiaria, ciò che, escludendo in radice ogni possibilità di libera scelta tra le due forme di protezione, finirebbe per lasciare tali soggetti alla merce’ delle vischiosità dei rapporti familiari, impedendo alla collettività di garantirne la personalità, l’autonomia e la stessa dignità, in spregio alla lettera e all’intonazione dei principi costituzionali dianzi ricordati”.

La sentenza viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Campobasso in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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