L’assenza di guard-rail non è elemento sufficiente per addebitare all’Anas la responsabilità del sinistro stradale. Cass. Civ., Sez. VI – 3, Ordinanza n. 41408 del 23 dicembre 2021
L’assenza di guard-rail non è stata considerata dirimente dalla Suprema Corte che respinge la richiesta di risarcimento avanzata dall’automobilista danneggiato nei confronti dell’ANAS.
In sintesi l’automobilista rimaneva vittima del sinistro stradale causato dalla presenza di un canale naturale di deflusso delle acque meteoriche sulla carreggiata, e a causa dell’assenza di guard-rail finiva fuori strada.
I Giudici di merito, il Tribunale di Matera e successivamente la Corte d’Appello di Potenza, ritenevano la domanda risarcitoria priva di fondamento e consideravano le caratteristiche della strada prive di pericolosità insidiosa e l’assenza di guard-rail non determinante.
L’automobilista ricorre in Cassazione.
Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5): erroneità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
Con il secondo motivo si denunzia “Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto”.
I motivi sono in parte inammissibili ed in parte manifestamente infondati.
Gli Ermellini sottolineano che la Corte di Appello ha espressamente preso in considerazione il fatto storico rilevante in causa e cioè la dinamica del sinistro e le sue cause, nonché la situazione dedotta di intrinseca pericolosità della strada ove esso ha avuto luogo, oltre alla condotta della danneggiata.
Ha in proposito valutato gli elementi istruttori disponibili e, in particolare ha, tra l’altro, preso specificamente in esame proprio le condizioni oggettive del tratto di strada in cui aveva avuto luogo l’incidente, negando che potesse sussistere, in ragione della sua pretesa particolare pericolosità, un obbligo dell’ANAS di installarvi un guard rail; è infine giunta alla conclusione che il sinistro si era verificato per colpa esclusiva della stessa attrice.
Si tratta di apprezzamenti di fatto sostenuti da adeguata motivazione, non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede.
Le censure di cui al primo motivo di ricorso in esame si risolvono, in definitiva, nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito in sede di legittimità.
Le censure di violazione di norme di diritto formulate con il secondo motivo (quale diretta conseguenza di quelle in fatto formulate con il primo motivo) risultano a loro volta, quindi, manifestamente infondate.
La ricorrente sostiene che la corte di appello avrebbe omesso di prendere in esame il fatto, decisivo ai fini del giudizio, costituito dall’esistenza di un canale naturale di deflusso delle acque meteoriche posizionato in posizione parallela a ridosso del lato destro della carreggiata della strada dove è avvenuto l’incidente che, rendendo la stessa strada particolarmente pericolosa, avrebbe imposto l’adozione di più adeguate misure di salvaguardia degli utenti, come l’installazione di un guard rail.
In proposito, la Suprema Corte ritiene la decisione impugnata conforme ai principi in materia di responsabilità da cose in custodia costantemente affermati, secondo i quali:
a) il criterio di imputazione della responsabilità fondato sul rapporto di custodia di cui all’art. 2051 c.c. opera in termini rigorosamente oggettivi;
b) il danneggiato ha il solo onere di provare il nesso di causa tra la cosa in custodia (a prescindere dalla sua pericolosità o dalle sue caratteristiche intrinseche) ed il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo del fatto del terzo e della condotta incauta della vittima;
c) la deduzione di omissioni, violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, e a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso (si vedano, in proposito: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 25856 del 2017; Sez. 3, Ordinanza n. 2478 del 01/02/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 2480 del 01/02/2018, Sez. 3, Ordinanza n. 2482 del 01/02/2018; Sez. 3, Sentenza n. 8229 del 07/04/2010, Rv. 612442 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12027 del 16/05/2017, Rv. 644285 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 25856 del 2017).
Per tali ragioni il ricorso viene integralmente rigettato e la parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese di lite.
Avv. Emanuela Foligno
Sei stato coinvolto in un incidente stradale? hai subito un danno fisico o perso un congiunto e vuoi ottenere il massimo risarcimento danni? Clicca qui
Leggi anche:
Lesioni causate da omessa custodia della strada e nesso causale